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Smart City e Sviluppo Locale: le azioni e le pratiche del Comune di Piacenza

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1 Smart City e Sviluppo Locale: le azioni e le pratiche del Comune di Piacenza Letizia Chiappini Dicembre 2015
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Smart City e Sviluppo Locale: le azioni e le pratiche del Comune di Piacenza

LetiziaChiappini

Dicembre2015

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Indice

Introduzione pag.3 1. Discorsi, contesto territoriale, attori delle smart cities pag.4 2. Obiettivi e iniziative analizzate pag.7 3. Metodo pag.8 4. Analisi dei risultati pag.9

4.1 Definizione degli obiettivi pag.9 4.2 Piano di lavoro pag.9 4.3 Operativizzare il piano di lavoro pag.10 4.4 Partecipazione Evento: le Smart Communities allo SMAU di Bologna 2015 pag.11

5. Riflessioni conclusive pag.12 Riferimenti bibliografici pag.16

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Introduzione Da tempo si discute sulle prospettive future delle città sia in ambito accademico sia all’interno del processo del policy-making, mai come in questi tempi il fenomeno urbano è stato oggetto di studio e dibattito. Discorsi, pubblicazioni, conferenze, congressi internazionali si susseguono a breve distanza testimoniando l’intento di voler giungere a una visione condivisa e unitaria di smart city, sintetizzando così la competenza e le opinioni di sociologi, geografi, urbanisti, tecnologi ed economisti. Questi serrati confronti hanno origine dalla consapevolezza generale che una radicale trasformazione dei sistemi urbani è ormai indifferibile. Le città, infatti, giocano un ruolo fondamentale negli aspetti più critici del mondo contemporaneo. L’enfasi principale sembra essere posta sull’ingente aumento della popolazione nelle regioni urbane (nel 2050 si assisterà al superamento della popolazione dalle aree rurali alle aree urbane del mondo), nonché all’esaurimento delle risorse materiali e delle fonti energetiche tradizionali, di cui le città abusano in larga misura. Con questa tesi è mia intenzione spostare l’attenzione su un altro aspetto tipico delle città: è vero che i cittadini migreranno dalle campagne alla città, ma se essi si considerano in forme esclusivamente quantitative, cioè come numeri e flussi in movimento, il rischio che si corre è non cogliere a pieno le potenzialità degli individui come catalizzatori e vettori del cambiamento. In accordo con Hollands [2008] “unwrapping the smart city label”, significa comprendere quale paradigma possa guidare delle strategie di sviluppo ottimali in grado di declinare gli aspetti tecnologici a partire dall’analisi del contesto locale e delle potenzialità, aspirazioni e capabilities dei suoi abitanti e fruitori. Si individua in tal modo, una linea progettuale capace di coniugare gli aspetti di governance partecipata nella quale i cittadini ne traggano benefici in termini di riconoscimento e relazioni sociali, mediante un apprendimento collettivo al fine di ricostruire i legami ‘lontani’ con i politici locali. A seguito di numerosi eventi organizzati a Piacenza, sulla scia del fenomeno smart city, tra cui un forum programmato al Festival del Diritto svoltosi a settembre nel 2012, l’attenzione rivolta a questo concetto è cresciuta costantemente al punto di diventare parte del discorso pubblico dei diversi governi locali. All’evento citato erano presenti alcuni amministratori della città e taluni esperti di fenomeni urbani, tra cui il sociologo urbano Guido Martinotti. L’incontro verteva sulla coniugazione di concetti portanti - quali la sostenibilità economica, ambientale e sociale - per lo sviluppo e la crescita della città emiliana. Il dibattito finale sollevava le possibili rotte da seguire in futuro per rendere la città più intelligente e dunque su quali indicatori fare affidamento per misurare il benessere della città e dei suoi cittadini1. La riflessione alla quale si è pervenuti è l’idea di trovare nuove misurazioni che vadano oltre il PIL e che mettano in campo altri valori per dare un significato reale al concetto ancora ‘sfuocato’ di smart city. Da quel momento è trascorso sono ormai trascorsi quattro anni e la smart city non sembra aver prodotto mutamenti strutturali nel tessuto locale. Il termine smart è giunto a un bivio: il rischio è che questa nozione multidimensionale rimanga un ‘contenitore vuoto’ senza portare effettivi benefici in termini di inclusione del cittadino, benché su questa nozione si siano costruite molteplici linee d’azione e strategie di policies differenti. Ciò che permane è una ‘superbia tecnologica’ che nel corso del 1 La definizione di smart city che venne adottata al Festival del Diritto (2012) verteva sulla capacità di una città di offrire integrazione e partecipazione alla vita politica, di risparmiare energie, di accogliere bambini e anziani: una città capace di costruire una nuova cultura del vivere comune.

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tempo ha marcatamente influenzato la costruzione discorsiva e l’attuazione pratica dei progetti a marchio smart city, sia europei sia nazionali. Nello specifico, il presente articolo si occupa di approfondire l’analisi delle buone pratiche di politiche e iniziative di smart city nelle città di medie dimensioni, per definire un percorso di progettazione condivisa per la città di Piacenza. L’articolo prende l’avvio dal lavoro di ricerca sulla città di Aalborg indagata per quanto riguarda le politiche intese a trasformarla in una città smart, per analizzare in una prospettiva di sviluppo urbano il ruolo delle politiche per l’innovazione tecnologica e sociale nelle città medie, sia italiane sia europee. 1. Discorsi, contesto territoriale, attori delle smart cities Il fervente dibattito sulle smart cities rischia di far perdere il filo rosso che a fatica si riesce a individuare in questo fenomeno. In questa sezione si vuole riassumere graficamente ciò che è emerso finora. Per prima cosa si osserva il mutamento nel tempo della definizione di città smart.

L’evoluzione temporale della visione di smart city 1990-2000 2000-2010 2010-…

SC come città digitale

SC come città

socialmente inclusiva

Nuove visioni e azioni di

SC (dinamiche partecipative)

Focus su aspetti

hardware (enfasi ruolo ICT)

Focus su aspetti software

(enfasi ruolo capitale sociale, umano e

relazionale)

Hardware e software

(enfasi nel coinvolgimento diretto

dei cittadini) Fig. 1: L’evoluzione temporale della visione di smart city. Fonte: elaborazione propria. Secondariamente, si rammenta il contesto territoriale d’analisi in cui si opera. L’applicazione del concetto di città smart varia da nazione a nazione. In accordo con lo studio di Giffinger [et al., 2007], l’idealtipo di città smart deve avere determinate caratteristiche tra cui: la dimensione (città media, con una popolazione compresa tra i 100.000 abitanti e i 500.000 abitanti), almeno un’università presente sul territorio (per escludere le città con delle scarsi basi di conoscenza), un bacino di utenza nella sua area territoriale minore ad 1.500.000 abitanti (per escludere le città dominate dai sistemi urbani più grandi). Questi appena descritti corrispondono alla selezione di criteri utilizzati come fondamento della metodologia della ricerca condotta dall’Università di Vienna. Un altro punto estremamente rilevante, per comprendere le dinamiche delle smart cities, è l’individuazione degli attori in gioco:

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Fig. 2: smart city stakeholders. Fonte: Copenhagen Cleantech Cluster [2012], rielaborazione propria.

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Nella tabella sottostante si è cercato di riassumere le principali definizioni di città intelligente suddivise per categorie di stakeholders. Principali definizioni di smart city, per categoria di stakeholders e ambiti di focalizzazione2

Mobilità

ICT

Sostenibilità ambientale (Energia, edifici, suolo, acqua)

Società & Communities (Qualità della vita, istruzione, governance partecipativa)

Istituzioni EU SET-Plan * EU Smart Cities and Communities Initiatives

*

*

*

Agenda Digitale per l’Italia

* * * *

Bandi MIUR * * * * Accademia Politecnico di Vienna

* * * *

Caragliu, [et al.]

* * * *

Imprese/Aziende Siemens * * * * Alcatel * * IBM * * * Cisco * * * * Corrisponde alle definizioni di smart city adottate dai differenti stakeholders. Tabella 1: Definizioni di smart city. Fonte: elaborazione propria. 2 Fonti per le definizioni istituzionali: European Commission Energy SET-Plan [http://ec.europa.eu/energy/technology/set_plan/set_plan_en.htm]; Commissione Europea Smart Cities and Community [http://ec.europa.eu/energy/technology/initiatives/smart_cities_en.htm]; Agenda Digitale EU-IT [http://www.agendadigitale.eu/smart-cities-communities]. Fonti per le definizioni accademiche: Politecnico di Vienna [Giffinger, et al., 2007]; Caragliu [et al, 2009]; Fonti per le definizioni provenienti dal mondo delle imprese: Siemens Efficient Cities [http://www.siemens.com/entry/cc/en/urbanization.htm]; Alcatel-Lucent (Getting smart about smart cities) [ http://www2.alcatel-lucent.com/blogs/corporate/2012/03/getting-smart-about-smart-cities/]; IBM (Smart City) [http://www-05.ibm.com/innovation/it/smartercity/]; Cisco (Smart City) [http://www.cisco.com/web/IT/ciscosmartcity/index.html]. Naturalmente non si aspira a un principio di esaustività, molte altre definizioni sono state diffuse sul concetto smart city, l’intento è quello di avere una panoramica per le diverse categorie.

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Nella tabella qui sopra non compare la definizione di smart city per la categoria dei cittadini intesi come stakeholders. Non vi sono dati disponibili che possano fornire una definizione del fenomeno data da parte dei cittadini. Dovrebbe essere più chiaro quali siano i players, e anche le partnership pubbliche e private, che giocano un ruolo importante negli sviluppi del fenomeno smart cities. Si auspica dunque che ‘il fumo che annebbia’ le tematiche attorno alle smart city sia stato dissolto dagli approfondimenti di tale ricerca. 2. Obiettivi e iniziative analizzate Il valore di questa ricerca è di carattere prettamente empirico, non si analizza pertanto la letteratura sulle smart city, ma si privilegia il lavoro svolto sul campo. Il metodo impiegato verrà esplicitato nella sezione successiva. L’obiettivo principale della ricerca è la comprensione delle azioni dell’amministrazione locale piacentina, all’interno del frame della smart city. Qui di seguito si riportano le iniziative istituzionali analizzate. Protocollo di intesa Il protocollo d’intesa è un atto di governance che viene stipulato tra vari soggetti, pubblici e privati, in accordo tra loro per convergere su un progetto o una metodologia da seguire. Pur non avendo valore strettamente vincolante dal punto di vista giuridico, come invece accade per l’accordo di programma, esso impegna le parti a seguire un medesimo indirizzo. In Italia questo tipo di procedura ha avuto una forte spinta dopo l’emanazione del Decreto Legislativo 267/2000, conosciuto come Testo Unico degli Enti Locali, che ha introdotto l’autonomia organizzativa e il concetto di concertazione tra enti pubblici, dando a questi la possibilità di accordarsi anche con i privati per il raggiungimento di determinati obiettivi. Partenariato istituzionale Il partenariato è uno dei principi fondamentali posti alla base dei Fondi strutturali ed è volto a ridefinire i rapporti tra i diversi livelli istituzionali sovranazionali, nazionali, regionali ed intra-regionali nell'ambito delle politiche pubbliche comunitarie nel tentativo di garantire un maggior coinvolgimento delle istituzioni locali, in particolare regionali. La tendenza attuale delle forme di partenariato tra pubblico e privato tratta di coalizioni che privilegiano la dimensione multisettoriale e multilivello lungo l’asse locale, nazionale, sopranazionale. La stesura dello stesso partenariato ha implicita un’applicazione territoriale. Se si osservano i partenariati stipulati nell’ambito dello sviluppo locale emerge la volontà di costituire una forma strutturata rappresentativa di un partenariato locale che coinvolga diversi attori, espressione dunque degli operatori pubblici e privati. Il precipuo intento è quello di redigere un’azione sistemica volta allo sviluppo del territorio, mediante la valorizzazione delle risorse umane, ambientali e culturali a disposizione. Un esempio meritevole che va in questa direzione è il progetto di Genova Smart City: “Per consolidare e facilitare il processo di trasformazione in città intelligente, il Comune di Genova ha costituito insieme a Enel Distribuzione e all’Università degli Studi di Genova l’Associazione Genova Smart City, per coinvolgere i partner fondamentali per intraprendere il percorso virtuoso: ricerca, imprese, istituzioni, finanza e cittadini.” [Genova Smart City]. Con alcune imprese il Comune di Genova ha firmato Protocolli di Intesa che individuano alcuni progetti specifici per i quali le imprese

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s’impegnano a realizzare, a titolo gratuito, un progetto di studio o fattibilità. I PdI finora firmati o in preparazione sono [ibidem]: • ABB: edificio sanitario intelligente, laboratorio trasparente delle tecnologie, green port • Elkrom: mini turbine eoliche e impianti sportivi intelligenti • Enel: sviluppo delle smart grids, contatori intelligenti, FER – Fondi Energetiche Rinnovabili • Ericsson: Smart Mobility • Poste Italiane: Comunicazione digitale integrata e Sportello amico • Selex ES: Studio consumi energetici del Matitone, Studio sicurezza con partecipazione volontaria nella zona Maddalena, Sperimentazione sistema di monitoraggio idrogeologico dei movimenti franosi • Siemens: edifici storici intelligenti, green airport, green harbour, mobilità urbana • Singularity: e-Government • Telecom Italia: smart school, mini trincee per posa fibra ottica • TOSHIBA Transmission & Distribution Europe: ottimizzazione energetica dei corsi d’acqua, musei ed impianti sportivi intelligenti. In collaborazione con il Gruppo Finmeccanica e le sue aziende si stanno definendo i progetti specifici. Monza & Camera di Commercio: Il caso studio di Monza e Brianza offre una comparazione più fruttuosa per quanto riguarda il contesto locale piacentino. Nel partenariato istituzionale si vedono attive la Camera di Commercio e la Fondazione Cariplo, come soggetto finanziatore. Inoltre, questi ultimi sono impegnati nella promozione di eventi culturali legati al ventaglio di pratiche smart cities. L’evento Spring up, svoltosi in data 16 aprile 2014 alla Camera di Commercio di Monza e Brianza, evidenzia l’importanza di quanto detto nella precedente introduzione. In questa piccola città lombarda, grazie al finanziamento voluto da Cariplo nel 2011, si è creato un distretto culturale, nel quale la creatività e i progetti culturali trovano il loro spazio. Le linee di principio che hanno guidato tale intervento sono due: la valorizzazione del patrimonio esistente e l’innovazione delle imprese presenti sul territorio. La riflessione che sta prendendo forma pone il fuoco sulla diversa destinazione d’uso che possono avere alcuni edifici non utilizzati. Alcuni esempi pratici sono stati mostrati ed esplicati durante l’incontro [http://www.distrettoculturale.mb.it/]. L’osservazione “olistica” del contesto locale piacentino risalta le potenzialità che esso possiede. Il modello a cui ci si può rifare è trasversale alle istituzioni; si riporta ora uno schema grafico che mostra quali attori possono interagire in queste fasi di sviluppo smart. La scala in cui si ragiona è appartenente alle città di media taglia, le quali possono servire da benchmarking o nei migliori casi come best practice per altri contesti urbani simili, naturalmente con le dovute distinzioni basate sulle differenti vocazioni territoriali. 3. Metodo Nelle ricerche sociali a carattere territoriale è frequente ricorrere ad analisi di dati quantitativi numerici, su cui produrre analisi statistiche [Mela, et al., 2006]. I dati di tipo strutturale sono atti a definire i caratteri fondamentali di un sistema, ma non per forza questi dati devono essere numerici, si possono, infatti, raccogliere anche informazioni di tipo storico, giornalistico, letterario, ecc.. Volendo sintetizzare al massimo, i dati di tipo statistico risultano più congrui per la costruzione e il

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calcolo di indicatori, ma talvolta presentano rischi ‘tecnici’ per quanto riguarda la qualità, la validità e l’attendibilità di tali dati [Cardano, 2011]. Tuttavia, si può tentare di ovviare a questo problema cercando di colmare la ‘rigidità’ dei dati statistici e dell’analisi secondaria di questi ultimi, con un’interazione tra le due tecniche (qualitativa e quantitativa). A differenza delle analisi sui dati secondari, i metodi qualitativi, come l’intervista e l’osservazione, producono dati cosiddetti primari [Mela, et al., 2006]. 4. Analisi dei risultati

4.1 Definizione degli obiettivi

Gli obiettivi si dividono in due aree di intervento: la prima prevede un’azione volta a migliorare la comunicazione, l’informazione e la divulgazione del concetto smart city tra i cittadini; la seconda più operativa sarà alla base della costituzione dell’associazione smart city integrata al protocollo di intesa precedentemente creato da concludersi in un periodo massimo di 18 mesi.

1) Scrivere e-mail alle due università (Politecnico e Università Cattolica) al fine di individuare possibili studenti interessati al tema (tesi, progetti, ecc.). Evento svoltosi all’Urban Center con professoresse di Helsinki da tenere in considerazione (individuare eventuali professori di riferimento).

2) Stage con Comune di Piacenza sul tema rivolto a studenti (ragazzo di Piacenza, Statale di Milano tesi smart city).

3) Report e mappatura di esperienze virtuose di altre città di media-piccola dimensione, pratiche. Politiche (es. Bergamo, Genova, Reggio Emilia, ecc.).

4) Evento di giugno Cubo, possibile organizzazione che coinvolge le scuole (con restituzione finale dei lavori). Coinvolgimento di una scuola elementare (V), media (III), liceo (da verificare quale, socio-pedagogico). Ospite danese (da verificare questione rimborso).

Altri commenti a latere riguardano l’agenda digitale locale (wi-fi, PC smart); bandi europei URBAN e URBACT da tenere in considerazione (Piacenza non come capofila, ma come città pilota secondaria per avviamento di progetti smart); Urban Center come luogo simbolo per la città.

4.2 Piano di lavoro

Gli obiettivi si dividono i due aree di intervento: la prima prevede un’azione volta a migliorare la comunicazione, l’informazione e la divulgazione del concetto smart city tra i cittadini; la seconda più operativa sarà alla base della costituzione dell’associazione smart city integrata al protocollo di intesa precedentemente creato da concludersi in un periodo massimo di 18 mesi. Obiettivo principe: costituzione di un’associazione (Protocollo di Intesa: Aster; Regione Emilia Romagna, Provincia di Piacenza, Comune di Piacenza), definizione dei contenuti e di un driver condiviso per promuovere sviluppo locale, definire assi di intervento principali (da comunicare ad attori coinvolti). Definire strumento ‘leggero’ per poi ottenere massa critica, coinvolgimento e

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adesione di istituzioni culturali, tessuto associazionistico, no-profit, come attori in campo, partnership con attori privati come interlocutori operativi. Elaborato finale.

1) Ultimare procedure di stage con Comune di Piacenza sul tema rivolto a studenti (Studente Andrea, Statale di Milano tesi smart city).

2) Report e mappatura di esperienze virtuose di altre città di media-piccola dimensione, pratiche. Politiche (es. Bergamo, Genova, Reggio Emilia, Spoleto, Matera città della cultura, ecc.).

3) Sito Comune di Piacenza, area Smart City da rivedere insieme a Ing. Pasinelli. 4) Evento Amsterdam? 5) Evento giugno ridotto da definire, con partnership Banca Fideuram (workshop innovazione),

Aster (supporto metodologico), partecipazione Università Cattolica e Politecnico (da verificare modalità)

6) Evento settembre, possibile organizzazione che coinvolge le scuole (con restituzione finale dei lavori). Coinvolgimento di una scuola elementare (V), media (III), liceo (da verificare quale, socio-pedagogico). Ospite danese (da verificare questione rimborso).

Altri commenti a latere riguardano l’agenda digitale locale (wi-fi, PC smart); bandi europei URBAN e URBACT da tenere in considerazione (Piacenza non come capofila, ma come città pilota secondaria per avviamento di progetti smart); Urban Center come luogo simbolo per la città. Progetto autostazione e zona logistica.

4.3 Operativizzare il piano di lavoro

Gli obiettivi si dividono i due aree di intervento: la prima prevede un’azione volta a migliorare la comunicazione, l’informazione e la divulgazione del concetto smart city tra i cittadini; la seconda più operativa sarà alla base della costituzione dell’associazione smart city integrata al protocollo di intesa precedentemente creato da concludersi in un periodo massimo di 18 mesi. Obiettivo principe: costituzione di un’associazione (Protocollo di Intesa: Aster; Regione Emilia Romagna, Provincia di Piacenza, Comune di Piacenza), definizione dei contenuti e di un driver condiviso per promuovere sviluppo locale, definire assi di intervento principali (da comunicare ad attori coinvolti). Definire strumento ‘leggero’ per poi ottenere massa critica, coinvolgimento e adesione di istituzioni culturali, tessuto associazionistico, no-profit, come attori in campo, partnership con attori privati come interlocutori operativi. Elaborato finale.

1) procedure stage con Comune di Piacenza da verificare fase di formalizzazione della convenzione (ipotetico inizio 28 giugno, frequenza da definire);

2) presa visione di report e mappatura di esperienze virtuose si veda documento elaborato da studente Andrea Fagnoni;

3) tenere in considerazione raggio di azione, orizzonte politico a breve raggio (metà mandato della Giunta Comunale);

4) scaricare ed elaborare contenuti da evento SMAU (focus on “smart communities” ! literature on communities of practices);

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5) Potenzialità del sondaggio online (Piacenza partecipa e sito Comune di Piacenza, da rivedere), preparare sondaggio (Google form, online), elaborare design, estrapolare risultati e dati da indicizzare (vedi metodo a riguardo). Ispirazione Osservatorio Politecnico di Milano (Pubblica Amministrazione, etc.);

6) evento previsto per ottobre (data precisa da definire): • aspetto organizzativo (Andrea e Letizia); • restituzione dei risultati (ai cittadini, a seguito del sondaggio online); • sessione scientifica (Timpano, Rizzi, LEL); • cross-fertilization con dirigenti gruppi di lavoro (opere pubbliche, Urban hub big network). Cinzia Bricchi, sviluppo economico; • coinvolgimento media locali; • coinvolgimento scuole (Licei, Smart City come strumento per favorire identità locale, etc.) Prossimo incontro data da definire.

4.4 Partecipazione Evento: le Smart Communities allo SMAU di Bologna 2015

Il 4-5 giugno 2015 a Bologna si è svolto lo “SMAU Bologna 2015”, la principale fiera italiana dedicata all’innovazione per le Imprese e le Pubbliche Amministrazioni (PA), cui partecipano ogni anno oltre 80.000 imprese provenienti da tutti i settori merceologici. Obiettivo della fiera è quello di far dialogare direttamente il mondo delle imprese con il mercato, diffondendo progetti e idee che possano, grazie all’innovazione e alle moderne tecnologie digitali, promuovere il rinnovamento e lo sviluppo del nostro paese. Tanti i protagonisti in campo: oltre agli operatori dell’industria del digitale, a SMAU espongono startup, laboratori, spin-off, centri di ricerca e PMI innovative. Numerosi i convegni e le iniziative che hanno caratterizzato l’edizione di quest’anno, trattando temi diversi ma accomunati dal valore dell’innovazione: dall’ Open Government, all’Internet of Things, dal Welfare collaborativo ai Social Media, fino a Instangram e Windows 10. Particolare rilievo ha assunto nell’ambito della fiera il tema delle Smart Communities, cui è stata dedicata un’intera sezione, la quale attraverso una serie di eventi e workshop dedicati, ha permesso a Sindaci e Assessori dei Comuni Italiani di entrare in contatto con le esperienze più interessanti in tema di città intelligenti. Scopo della sezione, infatti, è quello di valorizzare progetti di sviluppo delle smart cities ideati da diverse realtà territoriali. Questa la ricca offerta di iniziative (eventi e workshop) dedicati al tema:

1) “Open Government e open data: trasparenza, partecipazione e sviluppo economico”; 2) “Il futuro delle Smart Communities – Assemblea Pubblica del Cluster Tecnologico

Nazionale SmartCommunitiesTech”; 3) “La piattaforma nazionale Smart Communities - Il Cluster SmartCommunitiesTech e gli

strumenti operativi a disposizione di imprese, PA e Organismi di ricerca”; 4) “Innovazione sociale e welfare collaborativo, importanza della digitalizzazione nelle PA”; 5) “La fatturazione elettronica alla PA: verso la completa digitalizzazione del processo di

spesa”; 6) “I droni al servizio del territorio”;

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7) “Le Smart Communities come motore di sviluppo del territorio e delle imprese: Premio Smart Communities e Premio Lamarck”.

La prima iniziativa, a cura della School of Management del Politecnico di Milano, tratta della strategia dell’Open Government, soffermandosi in particolare sul ruolo centrale degli open data. Trasparenza, collaborazione e partecipazione sono i pilastri su cui il modello si fonda per migliorare l’azione pubblica, contrastando in particolare corruzione e inefficienza e creare opportunità di crescita. Nell’ambito del secondo incontro, a cura di ASTER (Consorzio per l’innovazione dell’Emilia-Romagna) e Cluster Smart Communities Tech, è stata lanciata l’innovativa piattaforma nazionale a disposizione di imprese, tecnologie e PA per lo sviluppo di progetti di Smart City & Communities ed è stata presentata la relativa roadmap di ricerca e innovazione in Italia. Nella terza iniziativa il Cluster Smart Communities Tech (costituito da ben nove regioni italiane) ha presentato alcuni focus sui percorsi di sviluppo più interessanti in ambito Smart City ed ha illustrato la piattaforma nazionale Smart Communities, un luogo di incontro online per PA, imprese e centri di ricerca, alla quale, a partire da giugno, potranno partecipare le imprese italiane con soluzioni Smart City. Il quarto incontro a cura di International Web Association (IWA), ha costituito l’occasione per parlare di tecnologia come strumento di integrazione sociale e di partecipazione, sottolineando come in una società in rapido mutamento, la digitalizzazione nelle PA costituisca un fatto centrale. La quinta iniziativa, presentata da EasyGov, ha trattato della fatturazione elettronica, evidenziandone il ruolo trainante nei processi di digitalizzazione sia della PA che delle imprese, le quali, grazie all’introduzione del recente obbligo, vengono spinte verso uno scenario di crescente informatizzazione e dematerializzazione dell’intero ciclo di acquisto. Di droni si è parlato invece nel sesto incontro, a cura del Comune di Fidenza e della startup AeroDron Srl. Aerei a pilotaggio remoto, i droni sono strumenti estremamente sofisticati che permettono rilievi aerei in ambiti diversi: dall’agricoltura di precisione al monitoraggio ambientale fino alla progettazione architettonica. Il caso presentato vede l’impiego dei droni per la rilevazione dell’amianto e per la mappatura della dispersione energetica invernale e delle isole di calore estive. I dati ricavati saranno alla base del piano di rigenerazione urbana inserito nel nuovo PSC. Di particolare rilievo la settima iniziativa: il convegno dedicato al ruolo delle Smart Communities come motore di sviluppo del territorio e delle imprese, evento che mirava a mettere in risalto alcuni progetti di sviluppo di alcune città intelligenti realizzati sul territorio. In questo contesto si inserisce l’Accordo di Programma stipulato tra il Politecnico di Milano e l’Agenzia per la Coesione territoriale, denominato PAOC2020, importante opportunità di promozione della ricerca e delle sue ricadute sulla PA italiana attraverso la messa in rete di modelli e soluzioni open, utili per ammodernare la PA. In conclusione sono state premiate le startup vincitrici del Premio Lamarck, l’iniziativa di Smau in collaborazione con i Giovani Imprenditori di Confindustria, dedicata alle nuove imprese già in grado di supportare l’innovazione delle imprese mature. Il senso di questo premio è di evidenziare un fatto nuovo, ossia che startup e incubatori, ricerca e sviluppo, diventano oggi elementi imprescindibili per l’innovazione delle nostre imprese e per lo sviluppo del paese.

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5. Riflessioni conclusive La smart city, così come appare, rischia di presentare debolezze strutturali e di essere concepita al pari di un marchio pubblicitario, nel quale chi ne beneficia in termini di visibilità politica sono spesso i primi cittadini. Inoltre i giochi di potere tra pubblico-privato e le partnership tecnologiche nelle dinamiche smart rischiano di utilizzare un principio sbagliato. Se si vuole trovare un principio adatto a coniugare le potenzialità dei cittadini e i vantaggi che la tecnologia mette a disposizione, deve essere un principio di coordinazione, non di imposizione [cfr. Sennet 2012]. La condizione appena descritta può essere immaginata come un effetto iceberg alimentato soprattutto da alcune aziende leader nel settore delle tecnologie per la comunicazione e l’informazione (ICT). Esse interpretano lo sviluppo di una città intelligente attraverso un approccio di tipo verticale in cui la tecnologia, declinata all'applicazione di soluzioni smart standardizzate, viene calata all'interno del tessuto urbano con una visione totalmente globale, senza considerare le specificità locali, senza coinvolgere la popolazione e senza una strategia di sviluppo correttamente pianificata [cfr. Townsend 2013]. Dove sono i cittadini in questi processi smart? Come viene interpretata la loro domanda? Per chi è smart la città? Grazie allo studio sulla governance si è potuto costruire una visione di smart city che tenga in considerazione quanto detto finora:

Fig. 3: La visione di smart city cittadino-centrica. Fonte: elaborazione propria. La mia visione è concentrata su un peculiare sistema valoriale e culturale, che ogni città possiede. è inutile sognare un modello di governance perfetto e un’unità idealizzata [cfr. Le Galès, 2006: 266], tantomeno un modello di smart city da calare nei differenti contesti urbani. L’unico tratto comune individualizzabile è la concezione di città come attore e l’ipotesi, in parte fondata, che la città di media dimensione rappresenti una taglia ottimale per la riuscita di pratiche partecipative e di valorizzazione della produzione di conoscenza collettiva tra i vari attori, in cui è previsto un dialogo equilibrato tra settore pubblico e privato. Ciò non significa che in esse non vi siano conflitti o complessità, ma se si segue quell’ottica della sostenibilità, intesa anche in senso sociale, è chiaro che le politiche urbane prediligono e privilegiano la forma di città ‘compatta’. Vale a dire una forma

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urbana contenuta nelle sue dimensioni e con un’elevata densità abitativa, poiché tali condizioni permetterebbero “un maggior ricorso ai sistemi urbani di trasporto collettivi, avrebbe una maggiore accessibilità, ridurrebbe i tempi degli spostamenti e determinerebbe un minor consumo di suolo, tipico invece delle città più grandi che tendono costantemente ad espandersi verso l’hinterland” [cfr. Vicari 2004: 26]. L’articolo mira a difendere l’idea che, a maggior ragione, rispetto al connotato prettamente tecnologico, serve far emergere l’aspetto sociologico che la smart city contiene per natura, trattandosi di una concezione originaria di città come attore. Si rimette in campo così la governance urbana ed è il modo effettivo per riportare alcuni temi a livello collettivo-partecipativo, specialmente in materia pubblica, perché altrimenti nella sua accezione più comune la smart city è tecnologia con degli interessi forti per le aziende tecnologiche. Attorno al concetto gravita tanta retorica, ma se si osserva nel pratico ci sono le singole aziende e imprese che vedono la smart city come un prodotto da vendere sul mercato urbano, mentre invece rinforzare l’aspetto della governance partecipativa potrebbe dare dei ritorni a livello di qualità della vita del cittadino, in termini anche di ‘inclusività’, di riconoscimento, di ampliamento dell’arena partecipativa nelle fasi di decision-making. Aalborg tenta di fare ciò. Questo impegno è stato attivato a partire dai progetti smart, oppure fa parte del tipo di regolazione e modalità sui quali la governance e i suoi stakeholders si articolano? In parte, gli approcci partecipativi formali per i cittadini sono una caratteristica del frame normativo danese, infatti il Planning Danish System prevede vari momenti di ascolto e inclusione dei cittadini nelle fasi di decision-making, quali audizioni pubbliche, intervento attivo dei comitati di quartieri, movimenti sociali, gruppi di giovani universitari che si mobilitano per un determinato interesse. Ritengo che gli aspetti virtuosi della partecipazione e del coinvolgimento in materia pubblica, osservati sul campo ad Aalborg, vadano classificati come ‘informali’, ossia tutti quegli spazi fisici e virtuali nei quali i cittadini possono esprimersi e sentirsi riconosciuti. L’esempio della mostra fatta all’Utzon Center rappresenta una di queste caratteristiche virtuose, ancora il sito del Comune di Aalborg è un luogo virtuale interattivo nel quale si può comunicare direttamente con la Municipalità. L’intensa collaborazione tra giovani studenti, università, media locali e istituzioni a vario titolo consente di completare quel processo di apprendimento collettivo, tipico dei regimi democratici. Quali sono dunque le effettive ispirazioni che si possono trarre dall’esperienza danese? Senza nessuna pretesa di comparazione tra le due città, ed eccezione del fatto che entrambe possono essere considerate città medie europee in termini dimensionali, si offriranno spunti utili inerenti ai tipi di strumenti di cui l’Amministrazione piacentina potrebbe dotarsi. Grazie alla collaborazione coltivata con l’Assessorato del mio Comune, ho potuto sviluppare alcune linee guida basate su uno studio preliminare del potenziale della mia città: - il concetto di smart city dovrebbe essere reso accessibile a tutti i cittadini, il ruolo dei social media è fondamentale: la città dovrebbe dotarsi di profili Twitter e Facebook che portino il nome smart, integrandolo con aspetti più ludici in grado di attrarre i cittadini in questo circolo di conoscenza, i media locali dovrebbero favorire la diffusione dei progetti smart; - valorizzare le pratiche e le attività delle associazioni attraverso un Libro Bianco, in cui vengano censite le proposte dei cittadini, ma anche promuovere con piccoli incentivi, magari attraverso un concorso che premi la ‘pratica migliore’, per progetti che provengono dal basso, corroborando in tal modo un approccio di tipo bottom up nella governance urbana;

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- il governo locale dovrebbe adibire uno spazio fisico per la partecipazione dei cittadini, un luogo ideale per tale funzione potrebbe essere il nuovo Urban Center a Piacenza, l’ex-macello è un edificio storico riqualificato ubicato nelle vicinanze della succursale del Politecnico di Milano, dunque creare una sinergia tra luoghi fisici e virtuali della città, con un tratto di continuità tra il patrimonio storico e culturale passato e il presente; - necessità di figure professionali in grado di gestire la partecipazione e i risultati raccolti, mediatori culturali, sociologi urbani, esperti in materia di imprenditoria sociale, nell’accezione più positiva del termine, ossia in grado di combinare competenze e risorse differenti (città sociale) e dare voce così ai soggetti interessati solitamente esclusi; - creare un network tra le due città (Aalborg e Piacenza) che serva come stimolo a entrambe le istituzioni, per scambiare il rispettivo know how, in questo senso Aalborg potrebbe insegnare tanto sia ai cittadini e sia all’Amministrazione Pubblica piacentina, tutto questo va naturalmente ponderato con il cultural e historical heritage delle due città. Infine, come giovane studiosa - da sempre interessata al futuro della sua città – vorrei poter contribuire attivamente allo sviluppo del concetto smart city attivando la rete sociale di cui faccio parte, per impiegare tutte le risorse disponibili della città. Devo riconoscere che Piacenza e i suoi Amministratori si stanno muovendo verso questa direzione, che privilegia il processo partecipativo dei cittadini. Luigi Rabuffi, Assessore con una delega anche alla Partecipazione, in un’intervista rilasciata sottolinea che la Giunta Comunale sta lavorando a un regolamento per la partecipazione: “La volontà è quella di mettere in moto pratiche di relazione ogni qual volta si prendono decisioni allargate alla comunità o che impattano i singoli quartieri. Per i soggetti politici è fondamentale prevedere dei percorsi che ci portino a confrontarci con i cittadini. Eliminate le Circoscrizioni è necessario che l’amministrazione trovi metodi alternativi di partecipazione e incontro con i piacentini, si parla di un rapporto partecipativo paritario, l’idea è quella di mettere in campo strumenti innovativi, come il Decoro Urbano, uno strumento gratuito di cui le amministrazioni possono dotarsi per permettere al cittadini di segnalare ciò che non va nella propria città.” Quest’ultimo esempio calza perfettamente con la corrispondente piattaforma utilizzata ad Aalborg. Anche l’Assessore alle Smart City, Silvio Bisotti, propone idee interessanti: “Stiamo sviluppando strumenti che consentano di diminuire le code agli sportelli sia per avere informazioni sia per ottenere documenti. Inoltre abbiamo costituito un gruppo trasversale per migliorare questo sistema. Si sta lavorando nella direzione delle reti con altre istituzioni come Ausl, Camera di Commercio e Prefettura.” Sebbene questi siano discorsi di natura politica, l’intento del cambiamento è visibile: il processo partecipativo e di smartness deve avere alle spalle cittadini avvertiti e consapevoli e ovviamente la Pubblica Amministrazione deve essere in grado di governare e coordinare tale percorso. Ma la conversione di una città in smart city non è una passeggiata, ci vogliono idee, capacità riconosciute, una nuova classe dirigente all’altezza della sfida, capace di darsi obiettivi ben chiari e di interpretare i nuovi bisogni dei cittadini. Per ogni nuova politica urbana occorrerebbe fissare target coinvolgendo tutta la società civile e le varie comunità articolando così nel dettaglio ogni bisogno e necessità del cittadino [cfr. Poggio 2013]. Solo in questa direzione si vincerà la sfida del vivere in modo sostenibile, la città deve entrare a fare parte dell’agenda quotidiana dei cittadini, la ‘questione pubblica’ è preziosa ed essa deve trasformarsi in un desiderio e una convenienza per tutti.

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