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La Via del Guerriero di Pace - Dan Millman

Date post: 11-Dec-2023
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DanMillman

LAVIADELGUERRIERODIPACE

Unlibrochecambialavita

Nuovaedizionerivedutadall'autoreenuovatraduzioneitaliana

DanMillmanLaviadelguerrierodipaceTitolooriginale:ThewayofthepeacefulWarriorTraduzionediGianpaoloFiorentiniFotografiaincopertinadiTimPalen,trattadallalocandinadelfilmPeacefulwarrior,presentatoalFestivaldiCannes2006Copyright©1980,1984byDanMillmanNewrevisededitioncopyright©2000byDanMillmanPrimaedizioneamericanapubblicatadaH.J.Kramer,Inc.,P.O.Box1082,Tiburon,CA94920,U.S.A.Copyrightperl'edizioneitaliana©1996–2006EdizioniilPuntod’Incontro,ViaZamenhof685,36100Vicenza,Tel.0444239189,Fax239266.Primaedizioneitaliana1996(traduzionediVittoriaDeSantis).Secondaedizioneluglio2006.Primaedizionedigitale:marzo2013Tuttiidirittiriservati.Nessunapartediquest'operapuòessereriprodottainalcunaformasenzal'autorizzazionescrittadell'editore,aeccezionedibrevicitazionidestinateallerecensioni.

ISBN9788880939832www.edizionilpuntodincontro.it

Indice

RingraziamentiPrefazioneLastazionediservizioallafinedell'arcobaleno

PARTEPRIMA:VENTIDICAMBIAMENTO

1. Folatedimagia2. Laretedell'illusione3. Liberarsi

PARTESECONDA:L’ADDESTRAMENTODELGUERRIERO4. Laspadaèaffilata5. Lacorsasullecolline6. Ilpiacerealdilàdellamente

PARTETERZA:IRRAGIONEVOLEFELICITÀ7. Laricercafinale8. Laportasiapre

PostfazioneAppendiceNotasull'autore

Ringraziamenti

Lamia vita è stata benedetta damolte guide e insegnanti che hanno, ognuno in mododiverso,contribuitoallanascitadiquestolibro.Primifratuttiimieigenitori,HermaneVivianMillman,chemihannonutritoconilloroamore,lalorofiduciaeilsacrificio,eilmioeditore,HalKramer,chefidandosidellaproprialuceinterioreedelfiutoeditorialehadatoaquestolibrolapossibilitàdivenirealmondo.Grazieanchealmioco-editore,LindaKramer,perilsupportoel'integrità;aMarcAllen,JasonGardnereallaredazionedellaNewWorldLibrary,lacuisaggezzaeditorialehacreatounvibrantetrampolinodilancioperilmiolibro,dallasuaprimaedizionevent'annifafinoaoggi.Sindalprimomomento,CharlieWintonetuttolostaffdelPublishersGroupWestsono

statiunpreziosocollegamento tra l'autore, lacasaeditricee i lettori. Il loroeccellentelavoropassaspessosottosilenzio,maricevetuttol'apprezzamentodegliautoridellacasaeditrice e dell'autore di questo libro. Grazie anche ai miei agenti, Michael Larsen eElizabethPomada.Infine,masemprealprimoposto,ilmioprofondoamoreelamiagratitudineperJoy:

moglie, amica, compagna, insegnante, editor sapiente e inestimabile appoggio; unabenedizioneperlamiavitaeunangelocustodeperilmiospirito.E,naturalmente,aSoc.

AlveroGuerrierodiPacedicuiSocrateèsoltantounoscintillanteriflesso,

chenonhanomeetuttaviahamoltinomiedèlaSorgentedituttinoi.

Prefazione

All'iniziodeldicembredel1966,duranteilmioprimoannoallaUniversityofCaliforniadiBerkeley, nellamiavita si verificòuna straordinaria serie di eventi.Cominciò tuttoalletreeventidiunmattino,quandoincontraiperlaprimavoltaSocrateinunastazionediservizioapertatuttalanotte(nonmiavevadettoilsuoveronome,madopoimomentipassaticonluidurantequellaprimanotteglidiedid'impulsoilnomedell'anticosaggiogreco; il nome gli piacque, e così rimase). Quell'incontro casuale, e le avventure cheseguirono,eranodestinatiatrasformarelamiavita.Glianniprecedentiil1966miavevanosorriso.Allevatodagenitoriamorevoliinun

ambiente protetto, più tardi sarei diventato a Londra campione mondiale di tappetoelastico, avrei viaggiato per tutta l’Europa e ricevutomolti riconoscimenti. La vitamipremiava,manonavevoancoratrovatounapaceeunafelicitàdurevoli.Oggi so che, in un certo senso, durante tutti quegli anni dormivo e stavo soltanto

sognando di essere sveglio, finché incontrai Socrate, che diventò mio maestro e mioamico. Prima di quel momento avevo sempre creduto che una vita fatta di qualità, disoddisfazione e di conoscenza fosse un mio diritto di nascita, e che mi sarebbe stataautomaticamente donata con il passare degli anni. Non pensavo che avrei dovutoimpararecomevivere,checifosserospecifichedisciplineemodidivederequelmondochedovevoarrivareapadroneggiareperpotermirisvegliareaunavitasemplice,gioiosaeprivadicomplicazioni.Socrate mi fece vedere i miei errori opponendovi il suo stile di vita, la Via del

GuerrierodiPace.Sipresecontinuamentegiocodelmiomododivivereserio,ansiosoeproblematico, finché riuscii a vedere attraverso i suoi occhi pieni di saggezza,compassioneeumorismo.Enonsmisediinsegnarmifinchénonscopriichecosasignificaviverecomeunguerriero.Rimanevospessoconluifinoalleprimeoredelmattino,ascoltandolo,discutendoe,a

dispetto di me stesso, ridendo assieme. Benché questo racconto sia basato sulla miaesperienza,sitrattadiunromanzo.L’uomochehochiamatoSocrateèrealmenteesistito,maavevaunmododifondersiconilmondocheavolteèdifficiledirequandouscivadiscenaealtriinsegnantiedesperienzedivitasisostituivanoalui.Misonopresoalcunelibertàcon idialoghi e le sequenze temporali, eho introdotto immagini emetaforepersottolinearemegliolelezionicheSocratevolevacheiotrasmettessi.Lavitanonèunafaccendaprivata.Èun'esperienza,elelezionicheinsegnasonoutili

solosevengonocondivise.Perciòhodecisodionorareilmioinsegnantecondividendoconvoilasuaprofondasaggezzaeilsuosensodellohumour.

Guerrieri,cichiamanoguerrieri.Lottiamoperlosplendoredellavirtù,perl'eccellenzadelcomportamento,perlasublimitàdellasaggezza:perquestocichiamanoguerrieri.

–AnguttaraNikaya

Lastazionediservizioallafinedell'arcobaleno

“Lavitacomincia”,midissimentresalutavo imieigenitoriemiallontanavosullamiascolorita,mavecchiaefidataValiantbianca,stipatadituttoquellochedovevaservirmiduranteilmioprimoannodiuniversità.Misentivoforte,indipendenteeprontoatutto.Cantando più forte della musica della radio, mi diressi a nord lungo il reticolo di

autostrade di Los Angeles, poi imboccai la Grapevine fino alla statale 99, cheattraversavaleverdipianurecoltivateaipiedidellacatenadelleSanGabrielMountains.Poco prima del tramonto, la tortuosa discesa dalle colline di Oakland mi offrì il

magnifico spettacolo della baia di San Francisco. Più mi avvicinavo al campus diBerkeleyepiùlamiaeccitazionecresceva.Misistemainellastanzachemierastataassegnata,disfeciibagagliecontemplaidalla

finestrailGoldenGateelelucidiSanFranciscochebrillavanonellasera.CinqueminutipiùtardicamminavoperlaTelegraphAvenueguardandolevetrinedei

negozi, respirando la fresca aria dellaCalifornia settentrionale e godendomi gli aromiche uscivano dai piccoli caffè. Commosso da tutta quella bellezza, passeggiai per ilmagnificoparcodelcampusfinoaoltrelamezzanotte.Ilmattinoseguente,dopocolazione,midiressiversol’HarmonGymnasium,lapalestra

incuimi sarei allenato seigiornialla settimana:quattroorequotidianedi allenamenti,salti,caprioleesudoreperalimentareilmiosognodidiventareuncampione.Duegiornidopoerogiàimmersoinunmaredipersone,librieoraridilezione.Imesi

si susseguivano dolcemente come le miti stagioni della California. Alle lezionisopravvivevo, inpalestraprosperavo.Unavolta,unamicomiavevadettocheeronatoper fare l'acrobata. Di certo ne avevo l'aspetto: i capelli corti, e un corpo asciutto emuscoloso. Avevo sempre provato attrazione per le acrobazie più pericolose e sin dabambino mi piaceva provare il brivido della paura. La palestra era diventata il miosantuario;lìtrovavoeccitazione,sfideeunaltissimolivellodisoddisfazione.PrimadellafinedelsecondoannodiuniversitàavevogareggiatoinGermania,Francia

eInghilterraconlaFederazionediginnasticadegliStatiUniti.Avevovintoilcampionatodelmondoditappetoelastico,i trofeiriempivanounangolointerodellamiastanza.LamiafotoapparivasulDailyCaliforniancontaleregolaritàchelagentemiriconoscevaperstradaelamiafamacrescevasempredipiù.Leragazzemisorridevano.Gliincontriamorosi con Susie, un'appetitosa e dolcissima bionda con un sorriso da pubblicità didentifrici,diventavanosemprepiùfrequenti.Imieistudiandavanobenissimo.Misentivosullavettadelmondo.

Tuttavia, all'iniziodell'autunnodel1966, ilmio terzoannodiuniversità, cominciòaprendere forma qualcosa di oscuro e inafferrabile.Avevo lasciato il campus emi erotrasferito in un piccolo appartamento. Ero schiacciato da una tristezza sempre piùopprimente,anchenelpienodeimieisuccessi.Poiiniziaronogliincubi.Misvegliavodisoprassaltoquasiogninotte,madidodisudore.Ilsognoeraquasisemprelostesso:

Camminoperunastradabuia.Altiedificisenzaportenéfinestreincombonosudime,avvoltidaunimpenetrabilebancodinebbia.Una figura minacciosa, vestita di nero, viene verso di me a grandi passi.

Percepisco, piuttosto che vedere, una presenza che mi dà i brividi, un lividoteschioluccicantechemifissainmortalesilenzioconlesueorbitenere.L’ossoscheletricodiunditoètesoversodime,lebiancheossapiegatecomeunartiglio.Misentoagghiacciare.Dietroquellacosaorribileappareunuomodaicapellibianchi.Ilsuovoltoè

tranquilloeprivodirughe.Isuoipassinonproduconoalcunsuono.Sentocheèlamiaunicasperanzadisalvezza,chehailpoteredisalvarmi.Manonmivedeeiononpossochiamarlo.Ridendodellamiapaura,laMorteammantatadinerosigiraversol'uomodai

capelli bianchi, che le ride in faccia. Stordito, guardo la Morte che cercafuriosamente di afferrarlo. L’attimo dopo, lo spettro si sta di nuovo gettandocontrodime,mailvecchioloprendeperilmantelloeloscagliaperaria.Dicolpo laMortescompare.L’uomodai lucenticapellibianchimiguardae

mitendelemaniinungestodibenvenuto.Camminoversodiluiepoidentrodilui, scomparendonel suo corpo.Mi guardo e vedo che indossouna veste nera.Alzolemanievedoleossadellemieditachesiunisconoinpreghiera.

Misvegliavoboccheggiando.Una notte, all'inizio di dicembre, ero a letto e ascoltavo il sibilo del vento che si

infilavainunapiccolafessuradellafinestra.Incapacediprenderesonno,mialzaiemiinfilai i miei Levi's sbiaditi, una maglietta e le scarpe da ginnastica. Poi presi ungiubbottoeusciinellanotte.Eranoletreecinquedelmattino.Camminavosenzameta,inalandoapienipolmonil'ariafrescaeumida,contemplando

il cielo stellato e ascoltando i rari suoni delle strade deserte. L’aria fresca mi avevamessofameemidiressiversounastazionediservizioapertatuttalanottepercompraredeidolciequalcosadabere.Con lemani in tascaattraversai ilcampusepocooltre idormitori degli studenti mi apparvero le luci della stazione di servizio. Era un'oasifluorescenteinundesertodinegozi,cinemaeristorantichiusi.Superai l'officina attigua alla stazione di servizio e andai quasi a sbattere contro un

uomo che sedeva al buio su una sedia a ridosso del muro di mattoni rossi. Arretrai,sorpreso.L’uomoindossavaunberrettorossodi lana,pantalonigrigidivelluto,calzinibianchiesandaligiapponesi.Sembravaperfettamenteasuoagioinunleggeropiumino,sebbeneiltermometrosopralasuatestasegnasseappenaseigradi.Senzaalzare losguardo,conunavoceforteemusicaledisse:“Miscusi,nonvolevo

spaventarla”.“Oh,sifiguri.Vendetequalcosadabere,bibite?”.“Solo succhidi frutta”.Sorridendomi, si tolse il berrettodi lana rivelandouna folta

chiomabianca.Poi,inaspettatamente,scoppiòinunarisata.

Quellarisata!Lofissaiaboccaaperta.Erailvecchiodelmiosogno.Capellibianchi,ilvisoprivodirughe...unafiguraaltaeslanciatasuicinquantaoisessanta.Scoppiòdinuovoaridere.Inebetito,midiressiversolaportaconlascritta‘Ufficio’elaspalancai.Mentre laaprivo, sentii chestavoaprendounaporta suun'altradimensione.Mi lasciaicadere tremante su un vecchio divano, chiedendomi che cosa aveva fatto irruzioneattraversoquellaportanelmiomondocosìordinato,econtantapotenza.Ilmioterroreeramisto a unamisteriosa fascinazione che non capivo. Feci dei profondi respiri percalmarmieritornarealmondoreale.Miguardaiattorno.L’ufficioeramoltodiversodaldisordineedalla trascuratezzadi

unanormalestazionediservizio.Ildivanosucuimierolasciatocadereeracopertodaunavecchiacopertamessicanaavivacicolori.Suunoscaffaleallamiasinistra,accantoalla porta, erano ordinatamente disposti i vari oggetti utili a chi è in viaggio: cartinestradali,fusibili,occhialidasoleecosìvia.Dietrounapiccolascrivaniainlegnodinocec'eraunasediadivellutodiuncaldocolor terra.Undistributoredell'acquaproteggevaunaportaconlascritta‘Privato’.Un'altraportaconducevanell'officina.Ciòchemicolpivadipiùeral'atmosferadiintimitàdellastanza.Unospessotappeto

gialloorocoprivatuttoilpavimento,finoallaporta.Imurieranoimbiancatidifrescoeingentiliti daposterdipaesagginaturali.La luce smorzatadelle lampademicalmò:unrilassantecontrastoconlelucialneondell'esterno.Nelsuoinsieme,lastanzatrasmettevaunrassicurantesensodiordineedicalore.Comeavreipotutoimmaginarechesarebbediventatounluogodiavventura,dimagiae

anchedipaura?Inquelmomentopensaisoltantocheuncaminettocisarebbestatobene.Dopoqualcheminuto ilmio respiroaffannososiplacòe lamiamente,anchesenon

completamente acquietata, per lo meno aveva smesso di vorticare. La somiglianzadell'uomodaicapellibianchiconlafiguradelmiosognoeracertamenteunacoincidenza.Mialzai,chiusilacernieradelgiubbottoeusciinell'ariafreddadellanotte.Lui era ancora sedutonello stessoposto.Mentre lo superavo lanciandogli unultimo

sguardo furtivo, colsi una strana luce nei suoi occhi.Non avevomai visto occhi comequelli.Sulmomentomisembraronogonfidilacrimepronteastraripare,poilelacrimesitrasformarono inuno scintillio, comesevi si riflettesse la lucedelle stelle.Mi lasciaiassorbiresemprepiùprofondamentedalsuosguardo,finchéfuronolestelleadiventareunriflessodeisuoiocchi.Perunattimomipersi:nonvedevoaltrochequegliocchi,gliocchispalancatiecuriosidiunbambino.Nonsoquantodurò:secondi,minuti,oforsemoltodipiù.Poi,dicolpo,ritornaialla

coscienza normale. Farfugliai un vago ‘buonanotte’ e girai l'angolo dell'officina con legambechemitremavanoancora.Quandoraggiunsiilmarciapiededall'altrapartedellastrada,mifermai.Sentivocome

unformicolioallanuca.Sapevochemistavaosservando.Mivoltai.Nonpotevanoesserepassatipiùdiquindicisecondidaquandol'avevosalutato,maluieralàinpiedisultetto,con le braccia incrociate sul petto e gli occhi rivolti al cielo stellato!A bocca apertafissailasediavuotaappoggiataalmuro,poiguardaidinuovoinalto.Eraimpossibile!Sel'avessivistocambiareunaruotaaunacarrozzafattaconunazuccagiganteetrainatadauntopogigantesco,l'effettononavrebbepotutoesserepiùstupefacente.Nel silenziodellanotte fissai la sua figura slanciata,unapresenzamaestosaanchea

quelladistanza.Misembròdiudirelestellerintoccarecomecampanemossedalvento.Poiluigiròlatestaemiguardònegliocchi.Eraacircaventimetridame,mariuscivoasentireilsuoalitosulmioviso.Tremai,manonperilfreddo.Quellaportadietrocuila

realtàsidissolvevanelsogno,sispalancòdinuovo.Nonriuscivoastaccarglilosguardodidosso.“Sì?”,disse.“Possofarequalcosaperte?”.Paroleprofetiche!“Miscusi,io...”.“Seiscusato”,dissesorridendo.Mi sentii arrossire; cominciavo a irritarmi. Stava giocando con me, ma io non

conoscevoleregoledelgioco.“Comehafattoadarrivaresultetto?”.“Arrivare sul tetto?”, ripeté con aria innocente, come se fosse stupito dalla mia

domanda.“Sì.Comehafattoadarrivaredaquellasedia”,laindicai,“sultettoinmenodiventi

secondi?Leieraseduto,iohogiratol'angolo,elei...”.“Sobenissimoquellochehofatto”,risuonòlasuavocepotente.“Nonoccorrechetu

melodica.Ladomandaè:saiquellochestavifacendotu?”.“Certochesoquellochestavofacendo!”.Mistavoarrabbiando,nonerounbambinoa

cuidarelezioni.Mamorivodallavogliadiscoprireiltruccoginnicodelvecchio,perciòmitrattenniechiesieducatamente:“Laprego,midicacomehafattoadarrivaresultetto”.Mifissòinsilenzio,mentrepercepivodinuovoquelformicolioallanuca.Poirispose:

“Conunascala.Èdall'altraparte”.Eritornòacontemplareilcielo.Feci di corsa il giro dell'edificio. In effetti, una vecchia scala era appoggiata

precariamente contro il muro sul retro.Ma, tra la fine della scala e il tetto, mancavaalmeno unmetro emezzo.Anche se si fosse servito della scala, cosa di cui dubitavo,comeavevafattoasalirelassùinpochissimisecondi?Qualcosasiposòsullamiaspalla.Sorpreso,mivoltaievediche lamanosullamia

spalla era la sua. Come aveva fatto? Era balzato giù dal tetto e mi aveva preso allespalle senza che me ne accorgessi? Formulai l'unica spiegazione possibile: aveva ungemelloeinsiemesidivertivanoaterrorizzaregliignariclienti.Misisubitoinchiarocheavevoscopertoiltrucco.“D’accordo,sieteduegemelli.Nonmilasciofregare”.Aggrottòleggermentelafronte,poiscoppiòaridere.Visto?Avevoragione.Manonne

erotantosicuro.“Seavessiungemello,pensichesareiquellodeiduechesprecailsuotempoaparlare

con il signor ‘nonmi lascio fregare’?”.Scoppiò inun'altra risata e si diresse agrandipassiversol'officina,lasciandomilìaboccaaperta.Chesanguefreddoquelvecchio!Loseguiinell'officina,dovesistavagiàdandodafareconilcarburatorediunvecchio

furgoncinoFord.“Così,leipensachesiaunochesifaprendereingiro?”,dissiintonopiùbellicosodi

quantovolessi.“Tutticifacciamoprendereingiro”,rispose.“Ladifferenzaèchealcunilosanno,altri

no. Tu sembri appartenere a questo secondo tipo. Ti spiace passarmi quella chiaveinglese?”.Glipassailasuadannatachiaveingleseemivoltaiperandarmene.Maprimadiuscire

pensai:devosapere.“Laprego,midicacomehafattoasaliresultettoaquellavelocità!Nonriescodavveroacapire”.Miripassòlachiave.“Ilmondoèunenigma.Èinutilecercareditrovarviunsenso”.

Indicòunoscaffaleallemiespalle.“Adesso,perfavore,miservirebberounmartelloeuncacciavite”.

Lofissaiperplessoperuninterominuto,chiedendomicomefareaconvincerloadirmiquellochemorivodallavogliadisapere,mailvecchiosembravaessersigiàdimenticatodellamiapresenza.Rinunciai,e stavoandandoverso laportaquando losentiidire:“Restaquie renditi

utile”. Estrasse abilmente il carburatore, come un chirurgo che esegue un trapianto dicuore,lopreseinmanocondelicatezzaemiguardò.“Prendi”, disse passandomi il carburatore. “Smontalo e metti i pezzi a bagno in

quell'oliolaggiù.Libereràlatuamentedalletuedomande”.La mia frustrazione si sciolse in una risata. Questo vecchio era irritante, ma

decisamenteinteressante.Scelsidiassumereunatteggiamentocordiale.“MichiamoDan”,dissiporgendoglilamanoesorridendonontropposinceramente.“E

lei?”.Mise il cacciavite nellamiamano tesa. “Ilmionomenon importa, e neppure il tuo.

Quellocheèdavveroimportanteèaldilàdeinomiedelledomande.Neavraibisognopersmontareilcarburatore”,aggiunseindicandoilcacciavite.“Nienteèaldi làdelledomande”,ribattei.“Peresempio,comehafattoavolaresul

tetto?”.“Nonhovolato,sonosaltato”,risposeconl'espressioneimpenetrabilediungiocatore

dipoker.“Nonèmagia,quindismettiladifantasticare.Neltuocaso,però,puòdarsichedebbafareunamagiaabbastanzadifficile:trasformareunasinoinunessereumano”.“Chidiavolopensidiessereperparlarmicosì?”,sbottaipassandoimprovvisamenteal

tu.“Sonounguerriero”,dissecondecisione.“Ma,aldilàdiquesto,chisonodipendeda

chivuoicheiosia”.“Perchénondaisemplicementeunarispostadirettaaunadomandadiretta?”.Mibuttai

sulcarburatoreperscaricarelamiafrustrazionesuquelpezzodimetallo.“Fammeneunaeciproverò”,dissesorridendobeatamente.Ilcacciavitemiscivolòdi

manoemispellaiundito.“Dannazione!”,gridaiandandoversoillavaboperfarscorrerel'acquasullaferita.Luimiteseuncerotto.“Bene,ladomandadirettaèlaseguente”.Avevodecisodimantenereuntonodivoce

controllato.“Checosapuoifareperme?”.“Hoappenafattoqualcosaperte”,risposeindicandoilcerottoattornoalmiodito.Eratroppo.“Nonhoaltrotempodasprecare,megliochevadaadormire”,emisigiùil

carburatore.“Comefaiasaperedinonaveredormitoper tutta lavita?Comefaiasaperedinon

essereaddormentatoancheinquestomomento?”,dissescrutandomi.“Pensa quello che vuoi”. Ero troppo stanco per continuare a discutere. “Comunque,

primachemenevada,tisupplico...Comehaifattoafarequelbalzo?”.“Domani,Dan.Domani”.Emisorriseconuntalecalorechelapauraelafrustrazione

di poco prima svanirono. Prima la mia mano, poi il braccio e infine tutto il corpoincominciaronoavibrare.“Èstatobellorivederti”,aggiunse.“Cosaintendicon‘rivederti’?...”,cominciaiachiedere,poimifermai.“Loso:domani,

domani”.Ridemmoentrambi.Miincamminaiversolaporta,mifermai,mivoltaiedissi:“Arrivederci...Socrate”.Sembròstupito,poisi strinseallegramentenellespalle.Pensaiche ilnomegli fosse

piaciuto,emeneandaisenzaaggiungerealtro.Dormii fino a tardi, perdendo le lezioni del mattino. Arrivai in tempo solo per gli

allenamentipomeridiani.Dopoaveresalitoescesodicorsanonsoquantevoltelescalinatedellatribuna,Rick,

Sid e io, assieme ai nostri compagni di corso, ci sdraiammo sul pavimento sudati eansimanti, facendoesercizidi stretchinga terraper legambe, lespallee laschiena. Ingenere,durantequellapartedell'allenamento restavo in silenzio,maquelgiornoavevovogliadiraccontarequellochemierasuccesso.Leunicheparolechemivennero,furono:“Stanottehoincontratountipodavverostranoallastazionediservizio”.Imieiamicieranopiùinteressatiallorostretchingcheallemiestorie.Dopo un riscaldamento specifico (verticali, mettersi seduti usando i muscoli della

schiena,gambesollevate)cominciammoconisalti.Mentrevolteggiavoinaria(volteggialla sbarra e alla cavallina, e una nuova serie di esercizi agli anelli per rafforzare lamuscolatura) continuavo a pensare alla misteriosa prodezza dell'uomo che avevoribattezzatoSocrate.Qualcosamidicevadistarglilontano,maerotroppoincuriositodaquell'enigmaticafigura.Dopo cena studiai rapidamente le mie lezioni di storia e psicologia, preparai una

scalettadi letteratura ingleseemiprecipitai fuori.Erano leundici.Mentre camminavoverso la stazione di servizio, i dubbi cominciarono a tormentarmi. Voleva davverorivedermi?Che cosa potevo dire per impressionarlo affinchémi ritenesse una personaintelligente?Miaspettavainpiedidavantiallaporta.Siinchinòemiinvitòaentrareallargandoil

braccio.“Perfavore,toglitilescarpe.Èunamiavecchiaabitudine”.Mi sedetti sul divano e lasciai le scarpe a portata di mano, nel caso avessi avuto

bisognodiunafugafrettolosa.Nonmifidavoancoradiquelmisteriososconosciuto.Fuoriavevainiziatoapiovere.Icolorieilcaloredell'ufficiofacevanoungradevole

contrasto con il buio della notte e il cielo coperto da nuvole minacciose. Iniziavo asentirmiamioagio.Appoggiandomialloschienaledeldivano,dissi:“Sai,Socrate,misembradiavertigiàincontrato”.“Ècosì”,risposespalancandodinuovoquellaportanellamiamentedoveisogniela

realtàdiventanounacosa sola.Cimisi qualche istante a riprendermi,poidissi: “Sonotante notti che faccio lo stesso sogno, e nel sogno ci sei anche tu”. Lo osservaiattentamente,mailsuovisorimaseimpassibile.“Sonostatoneisognidimoltepersone,eanchetu.Parlamideltuosogno”,sorrise.Glielo riferii con tutti i particolari che riuscii a ricordare. La stanza sembrava

precipitare nell'oscurità mentre quelle immagini spaventose prendevano vita nella miamenteeilmondorealecedevailpassoall'incubo.Al termine del mio racconto, disse semplicemente: “Sì, un buon sogno”. Prima che

potessi chiedergli che cosa intendeva, il campanello della stazione di servizio suonò.Socrateindossòunamantellinaeuscìsottolapioggia.Loosservaidallafinestra.Eraunanottemovimentata:lafebbredelvenerdìsera.Iniziòun'attivitàfrenetica,con

un cliente dopo l'altro.Mi sentivo stupido a restarmene seduto e uscii per dargli unamano,manonmidegnòneanchediun'occhiata.Mi accolse un'interminabile fila di auto: bicolori, rosse, verdi, nere, decappottabili,

furgonciniemacchinesportive.Glistatid'animodeiclientivariavanocomeleloroauto.Unpaiodiclientisembravanoconoscerlopersonalmente,maquasituttiloguardavanoepoiglilanciavanounsecondosguardo,comesecogliesseroinluiqualcosadistrano,madiindefinibile.Alcunieranoallegrieridevanorumorosamentetenendolaradioaccesaatuttovolume

mentre li servivamo.Socrate ridevacon loro.Dueclienti si rivelaronoparticolarmentescontrosi,comesesisforzasseroappostadirisultaresgradevoli,maSocratetrattavatutticonl'identicacortesia,comesefosserosuoiospitipersonali.Dopo mezzanotte, il flusso cominciò a diminuire. L’aria sembrava innaturalmente

silenziosa,dopotantorumoreetantafrenesia.Mentrerientravamonell'ufficio,Socratemiringraziòperl'aiuto.Mistrinsinellespalle,maerocontentochesenefosseaccorto.Erapassatomoltotempodall'ultimavoltacheavevoaiutatoqualcuno.Nel tepore dell'ufficio ripresi il discorso rimasto in sospeso.Mi lasciai cadere sul

divanoedissi:“Socrate,avreiunpaiodidomande”.Unì lemani inungesto sconsolatodipreghieraealzògliocchial soffittocomeper

chiedereassistenzadivina,ounadivinapazienza.“Qualisonoquestedomande?”,sospirò.“Vogliosaperedellafaccendadeltetto,perchéhaidetto‘èstatobellorivederti’,che

cosapossofareperteechecosapuoifaretuperme,quantiannihai”.“Iniziamodallapiùfacile.Honovantaseianni,secondoiltuotempo”.Non poteva avere novantasei anni! Forse cinquantasei, o al massimo sessantasei.

Potevo arrivare a settantasei, anche se era improbabile.Ma novantasei?Mentiva, maperchéavrebbedovutofarlo?Epoic'eraquell'altrafrasecheavevainfilatoneldiscorso.“Socrate, che cosa vuoi dire con ‘secondo il tuo tempo’? Segui un calendario

orientale”,cercaidischerzare,“ovienidallospazio?”.“Non veniamo tutti dallo spazio?”, rispose. Ma ormai avevo previsto che avrebbe

rispostocosì.“Poitihochiestochecosapossiamofarel'unoperl'altro”.“Semplicissimo:nonmidispiacerebbeavereilmioultimostudentee tu,ovviamente,

haibisognodiuninsegnante”.“Nehogiàabbastanza”,riposiunpo’seccato.“Ahsì?”.Feceunapausaepreseunprofondorespiro.“L’insegnantegiustodipendeda

quello che vuoi imparare”. Si alzò con agilità dalla sedia e si diresse verso la porta.“Vieni,vogliomostrartiunacosa”.Mi portò in un angolo dell'officina da cui si vedeva la strada che portava alla zona

commercialee,piùinlà,lelucidiSanFrancisco.“Ilmondolàfuori”,disseindicandol'orizzonte,“èunascuola,Dan.Lavitaèl'unico,

veroinsegnante.Cioffremolteesperienze,masel'esperienzadasolaportassesaggezzaerealizzazione,glianzianisarebberotuttifelici,sarebberotuttimaestriilluminati.Bisognascoprirelelezioninascostenelleesperienze.Iopossoaiutartiaimpararedall'esperienzaeavedere ilmondoconchiarezza.È lachiarezzadicuihaidisperatamentebisogno inquestomomento.Saicheècosì,malatuamentesiribella.Nonhaiancoratrasformatoleesperienzeinsaggezza”.“Nonsaprei,Socrate.Iononmispingereicosìinlà”.“Dan,adessoèancorapresto,mainseguitosapraichecos'èlo‘spingersicosìinlà’”.Stavamo rientrando in ufficio, quando arrivò una scintillante Toyota rossa. Socrate

continuò a parlare mentre apriva il serbatoio. “Come a tutti, ti è stato insegnato araccogliere informazioni dall'esterno. Libri, riviste, esperti...”. Infilò la pistola nelserbatoio.“Comequestamacchina,apriunosportelloetilasciriempirediinformazioni.Avolte l'informazioneèsuper,eavolteèsoltantonormale.Prendi le informazionichetrovisulmercato,esattamentecomelabenzina”.“Oh,grazieperavermeloricordato.Devopagareletasseuniversitarieperilprossimo

quadrimestreentroduegiorni”.Socrate annuì e continuò a riempire il serbatoio.Ma continuò a mettere la benzina

anchequandoilserbatoioeragiàpieno,conilrisultatocheuscìesiversòaterra.Ormaic'eraunruscellodibenzinachecorrevasull'asfalto.“Socrate,faiattenzione!Ilserbatoioèpieno”.Ignorandomi,continuòafaruscirebenzinaedisse:“Dan,tuseicomequestoserbatoio.

Straripidipreconcetti,seipienodinozioniinutili.Haiimmagazzinatounaquantitàdifattieopinioni,masaicosìpocoditestesso.Perpoterimparare,primadevisvuotareiltuoserbatoio”.Mirivolseunampiosorriso,strizzòl'occhio,chiuselapompaconunclickeaggiunse:“Tispiacedareunapulita?”.Ebbilasensazionechesiriferisseaqualcosadipiùdellabenzinaversata.Comunque

ripulii per terra mentre Soc prendeva i soldi e dava il resto con un sorriso. Poiritornammoinufficio.“Checos'haiintenzionedifare?Riempirmiconituoifatti?”,sbottai.“Nonsitrattadifatti,sitrattadellasaggezzadelcorpo”.“Lasaggezzadelcorpo?Cosavuoidire?”.“Tutto quello che devi conoscere è già dentro di te. I segreti dell'universo sono

impressinellecelluledel tuocorpo.Manonhaiancora imparatoa leggere lasaggezzadelcorpo.Hailettodeilibri,haiascoltatogliesperti,espericheabbianoragione”.Non potevo crederci: un benzinaio che accusava i miei insegnanti di ignoranza,

sottintendendo che la mia cultura universitaria era del tutto inutile. “Sì, capisco ilconcettodi‘saggezzadelcorpo’,manonfaperme”.Scosseilcapolentamente.“Capiscimoltecose,manonhairealizzatonulla”.“Checosavuoidire?”.“Capireèunidimensionale.Èlacomprensionedell'intelletto,eilsuoprodottosonole

nozionichepossiedi.Larealizzazioneètridimensionale,èlaconoscenzasimultaneadellatesta,delcuoreedegliistinti.Siottienesoltantoconl'esperienzadiretta”.“Continuoanonseguirti”.“Ricordi quando hai imparato a guidare? Prima di quel momento eri solo un

passeggero,sapevisoloteoricamentechecosavolevadireguidare.Quandotiseimessoalvolanteperlaprimavolta,l'hairealizzato”.“Èvero.Ricordonettamentelasensazione:‘Eccocom'è’”.“Esattamente.La tuafrasedescriveperfettamente l'esperienzadellarealizzazione.Un

giornodirailastessacosariguardoallavita”.Rimasi in silenzio per qualche istante, poi dissi: “Nonmi hai ancora spiegato come

funzionalasaggezzadelcorpo”.“Vieni con me”, mi fece segno di seguirlo verso la porta con la scritta ‘Privato’.

Dentro era completamente buio. Mi sentii a disagio, ma la paura lasciò il posto allacuriosità.Stavoperimparareilmioprimo,verosegreto:lasaggezzadelcorpo.Una lucesiaccese.Era ilbagno,eSocratestavaurinandorumorosamentenelwater.

“Ahhh!”,sospiròcompiaciuto.“Questaèlasaggezzadelcorpo”.Lasuarisatarimbombòcontrolepiastrellementreuscivodalbagnoeritornavoasedermisuldivano,fissandoiltappeto.Quandouscìdalbagno,dissi:“Socrate,io...”.“SehaiintenzionedicontinuareachiamarmiSocrate”,miinterruppe,“potrestialmeno

onorarequestonome lasciando che sia io a farti ogni tantodelle domande.E tupotrairispondere.Chenedici?”.

“Perfetto!”,risposi.“Haiappenafattolatuadomandaeiohorisposto.Adessotoccaame.Apropositodelsaltodiierisera...”.“Seiunragazzotestardo,vero?”.“Sì, e non sarei arrivatodove sono se non lo fossi.Eccoun'altra domanda a cui ho

risposto.Orapotremmopassareallemie?”.Ignorandomi,michiese:“Doveseiora,inquestomomento?”.Cominciaiaparlareconentusiasmodimestesso,anchesesapevoche inquelmodo

Socrate era riuscito a non rispondere alle mie domande. Gli raccontai della mia vitapassata e recente, e delle mie inspiegabili depressioni. Mi ascoltò con pazienza eattenzione,comeseavessetuttoiltempodelmondo.Quandofinii,eranopassateore.“Magnifico”, commentò. “Ma non hai ancora risposto alla mia domanda. Dove sei

ora?”.“L’ho fatto. Ti ho detto come sono arrivato al punto in cui sono oggi, con il duro

lavoro”.“Dovesei?”.“Checosaintendicondovesei?”.“Dovesei?”,ripetépaziente.“Sonoqui”.“Qui,dove?”.“In questo ufficio, in questa stazione di servizio”. Quel gioco incominciava a

innervosirmi.“Dov'èquestastazionediservizio?”.“ABerkeley”.“Dov'èBerkeley?”.“InCalifornia”.“Dov'èlaCalifornia?”.“NegliStatiUniti”.“DovesonogliStatiUniti?”.“Suunaterraemersa,unodeicontinentidell'emisferooccidentale.Socrate,io...”.“Dovesonoicontinenti?”.Sospirai.“SullaTerra.Nonabbiamoancorafinito?”.“Dov'èlaTerra?”.“Nelsistemasolare,ilterzopianetaapartiredalsole.Ilsoleèunapiccolastellanella

ViaLattea,vabene?”.“Dov'èlaViaLattea?”.“Amico!”, sospirai disperato alzando gli occhi al cielo. “Nell'universo!”. Mi

appoggiaicontroildivanoeincrociailebraccia.Perme,avevamofinito.“Edov'è”,sorriseSocrate,“l'universo?”.“L’universo...Beh,esistonovarieteoriesullasuaorigine...”.“Nonèquellochetihochiesto.Dov'è?”.“Nonloso.Comefaccioarispondere?”.“Questoèilpunto.Nonpuoirispondereenonlopotraimai.Sfuggeallaconoscenza.

Ignoridov'èl'universo,quindiignoridovesei.Inrealtà,nonsaidovesiaqualunquecosa,néchecosasiaqualunquecosa,ocomesiavenutainesistenza.Lavitaèunmistero.Lamia ignoranza”, aggiunse, “è fondata su questa comprensione, e la tua conoscenza èfondatasull'ignoranza.Iosonounmattoburloneetuseiunasinoserio”.“Ascolta”,scattai,“cisonoalcunecosechedevisaperesudime.Anzitutto,sonogià

una specie di guerriero. Sono un atleta dannatamente bravo”. Per sottolineare le mieparoleedimostrarglicheanch'ioerounapersonaimmediata,mialzai,mimisidifrontealdivanoefeciunsaltomortaleall'indietrodafermo,atterrandoconeleganzasultappeto.“Magnifico!”,esclamòSocrate.“Falloancora”.“Non è così difficile; anzi, è abbastanza facile”. Sorrisi con falsa modestia. Era

l'eserciziocheusavoperimpressionareiragazzinisullaspiaggiaoalparco.Ancheloromichiedevanosempredirifarlo.“D’accordo, Soc. Osserva attentamente”. Saltai, e stavo per piegarmi all'indietro,

quandoqualcunooqualcosamiintercettòfacendomicaderescompostamentesuldivano.La coperta messicana scivolò dallo schienale e mi cadde addosso. Mi liberai dellacoperta chemi era caduta sulla testa e cercai subitoSocrate congli occhi.Era ancorasedutodall'altrapartedellastanza,atremetriemezzodame,immobilesullasuasediaeconunsorrisomalizioso.“Comehaifatto?”.Ilmiostuporeerapariall'innocenzadelsuosguardo.“Vuoi rifarlo?”, chiese. Poi, vedendo la mia espressione perplessa, aggiunse: “Un

piccoloerrore,Dan.Nonprendertela.Ancheungrandeguerrierocome tepuò fareunafiguraccia”.Ammutolito,raddrizzaiildivanoerimisiapostolacoperta.Dovevofarequalcosadi

praticoperavereiltempoperriflettere.Comec'erariuscito?Un'altradomandadestinataarimaneresenzarisposta.Socrateuscìdall'ufficioperfareilpienoaunfurgoncinocaricodicianfrusaglie.‘Fuori

arallegrareunaltroviaggiatore’,pensai.Poichiusigliocchierifletteisull'evidentesfidadiSocallelegginaturali,oalmenoalsensocomune.“Vuoi conoscere un segreto?”. Non l'avevo sentito entrare. Era già seduto sulla sua

sedia,agambeincrociate.Incrociaianch'iolegambeemipiegaiinavantiinattesa.Macalcolaimalelasolidità

deldivano,mipiegaiunpo’troppoepersil'equilibrio.Primadiriuscireadistricarelemiegambeincrociate,mitrovaiafacciaingiùsultappeto.Socratesisforzòdinonridere,manonciriuscì.Mirisedettirapidamente,dirittocome

un fuso.Un'occhiata allamia espressione stolida fu sufficiente a farlo sbudellare dallerisa.Piùabituatoagliapplausicheallepessimefigure,balzaiinpiedipienodirabbiaedivergogna.“Siediti!”, mi ordinò indicando il divano. La sua voce era carica di autorità. Mi

sedetti.“Tihochiestosevoleviconoscereunsegreto”.“Sì,ilsegretodeltetto”.“Tudecidisevuoiimparareeiodecidochecosainsegnarti”.“Perchédobbiamosempreseguireletueregole?”.“Perchéquestaèlamiastazionediservizio,eccoperché”.Lasuavoceavevaassunto

un'esageratapetulanza,probabilmentevolevaprendersigiocodime.“Orastaiattento.Aproposito, sei a tuo agio e... mmm... stabile?”.Mi strizzò l'occhio. Strinsi i denti pertenereafrenolalingua.“Dan, ho dei luoghi da farti vedere e delle storie da raccontarti. Ho dei segreti da

rivelarti.Ma,primadipartireperquestoviaggiocomune,devicapirecheilvalorediunsegretononèinciòchesai,mainciòchefai”.Presedauncassettodella scrivaniaunvecchiodizionarioe losollevò inalto.“Usa

tutteleconoscenzechehai,marimaniconsapevoledeilorolimiti.Dasola,laconoscenzanonbasta.Nonhacuore.Nessunaquantitàdiconoscenzanutrirà il tuospirito,népotrà

mai donarti felicità e pace durevoli. La vita esige molto più della conoscenza, esigel'intensità del sentire e un'energia continua. Perché la conoscenza diventi viva, la vitaesigelagiustaazione”.“Questoloso,Soc”.“Questoèiltuoproblema:sai,manonagisci.Nonseiunguerriero”.“No,Socrate.Avolte,sottopressione,agiscocomeunveroguerriero.Vieniavedermi

allegare!”.Annuì.“Ammettoche,indeterminatimomenti,tupossaavereunamentedaguerriero:

risoluta,flessibile,chiaraeliberadaindecisioni.Puoisviluppareuncorpodaguerriero,leggero,duttile,sensibileepienodienergia.Inrarimomenti,puoiaverepersinouncuoreda guerriero, inondando di compassione tutti quelli che ti circondano.Ma in te questequalità sono frammentarie, non le hai ancora integrate. Il mio compito è rimettertinuovamenteinsieme,ragazzino”.“Ehi, ehi!Sochepossiediqualche talento straordinarioe che tipiacecircondartidi

un'aura di mistero, ma non vedo come tu possa avere la presunzione di rimetteremeinsieme.Guardiamo in faccia la realtà: io sono uno studente universitario, tu riempi iserbatoi. Io sono un campione del mondo, tu ti arrabatti in un'officina, prepari il tè easpetticheentriqualchepoveroscioccoperdivertirtiaspaventarlo.Forsesono iocheposso aiutare a rimettere te insieme”. Non sapevo bene quello che stavo dicendo,masembravalacosagiusta.Socratescoppiòa ridere, scuotendo ilcapocomesenoncredesseallesueorecchie.

Poi si avvicinò, si inginocchiò davanti al divano, mi guardò negli occhi e dissedolcemente:“Forseungiornopotraifarlo.Perilmomento,devicapireladifferenzatranoi”.Iniziòadarmideicolpettinellecostole,dicendo:“Ilguerrieroagisce...”.“Dannazione,smettila!”,urlai.“Adessosonostufo”.“...eloscioccoreagiscesoltanto”.“Machecosapretendi?”.“Tidodeicolpettietiirriti.Tioffendoetiarrabbi.Eseioscivolosuunabucciadi

banana...”.Feceduepassiinlàescivolò,cadendoconuntonfosultappeto.Nonriusciiatrattenermi.Scoppiaiaridere.Si sedette sul pavimento e mi guardò mentre concludeva il suo discorso. “Le tue

emozionie le tue reazioni,Dan, sonoautomaticheeprevedibili.Lemie,no. Iocreo lamiavitaconspontaneità;latuaèdeterminatadaituoipensieri,dalletueemozioni,daltuopassato”.“Chenesaidelmiopassato?”.“Tihoosservatoperanni”.“Naturalmente”,dissiaspettandolaprossimabattuta.Nonarrivò.Sistavafacendotardi,eavevotantecosesucuiriflettere.Sentivocheadessoavevoun

impegnoinpiù,unimpegnochenonerosicurodipoteraffrontare.Socraterientrò,si lavòlemanieriempìunbicchiered'acqua.Mentrelosorseggiava

lentamente,neapprofittaipersalutarlo.“Devoandare.Ètardi,devoancorastudiare”.Socraterimasetranquillamentesedutomentremialzavoemiinfilavoilgiubbotto.Poi,

mentrestavoperaprirelaporta,mirivolseparolepacateeprecise.Ogniparolamicolpìcomeunoschiaffo.“Farestimeglioariconsiderareletueprioritàsevuoidiventareunguerriero.Inquesto

momentohail'intelligenzadiunasinoelospiritoinpoltiglia.Èvero,haimoltolavorodafare,mainun'auladiversadaquellachepensi”.

Mentreparlava,erorimastoatestabassa.Laalzaibruscamenteperguardarlo,manonriusciiafissarlonegliocchi.Distolsilosguardo.“Persuperarelelezionichetiaspettano”,continuò,“avraibisognodimoltapiùenergia

diquantotuneabbiaavutobisognofinora.Deviripulireilcorpodalletensioni,liberarelamentedallenozionistagnanti,aprireilcuoreall'amoreeallacompassione”.“Soc, che ne sai dei miei impegni? Sono davvero molto occupato. Mi piacerebbe

venirtiatrovarespesso,mahodavveropocotempo”.Miguardòcontristezza.“Haiancoramenotempodiquantoimmagini”.“Checosavuoidire?”,chiesipreoccupato.“Adessononpensarci.Continua”.“Hodegliobiettivi.Voglioessereuncampione,vogliochelanostrasquadravincail

campionato, voglio laurearmi con ottimi voti, e questo significa libri da leggere erelazionidascrivere.Quellochemioffrituèrestaresvegliotuttalanotteinunastazionedi servizio ad ascoltare, non prenderlo come un insulto, uno strano uomo che vuoleattirarminelsuomondofantastico.Èunafollia”.“Sì”,ammisesorridendotristemente,“èunafollia”.Sisedetteefissòilpavimento.La

mia mente si ribellò a quella finta aria da vecchietto impotente, ma il mio cuore eraattiratodaquelforteedeccentricoanzianocheaffermavadiessereunguerriero.Mitolsiil giubbotto e le scarpe, e tornai a sedermi. In quelmomentomi tornò allamente unastoriachemiraccontavamiononno.

C’eraunavoltaunremoltoamatochevivevainuncastellosull'altodiunacollinache dominava il suo regno. Era così benvoluto che gli abitanti della città glimandavanoognigiornodeidonie ilsuocompleannovenivafesteggiatoin tutto ilreame.Tuttiloamavanoperlasuasaggezzaelasuagiustizia.Un giorno, una tragedia si abbatté sulla città. L’acqua della fontana divenne

avvelenata e tutti, uomini, donne e bambini, impazzirono. Venne risparmiatosoltantoilre,cheavevaunafontanaprivata.Nonpassòmoltotempochegliabitantidellacittàcominciaronoamormorareche

ilresicomportavastranamente,giudicavainmodosbagliatoelasuasaggezzaerasolounafinzione.Alcunisispinseroalpuntodidirecheilreeraimpazzito.Lasuapopolaritàsvanì. Isudditinongliportavanopiùdonienessunofesteggiavapiù ilsuocompleanno.Rimasto solo sulla collina, nessuno faceva compagnia al re. Così, un giorno

decisediscenderedallacollinaedifareungiroincittà.Facevacaldoebevveallafontana.Quellanottecifuunagrandefesta.Tuttoilpopologioivaperchéilsuoamatore

avevarecuperatolasanitàmentale.

CapiichelafolliaacuiavevaaccennatoSocratenonriguardavailsuomondo,mailmio.Mi alzai, deciso di nuovo ad andarmene. “Socrate, mi hai detto di ascoltare le

intuizionidelmiocorpoedinondipenderedaciòcheleggoodaquellochediconoglialtri.Seècosì,perchédovreiascoltarete?”.“Ottimadomanda”,rispose,“chehaun'ottimarisposta.Inprimoluogo,ioparloinbase

allamiaesperienza.Nonriferiscoteorieastratteletteinunlibroosentitedaunesperto.Inoltre”,sorrise,“comesaicheiononsialatuastessaintuizionecheinquestomomentotistaparlando?”.Poiriportòl'attenzioneallascrivaniaesimiseascartabellaretralesue

carte.Erostatocongedato.Imieiturbinantipensierimiseguirononellanotte.Rimasiturbatopergiorni.Allapresenzadiquell'uomomisentivoscioccoeinadeguato

ederoarrabbiatoperilmodoincuimiavevatrattato.Eracomesenonfacessealtrochesottovalutarmi,maiononerounbambino!“Perchédovreiaccettaredi recitare lapartedell'asino in una stazione di servizio”, mi chiedevo, “quando nel mio ambiente sonostimatoeapprezzato?”.Intensificaigliallenamenti. Ilmiocorpovolavaesiapplicavaaesercizisemprepiù

impegnativi con una specie di febbre. Eppure, non ero soddisfatto. Ogni volta cheimparavo un nuovo movimento o ricevevo un complimento, ricordavo di essere statoafferratoinariaesbattutosuundivanodaunvecchio.Hal, il mio allenatore, iniziò a preoccuparsi emi chiese se c'era qualcosa che non

andava. Lo assicurai che stavo benissimo,ma non era vero. Non avevo più voglia discherzareconimieicompagnidisquadra.Eroconfuso.Unanotte sognaidinuovo laMorte,maconunadifferenza.UnSocrate ridacchiante,

vestito con i tenebrosi abiti dellamorte, mi puntava contro una pistola che sparò unabandierinaconlascritta‘bang!’.Misvegliairidendoperquelcambiamento.Ilmattino seguente,nellabucadelle lettere trovaiunbigliettoconun'unica frase: “Il

segretodeltetto”.Quella sera, quandoSocrate arrivò al lavoro, lo aspettavo seduto davanti alla porta

dell'ufficio.Eroarrivatoprimaper interrogaregliaddettial turnodigiornosuSocrate,scoprire ilsuoveronomeeforse ilsuoindirizzo,manonsepperodirminiente.“Achiimporta?”,sbadigliòuno.“Èsolounvecchiomattochepreferisceilturnodinotte”.Socsitolseilleggeropiumino.“Allora?”,loassalii.“Vuoidirmifinalmentecomehaifattoasaltaresultetto?”.“Sì,credochetusiapronto”,risposeseriamente.“Nell'anticoGiapponeesistevauna

confraternitadiguerrierikiller”.Pronunciòl'ultimaparolaconunaspeciedisibiloinquietante,chemireseancorapiù

consapevoledelsilenzioesterno.Provaidinuovoquellostranoformicolioallanuca.“Quei guerrieri”, continuò, “erano chiamati ninja. Le leggende che li circondavano

erano spaventose. Si diceva che potessero trasformarsi in animali e fossero persino ingradodivolare,naturalmentesubrevidistanze”.“Naturalmente”,acconsentii,sentendochelaportasulmondodelsognosispalancava

dinuovofacendoentrareunafolatad'ariagelida.Michiesidovevolesseportarmiquandomifecesegnodiseguirlonell'officina.Stavalavorandoaun'autosportivagiapponese.“Bisognacambiarelecandele”,disseinfilandolatestadentroilmotore.“Sì,mailmisterodeltetto?”,losollecitai.“Traunattimo,appenaavròcambiatolecandele.Unpo’dipazienza.Quellochetidirò

valel'attesa,credimi”.Misedettiemimisiagiocherellareconunmartellosulbancone.“Sai”,midisseconlatestadentroilmotore,“questolavoroèmoltodivertenteselofai

conattenzione”.Forseloeraperlui.Improvvisamente smise di fare quello che stava facendo, corse verso l'interruttore e

spense la luce. Il buio era così totale che non riuscivo nemmeno a vedermi le mani;cominciai a innervosirmi. Non si sapeva mai quello che avrebbe fatto, e dopo queldiscorsosuininja...“Soc?Soc?”.“Dovesei?”,gridòpropriodietrodime.

Mi girai di scatto andando a sbattere contro il muso di una Chevy. “Non lo so!”,balbettai.“Assolutamente giusto”, disse riaccendendo la luce. “Forse sei diventato un po’ più

saggio”,aggiunseconunsorrisosardonico.Scossiilcapoperlasuaennesimastravaganzaeinfilailatestasottoilcofanoaperto

della Chevy per dare un'occhiata. “Socrate, perché non smetti di fare il pagliaccio earrivialpunto?”.Sistemòabilmentelecandelenuove,rimiseicappucci,staccòlospinterogenoementre

loesaminavacontinuòaparlarmi.“Ininjanoneranodeimaghi.Illorosegretoerailpiùrigorosoaddestramentofisicoe

mentalechesipossaimmaginare”.“Dovevuoiarrivare?”.“Per vedere dove arriva qualcosa, èmeglio aspettare di vedere la fine”, commentò.

Poiritornòallasuastoria.“Ininjaerano ingradodinuotareconunapesantearmaturaaddossoe riuscivanoad

arrampicarsicomelucertolesuunmuroperfettamenteliscioinfilandoleditadellemaniedeipiedi nellepiùpiccole fessure.Avevanocreatodelle funipraticamente invisibili econoscevanotutti i trucchipercamuffarsi,perdistrarrel'attenzioneeperdileguarsinonvisti.Ininjaeranodegliillusionistiedeimagnificisaltatori”.“Ah,finalmentecistiamoarrivando!”,esclamaisfregandomilemaniperl'eccitazione.“Sin da bambino, il futuro ninja veniva addestrato a saltare in un modo molto

particolare.Piantavaunchiccodimaise,manmanoche lapiantacresceva, ilgiovaneguerrierolasaltava.Ognigiornolapiantacrescevaeognigiornoilbambinolasaltava.Prestolapiantaerapiùaltadellatestadelbambino,maquestononlofermava.Seauncerto punto non riusciva più a saltare la pianta, gli veniva dato un altro chicco el'allenamento ricominciava.Alla fine,nonc'erapiùpiantadimais che ilgiovaneninjanonfosseingradodisaltare”.“Eallora?Qualèilsegreto?”,chiesiattendendolarivelazionefinale.Socratefeceunapausaeunprofondorespiro.“Vedi,ilpiccoloninjasiallenavaconle

piantedimais,iomiallenoconlestazionidiservizio”.Il silenziocalòsull'officina.Poi la risatadiSoc rimbombò improvvisa.Ridevacosì

fortechedovetteappoggiarsialcofanodiunaDatsun.“Tuttoqui?Sarebbequestoilsegretodeltetto?”.“Questoètuttoquellochetioccorresaperefinchénonriusciraiafarlo”.“Intendidirechemi insegneraia saltare sul tetto?”,chiesieccitatodaun'improvvisa

speranza.“Forsesì,forseno.Perilmomento,passamiilcacciavite”.Glielotirai.Giurocheloafferròalvolomentreguardavadaun'altraparte!Quandofinì

di usarlo, me lo rilanciò gridando: “Attenzione!”. Lo mancai, e il cacciavite cadderumorosamente a terra. Era esasperante, non sapevo quanto avrei ancora sopportato diesseremessoinridicolo.Lesettimanepassavanorapideelemienottiinsonnidiventavanosemprepiùfrequenti.

Miabituaialnuovostiledivita.Ec'eraunaltrocambiamento:lemienotticonSocratestavanodiventandoancorapiùstimolantidegliallenamentiinpalestra.Ogninotte,mentrefacevamofunzionare lastazionediservizio(luisioccupavadella

benzina,iopulivoivetrieinsiemescherzavamoconiclienti)mifacevadomandesullamiavita.Riguardoallasuaerainveceestremamenteriservatoerispondevaatuttelemie

domandeconunsecco:“Dopo!”,oconbrontoliiincomprensibili.Quandoglichiesiperchéfossecosìinteressatoallamiavita,ripose:“Devoconoscere

letueillusionipersonalipercapirelagravitàdellatuamalattia.Dobbiamoripulirelatuamenteprimachelaportadellaviadelguerrieropossaaprirsi”.“Lasciastarelamiamente,mipiacecosìcom'è”.“Setipiacessedavverocom'è,nonsarestiqui.Inpassatohaicambiatomoltevoltela

tuamenteepresto lacambierai inmodoancorapiùprofondo”.Capiichedovevostaremoltoattentoconquell'uomo.Nonsapevonientediluienonavevoancorastabilitoilsuogradodipazzia.LostilediSocmutavacontinuamente:originale,ridicoloesempreimprevedibile.Una

volta inseguìurlandouncagnolinocheavevafatto lapipìdavantialsuoufficionelbelmezzo di una conferenza a mio esclusivo vantaggio sui ‘meravigliosi benefici diun'inalterabileserenità’.Un'altra volta, circauna settimanapiù tardi, dopo essere rimasti svegli tutta la notte

camminammofinoalloStrawberryCreekecifermammosuunponteaguardareilfiumeinpienaperlepioggeinvernali.“Chissà quanto è profondo”, mi chiesi in modo automatico guardando la corrente.

L’ultimacosachericordoèchemistavodibattendoinunmulinellodiacquafangosa.Miavevabuttatogiùdalponte!“Allora,quantoèprofondo?”.“Quantobasta”, farfugliai trascinando faticosamentea rivame stessoe imieivestiti

inzuppati.Cosìimparavoafaredomandestupide!Miripromisiditenerelaboccachiusa.Con il passare dei giorni cominciai a notare sempre più differenze tra noi.Nel suo

ufficio,semivenivafamemibuttavosuidolci;Socmordicchiavaunamelaounapera,opreparava una tisana. Io mi agitavo irrequieto sul divano, mentre lui rimanevaserenamente immobile sulla sua sediacomeunBuddha. Imieimovimenti eranogoffi erumorosi rispetto al suo spostarsi leggero e silenzioso. Ed era un uomo anziano, nondimenticatelo!Ogni notte, sin dalle prime volte, mi attendevano delle piccole lezioni. Una sera

commisi l'errore di lamentarmi perché qualcuno dell'università non aveva unatteggiamentoamichevoleneimieiconfronti.Dolcemente,Socratemidisse:“Èmegliochetiassumalaresponsabilitàdellatuavita,

invece di biasimare gli altri o le circostanze.Manmano che i tuoi occhi si apriranno,vedraicheiltuostatodisalute,latuafelicitàetuttelecircostanzedellatuavitasonostatiinlargamisuracreatidate,consciamenteoinconsciamente”.“No,nonsonod'accordo”.“No?Una volta conobbi uno come te,Dan. In una ditta di costruzioni nelMidwest,

quando suonava la sirena del pranzo tutti gli operaimangiavano assieme.Ogni giorno,Sam apriva il suo portavivande e cominciava a lamentarsi. ‘Figlio di puttana!’,imprecava.‘Ancoraburrod'arachidiegelatina.Odioilburrod'arachidie lagelatina!’.Lastessacosatuttiigiorni.Allafine,unodellasuasquadrasbottò:‘Perdio,Sam,seodiil burro d'arachidi e la gelatina, perché non dici semplicemente alla tua vecchia dipreparartiqualcos'altro?’.‘Qualevecchia?’,risposeSam.‘Nonsonosposato.Ioipaninimelifacciodasolo'”.

Socratefeceunapausa.“Tutticifacciamoinostripaninidasoli”.Mipassòunsacchettodicartaconduepanini.“Preferisciformaggioepomodoro,opomodoroeformaggio?”,

michieseridacchiando.“Oh,vannobeneentrambi”,scherzaidirimando.Mentre mangiavamo, Socrate disse: “Diventi pienamente umano quando diventi

pienamente responsabile della tua vita. Poi, dopo essere diventato pienamente umano,puoiscoprirechecosasignificaessereunguerriero”.“Soc,grazieperilciboperlamenteeperlapancia”.Glifeciuninchinoesagerato,poi

miinfilaiilgiubbottoefeciperandarmene.“Nonmifaròvedereperunpaiodisettimane.Siavvicinanogliesamiehounpaiodicosesucuiriflettereafondo”.Primachepotesserispondere,losalutaiemeneandai.Miimmersinelleultimelezionidelsemestre.Inpalestramidedicaiall'allenamentopiù

duroacuimi fossimaisottoposto.Ognivoltachesmettevodi impegnarmia fondo,miassalivano pensieri e stati d'animo spiacevoli.Avvertivo i primi segnali di quello chestavadiventandouncrescentesensodialienazionedalmiomondodituttiigiorni.Perlaprimavoltanellavitadovevosceglieretraduediverserealtà.Unaeralafolliael'altralanormalità,ma non sapevo quale fosse la realtà folle e quale quella normale, così nonabbracciainessunadelledue.Non potevo scrollarmi di dosso la sensazione che, in fondo, Socrate non era così

matto.Forselasuaanalisidellamiavitaerapiùgiustadiquantopensassi.Cominciavorealmente a vedere imiei atteggiamenti nei confronti degli altri, e ciò chevidi nonmipiacque. Dall'esterno sembravo interessato agli altri, ma in realtà mi preoccupavosoltantodimestesso.Bill,unodeimieimiglioriamici,caddedacavalloesiruppeilpolso.Rickimparòun

completo salto mortale all'indietro con avvitamento a cui lavorava da un anno. Inentrambiicasiprovailastessareazioneemotiva:nessuna.Sottoilpesodiquellanuovaconoscenzadimestesso,lamiaautostimastavaandando

rapidamenteafondo.Unasera,pocoprimadegliesami,bussaronoallaporta.Fuisorpresoefelicedivedere

Susie,labiondaleaderdellatifoseriadellasquadrachenonvedevodasettimane.Capiiquantomifossichiusoinmestesso.“Nonmifaientrare,Danny?”.“Macerto,sonodavverofelicedivederti.Siediti,dammiilcappotto,haifame,vuoi

berequalcosa?”.Mifissòperplessa.“Checosac'è,Susie?”.“Sembristanco,Danny,ma...”,allungòlamanoper toccarmi ilviso.“C'èqualcosa...

haiunaltrosguardo.Checosac'è?”.Leaccarezzailaguancia.“Rimaniconmequestanotte,Susie”.“Pensavochenonmel'avrestimaichiesto.Hoportatolospazzolino”.Ilmattinodopomigirainel lettopersentire ildolceprofumodi fienodeicapellidi

Susieeilsuodelicatorespiro.‘Dovreiesserefelice’,pensai,mailmioanimoeragrigiocomelanebbiaall'esterno.Neigiornisuccessivi,Susieeiopassammomoltotempoinsieme.Noncredodiessere

statoun'eccellentecompagnia,malasuaallegriabastavaperentrambi.Qualcosami impediva di parlarle di Socrate. Lui apparteneva a un altromondo, un

mondoconcuiSusienonavevanienteachefare.Comeavrebbepotutocapire,quandononsapevonemmenoiochecosamistavaaccadendo?Gli esami arrivarono e finirono.Andarono bene,ma nonmi importava più di tanto.

Susietornòacasaperlevacanzeeioerocontentodirimaneresolo.Le vacanze terminarono presto e i primi venti caldi cominciarono a soffiare sulle

strade piene di spazzatura diBerkeley. Sapevo che era ora di ritornare nelmondo deiguerrieri,inquellastranastazionediservizio,equestavoltaforsepiùapertoepiùumiledi prima. Ma ora ero sicuro di una cosa: se Socrate mi avesse ancora ferito, avreirestituitocolposucolpo.

PARTEPRIMA

VENTIDICAMBIAMENTO

Folatedimagia

Erasera,abbastanzatardi.Dopolostudioelacena,miaddormentai.Quandomisvegliaiera quasi mezzanotte. Uscii nella frizzante aria notturna di inizio primavera e miincamminai verso la stazione di servizio. Il vento soffiava alle mie spalle come sevolessespingermiattraversoilcampus.Mentremi avvicinavo a quel luogo ormai familiare, rallentai. Iniziava a cadere una

leggera pioggerella che raffreddava l'aria della notte.Attraverso la finestra appannata,allalucedellacaldailluminazionedell'ufficio,vedevolafiguradiSocchebevevadaunatazza.Unmistodiattesaeditimoremistrinseilpettoeacceleròilbattitodelmiocuore.Attraversailastradaatestabassa.Ilventomisoffiavasullanuca.Rabbrividendo,alzai

gliocchievidiSocrate inpiedisullaportachemifissavaannusandoilventocomeunlupo. Era come se mi guardasse attraverso. Mi ritornò alla mente la Morte dei mieiincubi. Sapevo che quest'uomo aveva all'interno di sé molto calore e una grandecompassione, ma sentivo che dietro i suoi occhi scuri era in agguato un pericolosconosciuto.Le mie paure scomparvero quando disse con dolcezza: “Che bello averti di nuovo

qui”,miinvitòaentrareconunampiogestodelbraccio.Mentremitoglievolescarpeemisedevo,suonòilcampanellocheannunciaval'arrivo

di un cliente. Pulii la finestra appannata e vidi una vecchia Plymouth avvicinarsitraballando,conunaruotaaterra.Socrateeragiàuscito,conlasuamantellinaaddosso.Guardandolo,michiesicomemaimiincutevatantapaura.Poi le nuvole si addensarono oscurando ancora di più la notte. Ritornò l'immagine

dellaMorte incappucciata delmio sogno e il ticchettio della pioggia si trasformò nelsuonodiditascheletrichechetamburellavanoossessivesultetto.Miagitavosuldivano,spossato dagli impegnativi esercizi in palestra. Il campionato iniziava la settimanaprossimaenelpomeriggioavevamofattol'ultimo,faticosoallenamento.Socratespalancòlaportadell'ufficioetenendolaapertamichiamò:“Esci!”.Mentremi

alzavoemiinfilavolescarpe,guardailanebbiafuoridallafinestra.Socrateeradietroidistributori di benzina, appena al di là dell'alone di luce della stazione di servizio. Inquellapenombra,sembravacheindossasseuncappuccionero.Quell'ufficio era comeuna fortezza chemi difendevadalla notte e da unmondo che

incominciava a infastidirmi come il rumore del traffico. No, non avevo intenzione diuscire.Socratemifececennodi raggiungerlo,poidinuovo.Miarresialmiodestinoeuscii.Mentremiavvicinavo,michiese:“Ascolta.Losenti?”.“Checosa?”.

“Ascolta!”.Proprioinquelmomentosmisedipiovereeilventocambiòdirezione.Strano,eraun

ventocaldo.“Ilvento,Soc?”.“Sì,ilvento.Stacambiando.Indicacheseiaunasvolta.Probabilmentenonlosai,e

nonmen'eroaccortoneanch'io,maquestanotteèunmomentodecisivoperte.Teneseiandatoeseiritornato.Eadessoilventostacambiando”.Misquadrò,poisidiresseversol'ufficio.Loseguiiemisedettisuldivanoormaicosìfamiliare.Socrateeraimmobilesullasua

sediadivelluto,gliocchipuntati sudime.Conunavoce abbastanza fortedabucare imuri,ma abbastanza leggera da poter essere trasportata dal vento dimarzo, annunciò:“Devofartiunacosa.Nonaverepaura”.Sialzòinpiedi.“Socrate,adessosìchemihaimessopaura!”,bofonchiaipreoccupato,

appiattendomi contro lo schienale del divanomentre lui veniva verso dime come unatigrechepuntalapreda.Diedeun'occhiata dalla finestra per controllare che nessuno ci interrompesse, poi si

inginocchiò di fronte a me e disse pacatamente: “Dan, ricordi che ti ho detto chedobbiamocambiarelatuamenteperchétupossavederelaviadelguerriero?”.“Sì,maio...”.“Nonaverepaura”,ripeté.“PensaaldettodiConfucio:soloilsupremamentesaggioe

l'ignorante non cambiano”. Poi allungò le braccia e mi prese le tempie tra le mani,dolcementemaconfermezza.Perqualcheistantenonaccaddenulla.Poisentiiunapressionesullatesta.Percepiiuna

specie di ronzio, quindi un suono simile a unamareggiata che si infrange sugli scogli.Udiiunsuonodicampaneemisembravachelatestastesseperscoppiare.Aquelpuntovidi la luce e la mia mente esplose di splendore. Qualcosa in me stava morendo, losentivoconcertezzaassoluta,equalcos'altrostavapernascere!Poilaluceavvolseognicosa.Quandomiripresi,erosdraiatosuldivano.Socratemiscuotevadelicatamente,conuna

tazzaditèinmano.“Cos'èsuccesso?”.“Diciamo che ho manipolato le tue energie e ho aperto dei nuovi circuiti. I fuochi

d'artificio erano semplicemente la felicità del tuo cervello in quel bagno di energia.Adesso sei libero dall'illusione di sapere. D’ora in avanti, temo che le conoscenzeordinarienontibasterannopiù”.“Noncapisco”.“Capirai”,dissesenzasorridere.Erostanchissimo.Sorseggiammoiltèinsilenzio.Poimialzaiscusandomi,miinfilaiil

giubbottoemiavviaiversocasacomeinunsogno.Ilgiornoseguenteerafittodilezioniediprofessoricheblateravanoparolecheperme

nonavevanonessunsignificato.Ildocentedistoriamodernaspiegòcomel'istintopoliticodiChurchillavesseinfluenzatol'andamentodellaguerra.Smisidiprendereappunti.Erotroppooccupatoadassimilare icolorie lastrutturadell'aula,percepivo l'energiadellepersoneattornoame.Ilsuonodellavocedegliinsegnantieramoltopiùinteressantedeiconcetticheesponevano.Socrate,checosamihaifatto?Cosìnonpasseròmaigliesami!Stavo per uscire dall'aula, affascinato dalla trama della passatoia, quando udii una

vocefamiliare.“Ciao,Danny!Sonogiornichenontisivede.Tihochiamatotuttelesere,manonc'eri

mai.Dovetiseicacciato?”.“Ciao Susie, è bello rivederti. Ho... ho studiato un sacco”. Le sue parole avevano

formato una danza nell'aria. Ne avevo afferrato a malapena il senso, ma percepivochiaramentequellocheprovava:eraferitaeunpo’gelosa,mailsuovisoeraraggiantecomesempre.“Mipiacerebbefareduechiacchiere,Susie,mastoandandoinpalestra”.“Ah,già”.Percepiilasuadelusione.“Allora...civediamopresto?”.“Certo”.“Bella lezione, vero?”, aggiunse. “La vita di Churchill è davvero interessante, non

trovi?”.“Ohsì,unasplendidalezione”.“Bene.Alloracivediamo,Danny”.“Civediamo”.Mentremiallontanavo,miricordaicheSocavevaparlatodellamiatimidezzaedelle

miepaure.Forseavevaragione.Nonerorealmenteamioagiocon lepersone,noneromaisicuro suchecosadire.Ma inpalestra,quelpomeriggio, sapevoesattamente cosafare.Presivitaeapriialmassimo il rubinettodellamiaenergia.Giocai,balzai,volai.Erounclown,unmago,unoscimpanzé.Fuunodeimieimigliorigiorni inassoluto.Lamia mente era così chiara che sapevo esattamente come fare qualunque esercizioprovassi.Ilmiocorpoerarilassato,elastico,rapidoeleggero.Inventaiunsaltomortaleemezzoall'indietrocheterminavaconunavvitamento;allasbarrafeciunsaltocondoppioavvitamento.EntrambigliesercizinoneranomaistatifattinegliStatiUniti.Qualchegiornodopo,lasquadravolònell’Oregonperunagara.Vincemmoetornammo

acasafelicieosannati,manonriuscivoaliberarmidaitormentichemiassillavano.Ripensavo alla sera in cui mi ero ritrovato immerso nella luce. Qualcosa era

certamentescattato,comeSocavevapredetto,maquelqualcosamispaventavaenonerosicuro chemi piacesse. Forse Socrate non era ciò che sembrava; forse eramolto piùsaggioomoltopiùmalvagiodiquellochecredevo.Maqueipensierisvanironoappenaentrainell'ufficioilluminatoevidiilsuocaloroso

sorriso.Mi diede appena il tempo di sedermi, poimi chiese: “Sei pronto per fare unviaggio?”.“Unviaggio?”,ripetei.“Sì,unviaggio,unavacanza...Un'avventura”.“Nonhoivestitiadatti”.“Sciocchezze!”,urlòcosìforteche,automaticamente,guardammoentrambifuoridalla

finestrapervederesequalcunoavessesentito.“Sttt!”,scherzò.“Parlapiano,sveglieraitutti”.Approfittandodelsuobuonumore,losubissaidiparole.“Socrate,lamiavitanonha

piùsenso.Non funzionapiùniente, salvo lapalestra.Nondovevi rendermi lecosepiùfacili?Credevochefossequestoilcompitodiuninsegnante”.Feceperrispondere,malointerruppi.“Ec'èun'altracosa.Hosemprepensatochedobbiamotrovaredasolilanostrastrada

nellavita.Nessunopuòdireaunaltrocomevivere”.Socrate si schiaffeggiò la frontecon lamano,poialzògliocchial cielo in segnodi

rassegnazione.“Iofacciopartedellatuastrada,sciocco.Enontihorapitodaunacullapertenertiquidentro.Puoiandartenequandovuoi”.Andòallaportaelaspalancò.Inquelmomento,unalimousinenerasifermòdavantiallepompedellabenzinaeSoc

imitòunperfettoaccentobritannico:“Oh,lasuaautoèpronta,signore”.Sorpreso, pensai davvero che la limousine fosse arrivata per noi. Perché no? Così

andaidrittoversolalimousineeapriiunaportiera.Mitrovaiafissareilvoltoraggrinzitodi un vecchio che teneva un braccio attorno a una ragazzina di non più di sedici anni,probabilmente raccattata sulle strade di Berkeley.Mi fissò con uno sguardo ostile darettile.LamanodiSocmiafferròper lamagliaemitiròindietro.Chiudendolaportiera,si

scusò:“Perdoniilmiogiovaneassistente.Nonèmaisalitosuunamacchinacosìbellaesièfattoprenderelamano.Nonècosì,Sam?”.Annuiiconfuso.“Chediavolo...?”,sibilairabbiosamenteadentistretti.MaSocstava

giùpulendoilparabrezza.Quandol'autoripartì,arrossiiperl'imbarazzo.“Perchénonmihaifermato,Soc?”.“Eritroppodivertente.Nonsapevochefossicosìcredulone”.Eravamo lì, nel cuore della notte, a fissarci a vicenda. Socrate sogghignò mentre

stringevoidenti.Erodavveroarrabbiato.“Misonostancatodifarelafiguradelfesso!”,urlai.“Beh,deviammetterecheciseiriuscitodavverobene”.Feci dietro-front, diedi un calcio al bidone della spazzatura e mi diressi a passi

rabbiosiversol'ufficio.Poimifermai:“PerchémihachiamatoSampocofa?”.“Oh,solounapiccolaabbreviazionepersomaro....”.“E va bene, dannazione! Partiamo per questo viaggio. Qualunque cosa tu abbia in

mente,possofarcela.Dimmialmenodoveandiamo.Dovemiporti?”.Socrate fece un profondo sospiro. “Non posso spiegartelo, non a parole.La via del

guerrieroèingranpartesottile,invisibileainoniniziati.Finoratihoindicatoquellocheunguerrierononèfacendotivederelatuastessamente.Prestocapirai”.Mi condusse in un box che non avevomai notato, nascosto dietro gli scaffali degli

attrezzi. Ilpavimentoeracopertodaunpiccolo tappetoec'erauna robustasediadalloschienalediritto.Ilcolorepredominanteerailgrigio.Misentivoadisagio.“Prego,siediti”,dissegentilmente.“Nonprimachetumiabbiaspiegatochecos'haiinmente”.Eincrociailebraccia.Socratesospirò.“Iosonounguerriero,tuseiunbabbuino.Adessoscegli:otisiedie

staizitto,oppureritornisottoiriflettoridell'atleticaedimentichidiavermiconosciuto”.“Staischerzando?”.“No,nonstoscherzando”.Esitai,poimisedettiinsilenzio.Socrateaprìuncassetto,neestrassedellelunghestriscedistoffaemilegòallasedia.“Checosavuoifare,torturarmi?”,cercaidischerzare.Maeroseriamentepreoccupato.“Perfavore,chiudilabocca”,disse,legandomiconl'ultimastrisciacomesefosseuna

cinturadisicurezza.“Stiamoperprendereilvolo,Soc?”,chiesinervosamente.“Inuncertosenso,sì”.Siacquattòdi fronteame,miprese la testafra lemaniemi

premette i pollici contro le palpebre. Sentii i denti che mi battevano e un impellentebisogno di urinare, ma un attimo dopo avevo dimenticato tutto. Lampeggiarono lucicolorate.Mi sembrava di udire la sua voce, ma non riuscivo a distinguere le parole.Eranotroppolontane.

Camminavamo in una specie di tunnel avvolto in una nebbia blu. I miei piedi si

muovevano,manonsentivoilterrenosottodime.Tuttoattorno,deglialberigiganteschidiventaronoedifici,gliedificidiventaronomassiesalimmoperunripidocanyonfinchéarrivammosull'orlodiunprecipizio.La nebbia era scomparsa, l'aria era fredda. Sotto di noi si stendeva all'infinito uno

stratodinuvoleverdichesiperdevanoinuncieloarancioneall'orizzonte.Tremavo. Tentai di parlare, ma la voce mi uscì soffocata. Il tremito divenne

incontrollabile. Soc mi posò la mano sulla pancia. Era calda e aveva un effettomeravigliosamente calmante.Mi rilassai e Socmi afferrò il braccio, lo strinse in unamorsaemispinseinavanti,oltreilconfinedelmondo,trascinandomiconlui.All'improvviso le nuvole svanirono e noi eravamo appesi al soffitto di uno stadio

coperto,oscillandoprecariamentecomedueragniubriachi.“Ops!”,disseSoc,“unleggeroerroredicalcolo”.“Cosadiavolo!”,urlaimentrecercavoditrovareunapresapiùsalda.Oscillaiavantie

indietro emimisi a cavalcioni suuna travedel tetto, afferrandomicon lebraccia e legambe. Socrate era comodamente seduto su una trave di fronte a me. Notai che se lacavavabeneperessereunvecchio.“Haivisto?”,dissiindicandoinbasso.“Èunagaradiatletica!Socrate,seipazzo”.“Io,sonopazzo?”,nicchiò.“Guardachic'èquiconmeappesoauntetto...”.“Comefacciamoascendere?”.“Nellostessomodoincuisiamosaliti,ovviamente”.“Ecomesiamosaliti?”.Si grattò la testa. “Non so esattamente, avevo sperato in un posto in prima fila.

Probabilmentesonogiàstatituttivenduti”.Scoppiaiinunarisatanervosa.Tuttalafaccendaeratropporidicola.Socmimiseuna

manosullabocca.“Sttt!”.Poilatolse.Fuunerrore.“Ah-ah-ah-ah!”. La risata isterica continuava, non riuscivo a smettere. Alla fine mi

calmai,conlatestachemigirava.Mirimproveròconseverità.“Questoviaggioèreale,piùrealedeituoisogniaocchi

aperti.Staiattento!”.Maormailamiaattenzioneerastataattiratadallascenasottodime.Daquell'altezza,il

pubblicosifondevainunaseriedipunticolorati,comeunbrillantequadrodivisionista.Imieiocchisifermaronosuunapedanainmezzoallostadio,conilfamiliarequadratobludelmaterassinoperglieserciziaterraeinormaliattrezzidaginnastica.Lostomacomisistrinse:erailnormalenervosismocheprecedeunagara.Socratefrugòinunozainetto(dadovesbucava?)emiteseunbinocolo,propriomentre

unaginnastasalivasullapedana.Misiafuocoilbinocoloevidichefacevapartedellasquadradell’UnioneSovietica.

Maalloraerailcampionatodelmondo!Mentresidirigevaversoleparallele,miaccorsichepotevosentirlamentreparlavaasestessa.“Cheacusticaformidabile!”,pensai.Poividichelesuelabbranonsimuovevano.Spostaiilbinocolosuglispettatorieudiiilruggitodiun'infinitàdivoci.Eppureerano

tuttisedutiinsilenzio.All'improvvisocapii:stavoleggendonellaloromente!Puntaidinuovoilbinocolosullaginnastasovietica.Nonostantelabarrieradellalingua

riuscivo a capire i suoi pensieri: “Forza!Vai decisa!...”.Assistetti in anteprima il suoeserciziomentreloripassavamentalmente.Poi la mia attenzione venne attirata da uno spettatore, un uomo con una camicia

sportiva,persoinunafantasiasessualesuunaginnastadellaGermaniadell’Est.Unaltro,

probabilmente un allenatore, fremeva attendendo l'inizio dell'esercizio. Una donnaosservava laginnastaepensava:“Bellissimaragazza!L’annoscorsohafattounabruttacaduta.Speriamochequestavoltariescameglio”.Miaccorsichenonstavocaptandoparole,maemozioniepensieri;avolteconfusio

lontani,avoltefortiechiari.Eccoperché‘capivo’ilrusso,iltedesco,oqualunquealtralingua.Notaianchequalcos'altro.Mentrelaginnastasovieticafacevailsuoesercizio,aveva

lamenteperfettamentecalma;maquandofinìeritornòasedersi,lasuamentericominciòaribollire.Accaddelastessacosaallaginnastatedescaaglianellieaquellaamericanaallasbarra.Imiglioriavevanolamentepiùsgombraduranteilloromomentodellaverità.Un'altratedescadell’Estvennedistrattadaunrumorementreeraalleparallele.Captai

lasuamentepensare:‘Cosa?...’,mentresbagliaval'atterraggio.Come un guardone telepatico, sbirciavo nella mente degli spettatori. “Ho fame...”,

“Devoprenderel'aereoperDüsseldorf,altrimentivatuttoamonte...”,“Hofame!”.Ma,appenaunatletainiziavaunesercizio,anchelamentedeglispettatorisicalmava.Per la prima volta capii perché amavo così tanto la ginnastica: mi dava un po’ di

sollievo dalla mia mente rumorosa. Mentre volteggiavo e volavo in aria, non miimportavanient'altro.Quando ilmio corpoera impegnato, lamiamente era inperfettosilenzio.Il baccano mentale della folla stava diventando fastidioso, come uno stereo a tutto

volume.Abbassaiilbinocolo,manonavevopensatodiappendermeloalcolloemancòpococheprecipitassineltentativodiafferrarlomentrecadevaemancavadiunsoffioilginnastachesistavapreparandopropriosottodinoi.“Soc!”, sussurraiallarmato.Ma luiera tranquillissimo.Guardaigiùpervederedove

fossefinitoilbinocolo,maerascomparso.Socrate sogghignò. “Quandoviaggi conme, le cose funzionano inmodo leggermente

diverso”.PoiSocscomparveeioiniziaiacadere,manonversoilbasso:versol'alto!Avevola

vaga sensazione di ritornare sull'orlo del precipizio, poi giù per il canyon e infineattraversolanebbiablu,comeifotogrammidiunfilmproiettatoalcontrario.

Socratemistavapassandosulvisounpannobagnato.Miaccasciaisullasediaacuierolegato.“Allora?Tièpiaciutoilviaggio?”.“Puoidirloforte.Perchénonmisleghi?”.“Nonancora”,rispose,allungandolemaniversolamiatesta.“No, aspetta!”, balbettai un attimo prima che le luci si spegnessero e si levasse un

ventofuriosochemitrasportònellospazioeneltempo.

Divenni il vento, ma avevo occhi e orecchie. Vedevo e sentivo a qualunque distanza.Soffiaisuunadonnachepulivalacasasullacostaorientaledell’India,vicinoalgolfodelBengala.AHongKongturbinaiattornoauncommercianteditessutichecontrattavaconuncliente.InfuriaiinBrasileperleviediSanPaoloeasciugaiilsudorediungruppodituristitedeschichegiocavanoavolleysullaspiaggia.Non dimenticai nessun paese. Sibilai sulla Cina e sulla Mongolia e attraverso le

immense distese dell’Unione Sovietica. Soffiai sulle valli e sui prati delle Alpiaustriache,mi incuneai tra i fiordi dellaNorvegia, spostai i rifiuti nella rue Pigalle a

Parigi.ErountornadocheinfuriavasulTexaseilmomentosuccessivounadolcebrezzacheaccarezzavaicapellidiunaragazzachestavapensandodisuicidarsinell’Ohio.Sentii tutte le emozioni, udii ogni grido d'angoscia e ogni risata di gioia. Tutte le

condizioni umane erano spalancate davanti a me e sentendo tutto quello compresi: ilmondoerapopolatodamenticheturbinavanopiùvelocidelvento,incercadidistrazioneedifugadalleprovedelcambiamento,daldrammadellavitaedellamorte,allaricercadisignificato,disicurezzaedipiacere,neltentativoditrovareunsensoalmistero.Tuttivivevanoquellaconfusaedolorosaricerca.Larealtànonsoddisfacevamaiilorosogni;lafelicitàerasempredietrol'angolo,unangolochenongiravanomai.Elafontedituttoeralamenteumana.

Socrate stava sciogliendo le strisce di stoffa con cui mi aveva legato. Raggi di solefiltravanoattraversolefinestredell'officinacolpendodirettamenteimieiocchi,occhicheavevanovistocosìtantecose,riempiendolidilacrime.Socratemisorressementreritornavamonell'ufficio.Buttatosuldivano,ancorascosso

da tremiti, sentii di non essere più lo sciocco studente pieno di sé che si era sedutoansioso inquel box alcuniminuti prima, o forseoreogiorni.Mi sentivovecchissimo.Avevo visto la sofferenza delmondo, la condizione dellamente umana e piangevo diinconsolabiletristezza.Nonc'erascampo.Socrate, invece,eraallegrissimo.“Bene,nonabbiamopiù tempopergiocare. Ilmio

turnoèquasifinito.Perchénoncorriacasaetifaiunabelladormita,ragazzino?”.Mialzaibarcollandoeinfilaiilbraccionellamanicasbagliatadelgiubbotto.Mentre

cercavodidistricareilbraccio,chiesitimidamente:“Soc,perchémihailegato?”.“Mai troppo stanco per fare domande, vedo. Ti ho legato perché non cadessi dalla

sediamentresvolazzavicomePeterPan”.“Hodavverovolato?”.Milasciairicaderepesantementesuldivano.“Perora,diciamocheèstatounvolodell'immaginazione”.“Mihaiipnotizzato,oqualcosadelgenere?”.“Non come credi tu, e non come ti sei sempre lasciato ipnotizzare dai tuoi confusi

processimentali”.Rise,raccolse ilsuozaino(dovel'avevogiàvisto?)esipreparòadandarsene. “Ti ho semplicemente portato in una delle tante realtà parallele, per fartidivertireeperinsegnartiqualcosa”.“Comeciseiriuscito?”.“È un tantino complicato, ne parliamo un'altra volta”. Sbadigliò e si stirò come un

gatto.Mentreuscivo,sentichediceva:“Dormibene.Altuorisvegliotroveraiunapiccolasorpresa”.“Tiprego,bastasorprese”,mormoraiallontanandomistordito.Ricordovagamentedi

essermibuttatosulletto;poil'oscurità.

Misvegliaialticchettiodellasvegliasullacassettieraazzurra.Manonavevounasveglia,e non avevo nemmeno una cassettiera azzurra. E neppure quella spessa trapunta chegiacevaammucchiataaimieipiedi.Adirelaverità,neancheipiedieranoimiei.‘Troppopiccoli’,pensai,mentreilsoleentravadaunafinestradall'aspettofamiliare.Chiero,dov'ero?Miaggrappaiaunricordo,masioscuròsubitoesvanì.Imieipiccoli

piedi diedero un calcio alla trapunta e balzai fuori dal letto propriomentre lamammaurlava:“Danny,èoradialzarsi”.Erail22febbraio1952:ilmiosestocompleanno.Mitolsi il pigiama e lo gettai con un calcio sotto il letto, poi corsi giù per le scale con

addosso solo lemiemutande anni ‘50.Tra poco imiei amici sarebbero arrivati con iregaliecisarebbestataun'enormetorta,chilidigelatoeunsaccodidivertimento!Dopocheledecorazionieifestonivennerostaccatietuttiseneandarono,mimisia

giocaresvogliatamenteconimieinuovigiocattoli.Eroannoiato,stancoemifacevamalelapancia.Chiusigliocchiescivolainelsonno.Vidi i giorni passare, tutti uguali: la settimana di scuola, il week-end, di nuovo la

scuola,dinuovoilweek-end,l'estate,l'autunno,l'inverno,laprimavera.Passaronoglianni,edeccomiunodeimiglioriginnastidellesuperioriaLosAngeles.

Lavitainpalestraeraeccitante,el'altraeraunatotaledelusione.Imieiunicimomentidifelicitàeranoquandosaltavosultappetoelasticooquando,suisediliposterioridellamiaValiant,stringevotralebracciaPhyllis,lamiaprimaragazzatuttariccioli.UngiornoHaroldFrey, un famoso allenatore,mi chiamòdaBerkeley, inCalifornia,

offrendomiunaborsadistudioinquellauniversità.Nonvedevol'oradiandarelaggiùperiniziareunanuovavita.Phyllisnoncondividevailmioentusiasmo.Litigammoeallafineci lasciammo.Ci rimasimale,mami consolai con imieiprogetti universitari.Laveravitastavapercominciare,neerosicuro!Gliannidiuniversitàvolarono,ricchidisuccessiatletici,madipochissimealtrecose

buone. L’ultimo anno, poco prima delle olimpiadi, sposai Susie. Ci stabilimmo aBerkeley,percontinuareadallenarmiconlasquadra.Erocosìimpegnatochenonavevonétemponéenergieperlamianuovamoglie.Ilmiopunteggioalleeliminatorierisultòottimo.Magnifico,eroentratonellasquadra!

Maalleolimpiadenonmicomportaiall'altezzadellemieaspettative.Ritornaiacasaescivolaiinunosquallidoanonimato.Nacque nostra figlia e cominciai a sentire il peso delle responsabilità e delle

pressioni.Trovaiunlavorocomevenditorediassicurazionisullavitachemioccupavalamaggiorpartedelgiornoedellasera.Nonavevotempoperlamiafamiglia.Nelgirodiun anno, Susie e io ci separammo.Poi lei chiese il divorzio.Tutto daccapo, riflettevotristemente.Ungiornomiguardaiallospecchioerealizzaichequarant'annisen'eranoandati.Ero

vecchio.Dov'eraandatalamiavita?Conl'aiutodelmiopsichiatraavevosuperatoimieiproblemiconl'alcol;avevoavutodenaro,caseedonne.Maoranonavevonessuno.Erosolo.Unanotte,stesosulletto,michiesidovefossemiafiglia;eranopassatiannidall'ultima

voltachel'avevovista.RipensaiaSusieeagliamicideibeigiorniandati.Passavolegiornatesedutosuunasediaadondolo,sorseggiandodelvino,guardandola

TV e pensando ai vecchi tempi. Guardavo i bambini che giocavano davanti alle miefinestre. Avevo vissuto una buona vita, no? Avevo ottenuto tutto quello che volevo.Allora,perchénonerofelice?Un giorno, un bambino venne a trovarmi sul portico. Un bambino socievole e

sorridente.Michiesequantianniavevo.“Duecento”,risposi.Rise. “No, non è vero”; rimase a fissarmi, piantato lì con lemani sui fianchi. Risi

anch'io, scatenando uno dei miei attacchi di tosse. Mary, la mia dolce e giovaneinfermiera,dovettechiederglidilasciarmiriposare.Quandoriusciidinuovoarespirare,lechiesiafatica:“Mary,tispiacelasciarmisolo

perunpo’?”.“Naturalmente,signorMillman”.

Non la guardaimentre si allontanava: era uno dei piaceri della vita finiti ormai damoltotempo.Erolì,dasolo.Misembravadiesserestatosoloper tutta lavita.Miappoggiaiallo

schienaleerespiraiprofondamente.Ilmioultimopiacere.Epresto,anchequellosarebbefinito.Piansisenzalacrime.“Dannazione!”,pensavo.“Perchéilmiomatrimonioèandatoa rotoli?Perchénon sono riuscito a far andare le cose diversamente?Che tipodi vitaavreivolutodavvero?”.All'improvviso mi assalì la paura, la paura peggiore della mia vita. Avevo forse

dimenticatoqualcosadimoltoimportante,qualcosacheavrebbefattoladifferenza?‘No,impossibile’, tentai di rassicurarmi. Elencai ad alta voce tutto quello che avevo avutodallavita,malapauranonseneandava.Mi alzai a fatica, guardai la città che si stendeva sotto lamia casa in collina emi

interrogai.Dov'eraandataafinirelamiavita?Chesensoavevaavuto?Eranotutti...“Ah,ilcuore!Ilbracciomifamale!”.Provaiachiamarel'infermiera,mastavogiàsoffocando.Miafferraiallaringhieradelporticoconlemanitremanti.Poiilmiocorpodiventòdi

ghiaccioeilcuoredipietra.Milasciaicaderesullasediaconlatestareclinatasulpetto.Ildoloreseneandòimprovvisamenteeapparverolucichenonavevomaivistoesuoni

chenonavevomaiudito.Immaginifluttuavanonellamiamente.“Sei tu,Susie?”,disseunavoce lontana.Poi le immaginie i suoni si assorbirono in

unicopuntoluminoso,einfinesvanirono.Avevotrovatolasolapacecheavessimaiconosciuto.

Udiilarisatadelguerriero.Balzaiasedereancorasottoshock,felicechelavitamifossestata restituita. Ero nel mio letto, nel mio appartamento a Berkeley. Andavo ancoraall'università e il mio orologio digitale segnava le sei e venticinque del pomeriggio.Avevosaltatolelezioniegliallenamenti!Mibuttaigiùdallettoemiguardaiallospecchio,toccandomiilvisodinuovogiovane

e sospirando di sollievo. Era stato tutto un sogno, un'intera vita dentro un sogno. La‘piccolasorpresa’diSoc.Rimasi a guardare fuori dalla finestra, ancora molto scosso. Era stato un sogno

straordinariamente vivido. E anche molto preciso, persino nei dettagli che avevodimenticatodatantotempo.Socrateavevadettochequeiviaggieranoreali.Avevovistoilmiofuturo?MicatapultaiallastazionediservizioeincrociaiSocratechestavaarrivando.Entrai

conluinell'ufficio,equandol'addettodelturnodigiornoseneandò,chiesi:“Allora,checosamièsuccesso?”.“Losaimegliodime.Eralatuavita,nonlamia,grazieaDio”.“Dimmelo,tisupplico.Saràquestalamiavita?Seèquesta,nonvedonessunsensonel

viverla”.Miparlò lentamenteedolcemente,comefacevaquandovolevache loascoltassicon

particolare attenzione. “Così come ci sonomolte interpretazioni diverse del passato emoltimodidicambiareilpresente,cisonoinnumerevolifuturipossibili.Quellochehaisognatoeraunfuturoaltamenteprobabile,quellochesistavapreparandopertesenonmiavessiincontrato”.“Vuoidireche,sequellanottenonmifossifermatoquiconte, ilmiofuturosarebbe

statoquellochehovistoinsogno?”.“È possibile, e può ancora essere quello. Ma puoi fare delle scelte e cambiare la

situazioneattuale.Puoicambiareiltuofuturo”.Preparòiltèemiporsedelicatamentelatazza.Isuoigestieranoaggraziati,deliberati.“Soc”,dissi,“nonsochecosafare. Inquestiultimimesi lamiavitaèstatacomeun

improbabileromanzo,capiscichecosaintendo?Qualchevoltavorreiritornareaunavitanormale.Questa vita segreta qui con te, questi sogni e questi viaggi...Non è una cosafacile”.Feceunprofondorespiro:stavaperdirmiqualcosadiimportante.“Dan,aumenteròle

mierichiesteamanoamanochesaraipronto.Tigarantiscocheauncertopuntosaraitustessoavolerabbandonarelatuavitaattualepersceglierealternativechetisembrerannomoltopiùattraenti,piùinteressantiemoltopiù‘normali’.Mainquestomomentosarebbeunerroregravissimo,piùdiquantoimmagini”.“Maiovedoilvalorediquellochemistaimostrando”.“Puòdarsi,mahaiancoraunastupefacentecapacitàdiprendertiingiro.Eccoperché

avevibisognodisognare la tuavita.Ricordatenequandoavrai la tentazionedimollaretuttoperinseguireletueillusioni”.“Nonpreoccupartiperme.Celafarò”.Seavessisaputochecosamiaspettava,avreitenutolaboccachiusa.

Laretedell'illusione

Le brezze di marzo mi ristoravano. I boccioli colorati diffondevano nell'aria la lorofragranzaraggiungendopersinoladocciaincuimiripulivodallastanchezzaedalsudoredopounallenamentoimpegnativo.Mirivestiirapidamenteesaliidicorsalescaledellapalestraperuscireacontemplare

ilcielosopraEdwardsFieldsincendiarsiagliultimibaglioridelsole.L’ariafrizzantemiritemprò.Rilassatoe inpaceconilmondomidiressi incentropermangiareunpaninoprimadiandareavedereLagrandefuga,unfilmeccitantecheraccontaval'audacefugadiungruppodiprigionieridiguerrainglesieamericani.Uscito del cinema, risalii di corsa la University Avenue in direzione del campus e

arrivaiallastazionedi serviziopocodopocheSocrateaveva iniziato il suo turno.Erauna seratamovimentata e gli diedi unamano fino a poco dopo lamezzanotte.Quandofinalmentetornammoinufficioecilavammolemani,simiseapreparareunacenacinesee...unanuovafasedelmioapprendimento.Tutto iniziò quando gli raccontai la trama de La grande fuga. “Sembra un film

eccitante”,disseaprendounsacchettodiverdurefresche,“eanchemoltoappropriato”.“Perchéappropriato?”.“Anchetu,Dan,devifuggire.Seiprigionierodelletueillusioniriguardoatestessoeal

mondo. Per ritrovare la libertà dovrai essere più coraggioso e più determinato diqualunqueeroedelloschermo”.Quellanottemisentivocosìbenechenonriuscivoaprenderelesueparoleseriamente.“Nonmisonomaisentitoinprigione,salvoquandomihailegatoallasedia”.Cominciò a lavare le verdure.Mentre l'acqua scorreva,mi disse: “Non vedi la tua

prigioneperchélesuesbarresonoinvisibili.Partedelmiocompitoèmostrartilabruttasituazioneincuititroviefartiviverel'esperienzapiùdeludentedellatuavita”.“Beh,graziemolte,amico”,dissiseccatoperquelcattivoaugurio.“Nonhaicapito”.Mipuntòcontrounarapa,poicominciòadaffettarla.“Disilludertiè

il più grande regalo che posso farti. È a causa del tuo attaccamento all'illusione checonsideri questa parola negativa.Quante volte avrai detto a un amico: ‘Che delusionedev'essere stata!’, quando invece dovresti festeggiare con lui. Delusione, disillusionesignificano‘liberarsidall'illusione’.Matutiaggrappialleillusioni”.“Aifatti”,ribattei.“Già,ifatti...”,ripetéfinendoditagliareiltofu.“Tustaisoffrendo,Dan.Nontigodila

vita. I tuoi divertimenti, le tue relazioni amorose e persino la ginnastica sono trucchitemporaneiperdistrartidallatuapaurainconscia”.Cominciavo a irritarmi. “Stai dicendo che la ginnastica, il sesso e i film sono

negativi?”.“Dipersé,no.Mapertesonodroghe,nondivertimenti.Liusiperdistrartidallatua

caotica vita interiore: quell'ammasso di rimpianti, ansie e fantasie che consideri la tuamente”.“Unmomento,Socrate.Questinonsonofatti”.“Sì, lo sono, perfettamente verificabili, anche se tu non li vedi ancora. Con la tua

ricerca di soddisfazioni e di distrazioni cerchi di evitare la causa principale della tuasofferenza”.Feceunapausa.“Nonèesattamentequellochevolevisentire,vero?”.“No,enoncredochesiapplichiame.Checosanedirestidipropormiqualcosadipiù

ottimistico?”.“Macerto!”,disseritornandoallesueverdure.“Laveritàèchelatuavitaèmagnifica

e che non stai affatto soffrendo; non hai bisogno dime e sei già un guerriero.Ti sentimeglio?”.“Moltomeglio!”, risi.Masapevochenoneravero.“Probabilmente laverità stanel

mezzo,noncredi?”.Senzasollevaregliocchidalsuolavoro,rispose:“Dalmiopuntodivista,iltuo‘nel

mezzo’èuninferno”.Mimisisulladifensiva.“Ilritardatosonosoltantoio,oseispecializzatonellavorare

conhandicappatispirituali?”.“Si potrebbe dire così”. Sorrise, versando una goccia d'olio di sesamonellawok e

mettendolasulfornello.“Maquasituttal'umanitàènellatuabruttasituazione”.“Qualesituazione?”.“Credevo di avertelo già spiegato”, disse pazientemente. “Se non hai ciò che vuoi,

soffri;sehaiciòchenonvuoi,soffri;esoffrianchequandohaiesattamenteciòchevuoi,perché non puoi tenertelo per sempre. La tua mente è la brutta situazione. Vorrebbeessere libera dal cambiamento, libera dal dolore, libera dal destino della vita e dellamorte.Mailcambiamentoèunaleggeenonc'ènientedafare”.“Se volevi deprimermi, ci sei riuscito. Mi è passata la fame. Se la vita è solo

sofferenza,perchédarsitantodafare?”.“Lavitanonèsofferenza.Seituchenesoffriinvecedigoderne,amenodinonlasciar

andaregliattaccamentidellamenteecamminarelibero,indipendentementedaquellochetiaccade”.Versònellawokleverdureeicubettiditofu,rimestandolirapidamente.Undelizioso

profumo invase la stanzamentre scodellava leverdurecroccanti induepiatti cheposòsullascrivaniachefungevadatavola.“Credochemisiaritornatol'appetito”,dissi.Socrate rise. Mangiava in silenzio, prendendo piccoli bocconi con le bacchette. Io

spazzolai tutto in circa trenta secondi. Evidentemente ero davvero affamato. MentreSocratecontinuavalentamenteamangiare,glichiesi:“Allora,qualisonogliusipositividellamente?”.

Alzòlosguardodalpiatto.“Noncenesono”.Eritornòallesuebacchette.“Noncenesono?Maèunafollia!Elecreazionidellamente?Ilibri,lebiblioteche,

l'arte?Tuttelescopertefattedamentibrillanti?”.Ridacchiò,posò lebacchetteedisse:“Nonesistonomentibrillanti”.Poi sparìcon i

piattinelbagno.“Socrate,smettiladifareaffermazioniassurdeespiegati”.

Riemerse dal bagno tenendo inmano due piatti splendenti. “D’accordo, definirò unpaio di termini per te. ‘Mente’ è una di quelle parole scivolose come ‘amore’. Ladefinizionecorrettadipendedal tuostatodicoscienza.Vedilacosì:haiuncervellochecomandailcorpo,immagazzinainformazioniegiocaconquesteinformazioni.Indichiamoiprocessiastrattidelcervelloconiltermine‘intelletto’.Ilcervelloelamentenonsonolastessacosa.Ilcervelloèreale,lamenteno.“La ‘mente’ èun riflesso illusoriodeiprocessi cerebrali.Comprende tutti i pensieri

casualiedisordinatichedalsubconscioemergononellacoscienza.Lacoscienzanonèlamente, la consapevolezza non è la mente, l'attenzione non è la mente. La mente èun'ostruzione, un peso. È una specie di errore evolutivo dell'essere umano, una fallaoriginarianell'esperimentoumano.Nonsochefarmenedellamente”.Rimasiinsilenzio.Nonsapevochecosadire.Poileparolearrivarono.“Nonsonosicurodiaverecapitoiltuodiscorso,masembrisincero”.Silimitòasorridere,stringendosinellespalle.“Ma”,continuai,“devotagliarmilatestaperliberarmidellamente?”.Rise. “In effetti è una soluzione, ma ha degli effetti collaterali indesiderabili. Il

cervello è uno strumento. Può ricordare numeri di telefono, risolvere problemimatematiciocrearepoesie.Usatoinquestomodolavoraperilrestodelcorpo,comeuntrattore.Masenonriesciasmetteredipensareaunproblemamatematicooaunnumeroditelefono,oquandopensieriericordimolestitiassalgonosenzanessunaintenzionedapartetua,nonèil tuocervellochelavora,malatuamentechevaga.Alloralamenteticontrolla,iltrattoreèimpazzito”.“Capisco”.“Percapirloveramente,deviosservaretestesso.Sorgeunabolla-pensierodirabbiae

tu diventi arrabbiato. Lo stesso vale per tutte le emozioni. Sono il tuo riflessocondizionatoaipensierichenonsaicontrollare.Ituoipensierisonocomescimmiepuntedaunoscorpione”.“Socrate,penso...”.“Pensitroppo!”.“Stavoappuntoperdirtichehodavverovogliadicambiare.Èunamiacaratteristica:

sonosemprestatoapertoalcambiamento”.“Questa è una delle tue più grandi illusioni. Sì, sei sempre stato pronto a cambiare

vestiti,tagliodicapelli,donneecase.Seianchetroppopropensoacambiarequalunquecosaeccettotestesso,macambierai.Osaròioadaiutartiadapriregliocchiolofaràiltempo,manonsempreiltempoègentile”,disseminacciosamente.“Fai la tua scelta, ma prima di tutto devi realizzare che sei in prigione. Solo così

potremoprogettarelatuafuga”.Poisisedetteallascrivania,preseunamatitaecominciòacontrollaredellericevute

come un manager indaffarato. Ebbi la netta sensazione che, per quella sera, ero statocongedato.Erocontentochelalezionefossefinita.Neiduegiorni successivi, cheprestodiventarono settimane, fui troppooccupatoper

andarlo a trovare. Ma le sue parole echeggiavano nella mia mente e cominciai apreoccuparmidellorosignificato.Iniziai a tenere un diario su un piccolo notes in cui scrivevo imiei pensieri, tranne

durantegliallenamenti,quandoimieipensierisiannullavanonell'azione.Nelgirodiduegiorni fui costretto a comperare un quaderno più grande, che in una settimana era giàpieno. Rimasi sbalordito davanti alla quantità, e alla generale negatività, dei miei

processimentali.Tenere un diario accrebbe la consapevolezza del mio chiacchiericcio mentale: non

avevofattoaltrochealzareilvolumedeimieipensieri,quellamusicadisottofondodelmiosubconscio.Smisidiscrivere,maipensiericontinuavanoaurlare.ForseSocpotevaaiutarmiadabbassareilvolume.Decisidiandarloatrovare.Era in officina, impegnato a lavare con un getto di vapore ilmotore di una vecchia

Chevrolet.Stavoperdirequalcosa,quando lapiccola figuradiunaragazzadaicapelliscuri si materializzò sulla porta. Nemmeno Soc l'aveva sentita entrare, fatto davveroinsolito.Malavideunattimoprimadimeeleandòincontroconlebracciaaperte.Lagiovane donna danzò verso di lui e si abbracciarono girando attorno alla stanza. Siguardavanosemplicementenegliocchi.Socratechiedeva:“Sì?”,eleirispondeva:“Sì”.Strano,no?Iolafissavoognivoltache,girando,mipassavavicino.Eraaltapocopiùdiunmetroe

cinquanta, conun corpo sodo e un'aura di delicata fragilità. I lunghi capelli neri eranoraccoltisullatesta,rivelandounacarnagionechiaraeluminosa.Iltrattopiùnotevoledelsuovisoeranogliocchi,grandiescuri.Allafine,lamiaespressionedistuporeattiròlaloroattenzione.Socratemelapresentò.“Dan,questaèJoy”.“Joyèiltuoveronome,otichiamanocosìperchéseigioiosa?”,chiesiincercadiuna

battutaspiritosa.“Entrambe le cose”, rispose. Guardò Socrate, che annuì. Poi, con mia profonda

sorpresa,miabbracciò.Sentiiunfiottodienergiasalirelungolaspinadorsale.Fuamoreaprimavista.Joy mi guardò con i suoi grandi occhi luminosi e un sorriso malizioso, mentre io

cadevo in catalessi. “Il vecchio Buddha ti ha dato una bella strizzata!”, commentòdolcementeSoc.“Eh,sì,cosa...”.Svegliati,Dan!“Èunastrizzatachevalelapena.Losoperchéètoccataancheame”.Lamiaboccapendevatroppoperriuscireachiederespiegazioni.PoiJoysirivolsea

Socrate e disse: “Devo andare. Perché non ci vediamo tutti qui sabato alle dieci eandiamoafareunpicnicalTildenPark?Preparoioilcibo.Èprevistobeltempo.OK?”.Guardò Soc, poime. Io annuii stordito,mentre lei fluttuava fuori dall'officina senza ilminimorumore.Per il restodellasera rimasi fuorigioco.Anzi,nonriusciiacombinarenienteper il

restodellasettimana.Quandosabatofinalmentearrivò,miuniiaglialtrieciavviammoversolastazionedegliautobus.Eroatorsonudo,unpo’perprendereilsoleprimaverileeunpo’perimpressionareJoyconimieimuscoli.Prendemmol'autobusperilparcoefacemmounalungapasseggiatatraipini,ilaricie

gliolmi,facendoscricchiolarelefogliesecchesottoipiedi.Cifermammoamangiaresuunacollinettainpienosole.Misdraiaisuunacopertaperabbronzarmi,sperandocheJoysistendessevicinoame.Di colpo si alzò il vento e il cielo si annuvolò. Accidenti! Cominciò a piovere,

all'iniziounapioggerellinaleggera,poiunviolentorovescio.Afferrailacamiciaemelainfilaiimprecando.Socraterise.“Nonvedodovestiaildivertimento”,grugnii.“Siamofradici,ilprimoautobuspassa

traun'oraeilpranzoèrovinato.L’hapreparatotuttoJoyesonosicurochenonlotrovadivertente...”.Invece,ancheJoystavaridendo.

“Nonstoridendoperlapioggia”,disseSoc,“storidendodite”.Ridendoacrepapellesirotolòsullefogliebagnate,mentreJoysimiseadanzaresulmotivodiSingingintherain.GingerRogerseilBuddha:eratroppo.Lapioggia finì improvvisamentecom'era cominciata. Il sole sbucòdallenuvole e in

brevetempoasciugòtutto.“Direichelamiadanzadellapioggiahafunzionato”,disseJoy.Poisisedettedietrodimeeiniziòamassaggiarmilespallecontratte,mentreSocrate

mi diceva: “È ora che cominci a imparare dalle esperienze della vita, invece dilamentarti di quellebrutte edi crogiolarti inquellebelle,Dan.Proprio adesso ti sonostateofferteduelezioniimportanti.Tisonocadutedalcielo,percosìdire”.Mibuttaisulcibo,cercandodinonascoltare.“Inprimo luogo”,disseaddentandounacarota, “né la tuadelusionené la tua rabbia

sonostateprovocatedallapioggia”.Lamiaboccaera troppopienadipatate in insalataperprotestare.Socratecontinuò,

puntandomicontrolacarota.“Lapioggia è un fenomenonaturale.La tua delusioneper il picnic rovinato e la tua

gioiaquando il soleè tornato,erano ilprodottodei tuoipensieri.Nonavevanonullaachevedereconifattireali.Nontiseimaisentitoinfeliceduranteunafesta?Èovviochela causadei tuoi stati d'animoè la tuamente, nongli altri o la situazione.Questa è laprimalezione”.Poipassòall'insalatadipatate.“Lasecondalezioneèchetiseiarrabbiatoancoradi

piùquandohaivistochelapioggianonhainfluitosulmioumore,facendoistintivamenteil raffronto tra teeunguerriero.Odueguerrieri, sepreferisci”.Strizzò l'occhioa Joy.“Non ti è piaciuto, vero Dan? Adesso, forse capisci quanto è necessario uncambiamento”.Imbronciato, rimuginai quelle parole. Non mi accorsi quasi che lui e Joy si erano

allontanati.Ricominciòapiovigginare.SocrateeJoyritornaronoeSocsimiseasaltellaresuegiùmimandoilmioprecedente

comportamento. “Dannata pioggia!”, urlò. “Il nostro picnic è rovinato!”. Continuò apestare i piedi infuriato, poi si fermò a metà di un gesto strizzandomi l'occhio esogghignandoconariaastuta.Infinesi tuffòinunmucchiodifogliebagnatefingendodinuotare.Joysimiseacantareoaridere,noncapivobene.Milasciaiandareecominciaiarotolarmiconlorosullefogliebagnate,facendolalotta

conJoy.Erocontento,ecredolofosseanchelei.Corremmoedanzammoselvaggiamentefinoalmomentodelritorno.Joysidivertivacomeunabambina,senzaperderelequalitàdiunadonnaguerriero.Erocottodilei.Mentre l'autobusondeggiavagiùper i tornantidellecollinechesiaffacciavanosulla

baia,ilcielosicoloròdeirosaedegliorideltramonto.Socratefeceunvanotentativodiriassumerelesuelezioni,maioloignorai,rannicchiandomicontroJoysulsediledietrodilui.“Mmm,potrei avere la tuaattenzione?”.Si sporse sopra il sedile,miafferrò ilnaso

condueditaemivoltòlafacciaversodilui.“Cosavuoi?”,reagiiseccamente.Joymistavaparlandoall'orecchiomentreSocratemi

stringevailnaso.“Preferireiascoltarelei”,dissi.“Leiticondurràsoltantosullaviadelpiacere”,sogghignòliberandomiilnaso.“Anche

unoscioccoragazzoinnamoratononpuòfareamenodivederecomelasuamentecreilesuedelusionielesue...gioie”.

“Unasceltadiparoledavveroappropriata!”,dissiperdendominegliocchidiJoy.Mentre l'autobuscontinuavaascenderecontemplammoinsilenzioSanFranciscoche

accendevalesue luci.L’autobusfeceunafermataallafinedelladiscesa.Joysialzòdiscattoescese,seguitaaruotadaSocrate.Mialzaiperscendereconloro,maSocsigiròemiordinò:“No”.Nient'altro.Fermasulmarciapiede,Joymiguardava.“Joy,quandotirivedrò?”.“Forsepresto.Dipende”,disse.“Dipendedacosa?”,esclamai.“Aspetta,nonandartene”.Eall'autista:“Apra,voglio

scendere!”Mal'autobuseragiàripartito.JoyeSocscomparveronellasera.La domenica sprofondai in una profonda depressione su cui non avevo nessun

controllo. Lunedì, a lezione, non sentii una sola parola. Durante l'allenamento erodistrattoesenzaenergia.Nonavevopiùmangiatodalgiornodelpicnic.Mipreparaipertornareallastazionediservizioil lunedìsera.Seavessi incontratoJoy, l'avreirapitaosareifuggitoconlei.LeieralàcheridevaassiemeaSocrate.Misentiiunestraneoemichiesisestessero

ridendodime.Entrai,mitolsilescarpeemigettaisuldivano.“Ciao,Dan”, disse Socrate. “Sei più intelligente di sabato?”. Joy sorrise,ma il suo

sorrisomiferì.“Nonerosicurochesarestivenutoquestasera,Dan,perpauradisentirtidire qualcosa che non volevi sentire”. Le sue parole erano come piccole martellate.Strinsiidenti.“Rilassati,Dan”,disse Joy.Sapevoche stavacercandodi aiutarmi,mami sentivoa

disagio,criticatodaentrambi.“Dan”, continuòSocrate, “devi osservarti. Se rimani cieco alle tue debolezze, come

potraicorreggerle?”.Non riuscivo neanche a parlare. Quando lo feci, la mia voce tremava di rabbia e

autocommiserazione. “Ma io mi sto osservando...”. Non volevo fare la figura dellostupidodifronteaJoy.Impietosamente,Socratecontinuò.“Latuaciecaobbedienzaai tuoistatid'animoeai

tuoi impulsi è un errore gravissimo. Se continui così rimarrai te stesso e non riesco aimmaginareundestinopeggiore!”.RisedigustoeJoyannuìinsegnodiapprovazione.“L’haifattoarrabbiare”,ridacchiòrivoltaaSocrate.Strinsiipugniecercaidicontrollarmi.“Nonsieteaffattodivertenti”.Socratesiappoggiòcomodamentealloschienale.“Seiarrabbiatoenonriescineppure

a nasconderlo. La tua rabbia è la prova della testardaggine delle tue illusioni. Perchédifendi un io a cui non credi neppure? Quando si deciderà a crescere il piccoloasinello?”.“Ascoltami bene, vecchio pazzo!”, mi sentii urlare. “Io stavo benissimo finché ho

incontratote.Tusembripienodisofferenza,nonio.Sonodepresso,sì,masoloquandosonoconte!”.NéJoynéSocratedisserounaparola.Silimitaronoadannuire,fingendosicomprensivi

ecompassionevoli.Dannazioneallalorocompassione!“Voipensatechetuttosiachiaro,sempliceedivertente.Nonvicapisco,enonvoglionemmenocapirvi”.Accecato dalla vergogna e dalla confusione, uscii giurando a me stesso che avrei

dimenticato lui, avrei dimenticato lei e avrei dimenticato di essere entrato in quellastazionediservizioinunanottestellata.Malamiaindignazioneerafalsa,losapevo.Quelcheerapeggio,sapevochelorolo

sapevano.Eroaterra,misentivocomeunbambino.Potevosopportaredifarelafigura

dellostupidodifronteaSocrate,manondavantialei.Erosicurodiaverlaperdutapersempre.Correndoallacieca,miritrovainelladirezioneoppostaaquelladicasamia.Entraiin

unbarsullaUniversityAvenue,vicinoaGroveStreet.Miubriacaietornandoacasaerogratoaquell'incoscienza.Non potevo farmi rivedere. Decisi di riprendere la normale vita che avevo

abbandonatomesiprima.Migettainellostudioarretrato.Susiemiprestòisuoiappuntidistoria eunmio compagnodi squadraquelli di psicologia.Studiavo fino anotte fonda,immersoneilibri.Dovevoricordaretantecoseedimenticarnetantealtre.Mi allenai fino all'esaurimento.All'inizio, l'allenatore e imiei compagni di squadra

accolsero con gioia lamia rinnovata energia.Rick e Sid, imiei amici più cari, eranostupiti della mia audacia durante gli esercizi. “Dan vuole suicidarsi”, scherzavano.Provavo tutti gli esercizi, che li avessi preparati omeno.Tutti pensavanochemi fossifattoun'iniezionedicoraggio,perchénontremavodavantianiente.Semifossifattomale,almenoavreiavutounvalidomotivoperildolorechesentivodentro.Dopo un po’, Rick e Sid smisero di scherzare. “Dan, ti sei visto che occhiaie? E

quant'èchenontiradi?”,michieseRick.Siddissechestavodimagrendotroppo.“C'èqualcosachenonva,Dan?”.“Sonoaffarimiei”,sbottai.“Scusami,Sid.Nonpreoccuparti,vatuttobene”.“Beh,ognitantofattiunadormita,altrimentinonresteràpiùnientedite”.“Sì,certo”.Nonglidissichenonmisarebbeimportatosedimenonfosserimastopiù

niente.Trasformai anche l'ultimo filo di grasso in muscoli. Sembravo una statua di

Michelangelo.Anchelamiapellesembravadimarmo,lucidaetrasparente.Andavoalcinemaquasiognisera,manonriuscivoatogliermidallatestal'immagine

diSocratelà,nelsuoufficio,forseincompagniadiJoy.Avolteliimmaginavosedutiarideredime.Seloroeranodeiguerrieri,forseioerolaloropreda.Non frequentavo né Susie né altre donne. Scaricavo tutta l'energia sessuale negli

allenamenti e il sudore laportavavia.Comeavreipotutoguardarealtriocchi,oracheavevovistoquellidiJoy?UnanottemisvegliaronodeicolpiallaportaesentiilatimidavocediSusie:“Danny,cisei?Dan?”.Poiinfilòunbigliettosottolaporta.Nonmialzainemmenoperleggerlo.Lamiavitadivenneunacontinuaprova.Lerisatefelicideglialtrieranodelleferite.

Immaginavo Socrate e Joy che ridacchiavano come due vecchie streghe, complottandocontrodime.Ifilmavevanopersoillorofascinoequalunquecibosapevadidentifricio.Ungiorno,alezione,mentreilsignorWatkinsanalizzavaleinfluenzesocialidiquestooquell'altro personaggio storico,mi alzai emi sentii urlare con tutto il fiato che avevo:“Stronzate!”.Watkinsmiignorò,matuttigliocchi,circacinquecentopaia,eranopuntatisudime.Ungrandepubblico.Gliel'avreifattavedereio.“Stronzate!”,urlaidinuovo.Cifuronoapplausierisate.Watkins,chenonperdevamailasuaflemmainglese,chiese:“Avrebbelacompiacenza

diargomentareilsuointervento?”.Avanzai verso la cattedra, desiderando improvvisamente di essermi sbarbato e di

indossare una camicia pulita.Mi piazzai davanti aWatkins. “Cosa c'entra tutta questarobaconlafelicità,conlavita?”.Ilpubblicomidedicòaltriapplausi.Capiichemistavavalutando per vedere se ero pericoloso, e decise che lo ero.Magnifico! Provavo unasicurezzachenonavevomaiavuto.

“Probabilmente ha ragione, almeno in parte”, accondiscese pacatamente. Mio Dio,assecondato di fronte a cinquecento persone! Sentii il bisogno di spiegare com'era lafaccenda, di farli capire. Mi voltai verso i miei compagni e iniziai a narrare il mioincontroconuomoinunastazionediserviziochemiavevafattovederechelavitanoneraquellachesembrava. Iniziaia raccontare la storiadel re sullacollina, solo, inunacittàimpazzita.All'iniziocifuunsilenziomortale,poiqualcunorise.Perché?Nonc'eranientedaridere.Continuaiconlastoria,maunamareadirisatetravolseilmiouditorio.Eranopazziloro,oilpazzoeroio?Watkinsmi sussurròqualcosa,manon lo sentii.Continuai a dire tutto quello chemi

passava per la mente. Poi capii quello che mi stava dicendo: “Suppongo che ridanoperchéha la cerniera dei pantaloni aperta”.Mortificato,mi guardai i pantaloni e poi imiei compagni. No, non di nuovo la figura dello sciocco! Non un'altra volta l'asino!Scoppiaiapiangere,elerisatemorirono.Corsifuoridall'edificiodelleauleecontinuaiacorrerepertuttoilcampusfinoanon

averepiùfiato.Incrociaidueragazzeemisembraronodeirobotdiplastica,delleinutilitàsociali.Ancheloromifissaronocondisgusto.Guardai i miei vestiti sporchi e probabilmente puzzolenti. Avevo i capelli lunghi e

arruffati, non mi rasavo da giorni. Mi ritrovai nell'edificio dell'associazione studentisenza ricordare come vi ero arrivato, mi lasciai cadere su una sedia di plasticaappiccicosaemiaddormentai.Sognaidiesseretrafittodaunaspadascintillantementreero in groppa al cavalluccio di legno di una giostra che girava e girava... mentre iocercavodiscendere.Suonavaunamusicamalinconicaestonata,dietrolaqualeudiiunaterribilerisata.Misvegliaistorditoemiavviaibarcollandoversocasa.Seguivolaroutinedellelezionicomeunfantasma.Ilmiomondosistavarovesciando

intutti isensi.Avevotentatodiriprendere levecchieabitudini,dirinnovare l'interesseperlostudioegliallenamenti,manienteavevapiùsenso.I professori continuavano a blaterare sul Rinascimento, sui riflessi condizionati dei

topiesulperiododellamaturitàdiMilton.Camminavocomeinsognotra isit-indeglistudenti che dimostravano in Sproul Plaza, ma nulla di tutto quello aveva il minimosignificato.Ilpoterestudentescononmiattirava,ledroghenonpotevanodarmisollievo.Ecosìandavoalladeriva,stranieroinunaterrastraniera,dilaniatotraduemondiesenzavolontàdiaggrapparmianessunodeidue.Un pomeriggio andai a sedermi in un boschetto di sequoie alla fine del campus,

attendendol'oscuritàepensandoalmodomigliorepersuicidarmi.Nonappartenevopiùaquestaterra.Nonsapevocome,maavevopersolescarpe;avevounsolocalzinoeimieipiedieranorossidisanguerappreso.Nonsentivodolore,nulla.Decisididarel'ultimoaddioaSocrate.Midiressiversolastazionediservizioemi

fermaialdiquadellastrada.Stavafinendodirifornireun'auto,mentreunadonnaeunabambina di circa quattro anni camminavano verso di lui. Non credo che la donna loconoscesse,forsevolevasoltantochiedereun'informazione.Improvvisamentelabambinaglicorseincontro.Socratelasollevòdaterraeleigligettòlebracciaalcollo.Ladonnacercòdiallontanarelafiglia,malabambinanonvolevastaccarsi.Socrateriseeledissequalcosamentreladeponevagentilmenteaterra.Poisiabbassòesiabbracciarono.Mi colse un'indicibile tristezza e scoppiai a piangere. Il mio corpo tremava

violentemente.Mivoltai,corsiperalcunecentinaiadimetriecrollaiaterra.Erotroppoesausto per andare a casa, per fare qualunque cosa. Forse fu quello a salvarmi. Misvegliai nell'infermeria. Nel braccio avevo l'ago di una flebo. Qualcuno mi aveva

sbarbatoelavato.Finalmenteriposavo.FuidimessoilpomeriggiosuccessivoechiamaiilCowellHealthCenter.“IldottorBaker,perfavore”.Altelefonoc'eralasuasegretaria.“Mi chiamo Dan Millman. Vorrei fissare un appuntamento con il dottore appena

possibile”.“Certo, signorMillman”, disse la voce ottimistica e professionalmente rassicurante,

tipicadella segretariadi unopsichiatra. “Potrebbe iniziareuna seriedi sedutemartedìprossimoall'una.Leandrebbebene?”.“Primanonèpossibile?”.“Temodino...”.“Miuccideròmoltoprimadimartedì”.“D’accordo.Oggipomeriggioalledue?”,proposesenzaminimamentescomporsi.“Perfetto”.“Alloraalledue,signorMillman”.

IldottorBakereraunuomoaltoecorpulento,conun leggero ticall'occhiosinistro.Dicolpo mi passò tutta la voglia di parlare con lui. Da dove cominciare? “Senta, herrDoktor.HouninsegnantedinomeSocratechesaltasullacimadeitetti,no,nondai tetti,questoèquellochestopensandodifareio.E...sì,mifaviaggiareinaltriluoghieinaltritempi...iodiventoilventomamisentoancheunpo’depresso...sì,glistudivannobene,sonounastardellaginnasticaevogliosuicidarmi”.Mialzai.“Grazieperavermidedicatoilsuotempo,dottore.Improvvisamentemisento

benissimo.Volevo soltanto vedere comevive lametàmigliore dell'umanità.È stato unpiacere”.Bakercominciòaparlare,cercandolacosa‘giusta’dadire,maiomeneandaieacasa

mirifugiainelsonno.Dormiresembravalacosamiglioredafare.Quellaseramitrascinaifinoallastazionediservizio.Joynonc'era.Unapartedime

rimase sinceramentedelusa: avrei tantovolutoguardarlanegli occhi, stringerla e farmistringeredalei.Maunapartedimesisentìsollevata.Eradinuovounfacciaafaccia:Soceio.Noncommentò lamiaassenza.Dissesoltanto:“Sembristancoedepresso”.Lodisse

senzatracciadipietà.Imieiocchisiriempironodilacrime.“Sì,sonodepresso.Sonovenutoadirtiaddio,telodevo.Sonobloccatoametàstrada

enonriescoagestirelasituazione.Nonvogliopiùvivere”.“Sbaglisuduecose,Dan”,dissesedendosiaccantoamesuldivano.“Anzituttononsei

affattoametàstrada,maseimoltovicinoallafinedeltunnel.Lasecondacosa”,aggiunsesussurrandomiall'orecchio,“èchenonstaiaffattoperucciderti”.Lofissai.“Comefaiadirlo?”.

Inquelmomentorealizzaichenoneravamopiùnell'ufficio,mainunastanzad'albergodapochi soldi. Non potevo sbagliarmi: il tipico odore dimuffa, i tappeti consunti, i duepiccolilettieunospecchiorottodirecupero.“Che succede?”. La vita era improvvisamente ritornata nellamia voce. Quei viaggi

eranosempreunoshockperilmioorganismo.Sentivol'energiarifluire.“Èinattountentativodisuicidio.Solotupuoiimpedirlo”.“Nonstoancoracercandodiuccidermi”,dissi.“Nontu,sciocco.Ilragazzofuoridallafinestra,sulcornicione.Frequental'università

dellaCalifornia.SichiamaDonald,giocaacalcioestudiafilosofia.Èall'ultimoannoenonvuolepiùvivere.Dattidafare”,emiindicòlafinestra.“Socrate,nonposso”.“Alloramorirà”.Guardai dalla finestra e vidi, quindici piani più in basso, un capannello di figure

minuscolecheguardavanoinsu.Sullostrettocornicione,atremetridame,c'eunragazzocondeiLevi'smarronieunamaglietta.Guardavalastradaesipreparavaasaltare.Per non spaventarlo, lo chiamai dolcemente. Non mi sentì. Lo chiamai di nuovo.

“Donald!”.Alzò di scatto la testa rischiando di perdere l'equilibrio. “Non avvicinarti!”. E

aggiunse:“Comefaiasaperechisono?”.“C'èquiunamicocheticonosce,Donald.Possosedermisulcornicioneeparlarecon

te?Nonmiavvicinerò”.“No, basta parole”. Il suo viso era privo di espressione e la sua voce monotona

sembravaprivadivita.“Don...TichiamanoDon?”.“Sì”,risposeautomaticamente.“OK,Don,lavitaètua.Comunque,ilnovantanovepercentodellepersonediquesto

mondositoglielavita”.“Chediavolostaidicendo?”,dissementreunfilodivitaritornavanellasuavoce.Si

tennepiùsaldamentealmuro.“Te lo spiego. Ilmodo in cui le persone vivono le uccide. Sai cosa intendo, vero?

Possonometterci trentaoquarant'anniasuicidarsiconlanicotina, l'alcol, lostresso ilcibo.Masiuccidonotutti”.Guadagnaiqualchecentimetro.Dovevoscegliereleparoleconcura.“IomichiamoDan.Mipiacerebbeparlareconte,probabilmenteabbiamodellecose

incomune.Anch'iosonounatleta,facciopartedellasquadradiginnasticadiBerkeley”.Miaccorsichetremava.“Don,incomincioadavereunpo’dipauraastaresedutoquisulcornicione.Mialzerò

per aggrapparmi a qualcosa, OK?”. Mi alzai lentamente. Anch'io tremavo. “Gesù”,pensai.“Cosastofacendosuquestocornicione?”.Gliparlaidinuovodolcemente,cercandodicreareunpontetranoi.“Don,cisaràun

magnificotramontoquestasera.IlventosoffiadaSantaAnaespazzeràvialenuvole.Seisicurodinonvolerpiùvedereunaltrotramontooun'altraalba?Seisicurodinonvolerfarepiùgiteinmontagna?”.“Nonlehomaifatte...”.“Lassù tutto è puro: l'acqua, l'aria. Sei immerso nel profumo degli aghi di pino.

Potremmoandarciassieme.Chenepensi?Sepropriovuoiucciderti,puoisemprefarlodopoavervistolemontagne”.Avevodettotuttoquellocheavevodadire.Oratoccavaalui.Mentreparlavo,dentro

dimecrescevalasperanzachevivesse.Eroamenodiunmetrodalui.“Fermati!”, gridò. “Voglio morire... voglio morire adesso”. Rinunciai. “D’accordo,

alloraverròconte.Iohogiàvistoquelledannatemontagne”.Perlaprimavoltaalzòlosguardosudime.“Dicisulserio?”.“Sì,sulserio.Chivaperprimo,tuoio?”.“Seimatto?”,esclamò.“Perchévuoimorire?Tustaibene,avraiunmucchiodicose

percuivivere...”.

“Don,nonsoqualisianoituoiproblemi,maimieisonopiùgrossideituoi.Tunonnehaiidea.Maadessobasta,anch'iosonostufodiparole”.Guardaiinbasso.Noneradifficile:bastavasporgersielasciarechelaforzadigravità

facesse il resto. Finalmente avrei dimostrato al presuntuoso, vecchio Socrate che sisbagliava. Potevo uscire di scena ridendo. Avrei potuto urlare: “Avevi torto, vecchiobastardo!”,mentremisfracellavoprivandomipersempredeifuturitramonti.“No,non farlo!”.EraDonche tendeva lamanoversodime.Esitaiunattimo,poi la

afferrai. Mentre lo guardavo negli occhi, il viso di Don cominciò a trasformarsi.Rimpiccioliva.Icapellidiventaronopiùscuri, ilcorpopiùsolido.Stavoguardandomestesso.Poilamiaimmaginescomparveemiritrovaidasolo.Sorpreso, feci un passo indietro e scivolai. Caddi avvitandomi su me stesso. Con

l'occhiodellamentevidiilterribilespettroincappucciatochemiaspettavamalignamentelà in fondo.Udii la voce di Soc da qualche parte sopra lamia testa: “Decimo piano:biancheriaintimaeperlacasa.Ottavo:elettrodomesticiearticolifotografici”.

Erosdraiatosuldivanodell'ufficio.Socerachinosudimeesorrideva.“Allora?Haiancoravogliadiucciderti?”.“No”.Avevopresodinuovosudimeilpesoelaresponsabilitàdellamiavita.Glielo

dissi.Mimiseunamanosullaspallaedissesoltanto:“Continuacosì,Dan”.Primadiandarmene,chiesi:“Dov'èJoy?Vogliorivederla”.“Almomentogiusto.Forsetraunpo'”.“Parlarlemirenderebbelecosepiùfacili”.“Chihadettochelecosesonofacili?”.“Socrate”,insistetti,“devovederla!”.“Nondevifarenient'altrochesmetteredivedereilmondodalpuntodivistadeituoi

desideripersonali.Liberatene!Quandoperderailatuamenteritroveraitestesso.Finoaquelmomentovogliochetucontinuiaosservareilpiùpossibilelecianfrusagliedellatuamente”.“Anchesolotelefonarle...”.“Fallafinita!”,abbaiò.Nelle settimane successive, lo strepito della mia mente regnò sovrano. Pensieri

disordinati, casuali, stupidi; sensi di colpa, ansie, desideri... Un sottofondo ossessivo.Persinonel sonno, l'assordante colonna sonoradeimiei sognimi lacerava leorecchie.Socrateavevasempreavutoragione.Eroinprigione.Erano le dieci di un martedì sera quando corsi alla stazione di servizio.

Catapultandomi nell'ufficio, urlai: “Socrate, impazzirò se non riesco a spegnere questofracasso!Lamiamenteèincontrollabile,propriocomehaidettotu”.“Moltobene”,commentò.“Questaèlaprimarealizzazionediunguerriero”.“Sequestoèunprogresso,voglioregredire”.“Dan,sesalisuuncavalloselvaggiochecrediaddomesticato,checosaaccade?”.“Tidisarcionaotiprendeacalcisuidenti”.“Lavita,nelsuobuffomodo,tihapresoacalcisuidentimoltevolte”.Nonpotevonegarlo.Nonpiù.“Seinvecesaicheèuncavalloselvaggio,puoiavvicinarlonelmodogiusto”.“Pensodicapire,Socrate”.“Intendidirechecapiscidipensare?”.Me ne andai con l'istruzione di rendere stabile lamia ‘realizzazione’. Feci delmio

meglio. La mia consapevolezza era cresciuta negli ultimi mesi, ma quando ritornaiportavo con me sempre le stesse domande. “Socrate, finalmente ho realizzato tutta laportatadelmiostrepitomentale,macomefaccioadomare ilcavalloselvaggio?Comefaccioaspegnerequestorumore?Come?”.Sigrattòlatesta.“Beh,credochedovraisviluppareilsensodell'umorismo”.Scoppiò

a ridere, poi sbadigliò e si stirò, non come fanno gli esseri umani, che distendono lebraccia,ma come un gatto. Arcuò la schiena e sentii la sua spina dorsale fare crack-crack-crack.“Socrate,saichetistiricomeungatto?”.“Sì,èprobabile”,risposeconnoncuranza.“Èunabuonapraticaimitarelequalitàdegli

animali,esattamentecomedovremmoimitarelequalitàpositivediqualcheessereumano.Ammiroigatti,simuovonocomeguerrieri.Tu,però,haipresomoltodagliasini.Èoradicominciareadampliareiltuorepertorio,noncredi?”.“Già”, risposi tranquillamente,ma ero arrabbiato. Lo salutai e tornai a casa presto,

pocodopomezzanotte.Dormiicinqueoreprimachelasvegliasuonasse,poiritornaiallastazionediservizio.Inquelmomentopresisegretamenteunadecisione.Nonavreipiùrecitatolapartedella

vittima, di qualcuno a cui Soc potesse sentirsi superiore. Sarei stato il cacciatore, gliavreitesodegliagguati.Il suo turno terminavaun'oraprimadell'alba.Minascosi tra i cespugli con l'ideadi

seguirloe,forse,difarmiportaredaJoy.Sbirciandoattraverso le foglieosservaiognisuamossa. Imieipensieri siplacarono

nell'intensitàdella concentrazione.Volevo scoprire comeviveva fuoridalla stazionediservizio,unpuntosucuiavevasempretaciuto.Bene,avreitrovatodasololerisposte.Lo guardavo con la fissità di un gufo. Ammirai, come mai prima, il suo modo

armonioso di muoversi. Come un gatto. Lavava i vetri delle auto senza sprecare unmovimentoeinfilavalapompadellabenzinaneiserbatoicomeunartista.Poientrònell'officina,probabilmenteperlavoraresuun'auto.Cominciavoastancarmi.

Il cielo era già chiaro quandomi svegliai da quelli che avrebbero dovuto essere solopochisecondiaocchichiusi.Ohno,l'avevoperso!Poi lo vidi di nuovo. Si preparava ad andarsene. Provai un tuffo al cuore mentre

usciva,attraversavalastradaesidirigevaversoilpuntoincuieroacquattato,irrigidito,tremanteedolorante,mabennascosto.Minascosimeglioecalmaiilmiorespiro.Unpaiodisandalimipassòdavanti,anon

piùdiunmetrodalmionascondiglio.Isuoipassileggerinonproducevanonessunsuono.Giròadestra.Rapido,macauto,sgattaiolaidietrodi luicomeunoscoiattolo.Socratecamminavaa

passisorprendentementeveloci.Lesue lunghefalcaterendevanodifficilestarglidietro.Credevo di averlo perso quando, in lontananza, vidi una testa bianca entrare nellabiblioteca del campus. ‘Che diavolo andava a fare là dentro?’,mi chiesi. Vibrante dieccitazione,loseguii.Varcato l'imponente portone di legno incrociai un gruppodi studenti del primo anno

che mi fissarono ridendo. Li ignorai, continuando a seguire la mia preda lungo uncorridoio. Lo vidi svoltare a destra e scomparire. Mi misi a correre. Non potevosbagliarmi.Era entrato in quella porta.Era la toilette degli uomini e non c'era un'altrauscita.Nonosai entrare emi appostai dietrouna cabina telefonica.Passaronodieciminuti,

ventiminuti.Nonpotevaesseresvanitonelnulla.Lamiavescicami inviavasegnalidiurgenza.Dovevoentrarenellatoilette,nonsolopertrovareSocrate,mapersoddisfareunimpellentebisogno.Perchéno?Dopotutto,quellaerailmioambiente,nonilsuo.L’avreicostrettoaspiegarsi,ancheseforsesarebberisultatoimbarazzante.All'iniziononvidinessuno.Dopoaverfattoquellochedovevo,miguardaiattornocon

attenzione.Nonc'eraaltrauscita,quindidovevaessereancoralì.UntaleuscìdaunWCemisquadrò:eropiegatoindueestavosbirciandosottoleporte.Siaffrettòadandarsene,conun'ariamoltoperplessaescuotendolatesta.Tornaiallamiaricerca.Michinaiperdareun'occhiatasotto l'ultimaporta.Laprima

cosa che vidi fu il tallone di un paio di piedi infilati nei sandali, poi apparveall'improvvisoilvisodiSocalcontrario,chemiguardavasogghignando.Erapiegatoinavanti,conlatestatralegambe.Mi ritrassi, sorpreso e imbarazzato. Chemotivo potevo addurre per ilmio bizzarro

comportamento?Socratespalancòlaportaescoppiòinunprorompente:“Wow,unuomopuòdiventare

stiticoquandovienebraccatodaungiovaneguerriero!”.Mentrelasuarisataecheggiavasullepiastrelledelbagno,arrossii.Mel'avevafattaun'altravolta!Potevoquasisentirelemieorecchied'asinoallungarsi.Tremavodivergognaedirabbia.Sentiilamiafacciaimporporarsi.Miguardainellospecchioelà,elegantementelegato

ai miei capelli, c'era un vivace nastro giallo. Il quadro andò a posto: le risate deglistudenti, l'espressione perplessa dell'uomo che mi aveva fissato... Socrate dovevaavermelomessointestamentremieroaddormentatotraicespugli.Sconfitto,migiraieuscii.Mentre laporta si chiudevadietrodime,udiiSocratechemidiceva,non senzauna

puntadisimpatianellavoce:“Soloperricordartichièl'insegnanteechil'allievo”.Quel pomeriggiomi allenai comeun indiavolato.Non rivolsi la parola a nessuno e,

saggiamente,nessunomichieseniente.BruciavodirabbiaegiuraicheavreifattotuttoilpossibileperchéSocratemiriconoscessecomeunguerriero.Uncompagnodisquadramifermòmentreuscivoemidiedeunabusta.“Qualcunol'ha

lasciatanell'ufficiodell'allenatore.Èindirizzataate,Dan.Untuofan?”.“Nonloso.GrazieHerb”.Usciieapriilabusta.Suunfogliobiancoc'erascritto:“Larabbiaèpiùpotentedella

paura,piùpotentedeldolore.Iltuospiritosistarafforzando.Seiprontoperlaspada.Socrate”.

Liberarsi

Ilmattinosuccessivo,lanebbiacoprivalabaianascondendoilsoleestivoerinfrescandol'aria.Misvegliaitardi,preparaiiltèemangiaiunamela.Accesiiltelevisoreportatile,presiunascatoladibiscottieneversaiqualcunoinunpiatto.Scelsiunasoapoperaemiimmersi nei problemi degli altri. Mentre guardavo ipnotizzato la storia che scorrevadavantiaimieiocchi,allungaiunamanoperprendereunaltrobiscottoescopriiche ilpiattoeravuoto.Avevomangiatotuttiqueibiscotti?PiùtardiandaiafarejoggingattornoaedwardsField.Mimisialpassoconuntaledi

nomeDwight, chemi disse di lavorare allaLawrenceHall ofScience.Fui costretto achiedergli il nome una seconda volta, poiché la prima non l'avevo ‘afferrato’,un'ennesima prova della mia scarsa attenzione e della mia mente vagabonda. Dopoqualchegiro,Dwightfeceuncommentosullabellezzadelcieloterso,senzaunanuvola.Ero così immerso neimiei pensieri che non avevo nemmeno guardato il cielo. Poi luiimboccò un lungo percorso (la sua specialità era la maratona) e io ritornai a casapensandoallamiamente:un'attivitàelusivacomenessun'altra.In palestra riuscii a mantenere l'attenzione concentrata su ogni mio movimento, ma

quando finivo un esercizio i miei pensieri ritornavano a oscurare la lucidità dellapercezione.Quellaseraandaiprestoallastazionediservizio,sperandodiincontrareSocrateprima

dell'iniziodel turno.Avevo fatto tutto ilpossibileperdimenticare l'incidenteneibagnidella biblioteca ed ero pronto ad accettare qualunque antidoto Socrate mi avessesuggeritopercurarelamiamenteiperattiva.Attesi.ArrivòmezzanotteepocodopoancheSocrate.Appena entrati nell'ufficio iniziai a starnutire emi soffiai il naso.Avevoun leggero

raffreddore. Socmise sul fuoco l'acqua per il tè e io, come al solito, attaccai con ledomande.“Socrate, come faccio a fermare i pensieri e la mente, a sviluppare il senso

dell'umorismo?”.“Primadituttodevicapiredadovevengonoipensieri,dadovesorgono.Peresempio,

adesso hai il raffreddore; i sintomi fisici ti dicono che il tuo corpo ha bisogno diriequilibrarsi,diripristinarelagiustarelazioneconlalucedelsole,l'ariafrescaeilcibosemplice.Allostessomodo,ipensieristressantiriflettonounconflittoconlarealtà.Lostressnascequandolamentefaresistenzaaciòchec'è”.Arrivòun'automobileconunacoppiaanzianavestitainmodomoltoformale.Sedevano

rigidicomescope.“Vieniconme”,midisseSoc.Sitolselagiaccaaventoelacamiciasportiva,rivelandounpettoedellespalletorniti,conmuscoliasciuttiescattantisottouna

pelleluminosaeinsalute.Siavvicinòall'uomoesorriseallacoppiascioccata.“Cosapossofarepervoi,gente?

Benzinaperalimentarelospirito?Olioperammorbidireglispigolidellagiornata?Unabatteria nuova per dare un po’ di carica alla vita?”. Strizzò l'occhiomaliziosamente erimase lì, sorridente, mentre l'auto faceva un balzo in avanti e si allontanava a tuttavelocità. Si grattò la testa. “Forse si sono improvvisamente ricordati di aver lasciatoapertounrubinetto”.Mentre sorseggiavamo tranquillamente ilnostro tè,Socratemi spiegò la sua lezione.

“Haivisto?Queidueresistevanoaunasituazionecheperloroeraanomala.Condizionatidaipregiudiziedallepaurenonhannosaputo rispondereconspontaneità.Avrei potutoessereilmomentopiùdivertentedellalorogiornata...Vedi,Dan,quandoresistiaciòcheaccade, la tuamente comincia a correre,ma gli stessi pensieri che ti disturbano sonocreatidate”.“Latuamentefunzionainmododiverso?”.“Sìeno.Lamiamenteècomeunostagnosenzaincrespature.Latuamente,invece,è

pienadiondeperché tisentiseparato,spessominacciato,dauneventononpianificato,imprevisto.Latuamenteècomeunostagnoincuièstatoappenagettatounmasso”.Loascoltavofissandoilfondodellamiatazzadatè.Poisentiiuntoccoleggerodietro

leorecchie.Lamiaattenzionesiintensificò.Fissaisemprepiùprofondamentenellatazza,semprepiùgiù...

Erosott'acquaeguardavoversol'alto.Eraridicolo!Erocadutodentrolamiatazzadi tè? Avevo pinne e branchie come un pesce.Mossi la coda e sfrecciai verso ilfondo,dovetuttoerapaceesilenzio.Improvvisamente un masso colpì la superficie dell'acqua. Le onde d'urto mi

scagliarono indietro.Lemiepinnesiagitaronoe fuggii incercadiunrifugio.Minascosi finché tutto ritornò tranquillo.Con il tempomiabituaiallepiccolepietreche qualche volta cadevano nell'acqua, creando delle piccole increspature. Ma imassipiùgrossimifacevanoancorasussultare.

Ero sdraiato sul divano in unmondo di nuovo asciutto e guardavo a occhi sbarrati ilsorrisodiSocchinosudime.“Socrate,èincredibile!”.“Sonocontentochetisiafattounabellanuotata.Orapossocontinuare?”.Nonatteselarisposta.“Eriunpescemoltonervoso,scappavidavantialleincrespatureunpo’troppogrosse.

Poi ti sei abituato,manon capivi ancora la causadi quello che avveniva.Puoi intuirecomeunpesceabbiabisognodiunenormesaltodiconsapevolezzaperampliarelasuavisionealdilàdell'acquaincuièimmersoescoprirelacausadelleincrespature.Datesi richiede un simile salto di consapevolezza. Quando vedrai con chiarezza la causa,capiraiche le increspaturedella tuamentenonhannonullaache farecon te.Allora leosserverai, senza attaccamento e senza reazioni automatiche ogni volta che cade unapietruzza. Quando smetterai di prendere tanto sul serio i tuoi pensieri, sarai liberodall'agitazionedelmondo.Ricorda:quandoqualcosatidisturba,lasciaandareipensierieguardalatuamente!”.“Ecome?”.“Unadomandanientemale!Comeiltuoaddestramentofisicotihainsegnato,imparare

afareunsalto,delcorpoodellaconsapevolezza,nonsi fa inunavoltasola.Richiedetempo e pratica. E la pratica per indagare la sorgente delle tue increspature è lameditazione”.Dopoquestograndiosoannuncio, si scusòeandò inbagno.Era ilmomentodi fargli

una sorpresa. Per farmi sentire attraverso la porta del bagno, urlai dal divano: “Ti hopreceduto,Socrate.Sonoentratoinungruppodimeditazioneunasettimanafa.Hopensatochedovevofarequalcosadasoloperquestavecchiamente.Stogiàmigliorandoilmiorilassamentoeincomincioadavereunpo’dicontrollosuimieipensieri.Hainotatochesonopiùcalmo?Infatti...”.La porta del bagno si spalancò e Socrate mi si avventò contro con un urlo

agghiacciante,brandendounascintillantespadadasamurai!Primachepotessireagire,laspadasiabbassòfendendosilenziosamentel'ariaesifermòapochicentimetridallamiatesta.Guardailaspada,poiSocrate.Miregalòunampiosorriso.“Maledizione,me la sono fatta sotto!”,dissi senza fiato.La lama si alzò lentamente.

Sospesa sulla mia testa, sembrava catturare e intensificare la luce della stanza. Miabbagliava,togliendomilavista.Decisidinondireniente.PoiSocrate si inginocchiò sul pavimento, posò delicatamente la spada davanti a sé,

chiusegli occhi, feceun respiroprofondoe sedetteperfettamente immobile.Lo tenevod'occhio,chiedendomisela‘tigredormiente’sisarebbesvegliataperbalzarmiaddossoalmiominimomovimento.Trascorserodieciminuti,poiventi.Pensaicheforsevolevachemeditassi anch'io, così chiusi gli occhi e mi immersi nella meditazione.Mezz'oradopo, quando aprii gli occhi, lui era ancora immobile come un Buddha.Mi alzai perprendereunbicchiered'acqua.Stavoriempiendolatazza,quandomiposòunamanosullaspalla.Lamiamanotremòemirovesciail'acquasullescarpe.“Socrate,tispiacerebbenonscivolarmiallespalleinquestomodo?Nonpotrestifare

unpo’dirumore?”.Sorriseedisse:“Ilsilenzioèl'artedelguerriero,lameditazioneèlasuaspada.Serve

arecidereletueillusioni.Mal'utilitàdellaspadadipendedachilaimpugna.Senonsaicomeusarla,un'armapuòrivelarsipericolosa,ingannevoleoinutile.“La meditazione può inizialmente aiutarti a rilassarti. Ma attento a non mettere in

mostra la tua ‘spada’peresibirlaorgogliosamenteai tuoiamici.Loscintilliodiquestaspadadistraemoltimeditanti,cheabbandonanolameditazionepercercarequalchealtratecnicaesoterica.“Ilguerriero,invece,usalaspadadellameditazioneconabilitàeconsaggezza.Taglia

lamenteastrisce,trafiggeipensieriperrivelarelaloromancanzadisostanza.RicordiAlessandro ilGrande,chesi trovòdavanti ilgrandeecomplicatissimonodogordiano?Nessunoeramairiuscitoadistricarlo.Senzaunattimodiesitazione,Alessandrosguainòlaùspadaeconunfendentetagliòilnodoindue.Questaèlameditazionediunguerriero,cosìdeviaffrontare inodidella tuamente.Finché,ungiorno,nonavraipiùbisognodinessunaspada”.In quel momento, un vecchio furgone Volkswagen, riverniciato di bianco e con un

arcobaleno dipinto sulla fiancata, arrivò scoppiettando.All'interno c'erano sei personeche sembravano tutte uguali. Avvicinandoci, vedemmo che erano due donne e quattrouomini, tutti vestiti conuna tunicablu.Capii che eranomembri di unodei tanti gruppispiritualidellabaia.Nellaloropresunzionefecerofintachenoinonesistessimo,comeselanostramondanitàpotessecontaminarli.Socrate,naturalmente,colsealbalzolasfidaesimisearecitarelapartedellozoppo

straccione.Grattandosinelpiùvolgaredeimodi,eraunperfettogobbodiNotre-Dame.“Hei,Jack”,disseall'uomoalvolante,chesfoggiavalabarbapiù lungacheavessimaivisto,“vuo’bbenzinaochecosa?”.“Vorremmoilpieno”,risposel'uomo,conunavoceuntuosacomel'oliosull'insalata.Socrate diede un'occhiata alle donne sul sedile posteriore e infilando la testa nel

finestrino chiese ad alta voce: “Hei, voi vi fatemeditazione?”. Aveva messo un talesottinteso sessuale inquella parola che era riuscito a far suonaremeditazione come sefossemasturbazione.“Sì,noisì”,disseilguidatore,conunasortadisuperioritàcosmicachetrasudavadalla

voce.“Oravorrebbeperfavorefarciilpieno?”.Soc mi fece segno di riempire il serbatoio, mentre lui continuava a tenere la testa

infilatanelfinestrino.“Saichesembriproprio‘nadonnaconquestobelvestito?Davverocarino,eh?Di’,eperchénontiradi?Checihaisottoilpelo?”.Mentreiorabbrividivo,andògiùancorapiùpesante.“Hei”,disseaunadelledonne,

“stoquaè il tuogancio?”.Eall'altrouomosedutodavanti:“Lobuttate sempre fuori,oqualchevoltalofateanchescenderegiù?L’holettosuungiornale,eh?”.Si comportò proprio così. Poi si mise a contare il resto con esasperante lentezza

(continuava a perdere il conto e a ricominciare)mentre io dovevo trattenermi per nonscompisciarmi dalle risa. Gli occupanti del furgone friggevano di rabbia. L’uomo alvolante prese il resto e partì sgommando in modo non propriamente santo. Mentre ilfurgoncinosiallontanava,Socrategliurlòdietro:“Ehi,lameditazionevifapropriobene.Continuate,continuate!”.Eravamoappena rientrati in ufficio, quando arrivòunagrossaChevy.Lo squillo del

campanellofuseguitodaunaseriedicolpiimpazientidiclacson.Uscimmoinsieme.Alvolantesedevaun‘ragazzino’suiquarant'anni,conunluccicantevestitodisetaeun

cappello da safari munito di piume. Era nervoso e tambureggiava continuamente sulvolante. Accanto a lui, sbattendo le ciglia finte mentre si incipriava il naso nellospecchiettoretrovisore,sedevaunadonnadietàindefinita.Mi davano fastidio, li giudicavo troppo stupidi. Avrei voluto dire: “Perché non vi

comportatecomesiconvieneallavostraetà?”,marimasiaguardareeattesi.“C'èundistributoredisigarettequi?”,chieseilnervosoguidatore.Socrate smise di fare quello che stava facendo e con un caldo sorriso rispose: “No

signore,mapiùgiùc'èunnegozioapertotuttalanotte”.Poitornòacontrollarel'olioconlamassimaconcentrazione.Diedeilrestocomesestesseservendoiltèall'imperatore.L’auto ripartì e noi rimanemmo vicino alla pompa, gustando i profumi dell'aria

notturna.“Come mai hai trattato quei due con tanta cortesia e sei stato così odioso con i

meditantivestitidiblu,cheeranoovviamenteaunlivelloevolutivopiùalto?”.Una volta tanto mi diede una risposta semplice e diretta. “Gli unici livelli di cui

dovresti occuparti sono il mio e il tuo”, disse con un sogghigno. “Quei due avevanobisognodigentilezza.Imeditantiavevanobisognodiqualcosasucuiriflettere”.“Eio,dichecosahobisogno?”.“Dipiùpratica”,risposeseccamente.“Latuameditazionenontièservitaarimanere

calmoquandotihoassalitoconlaspadaenonèservitaneppureaituoiamiciintonacabluquandomisonodivertitounpo’conloro.“Mettiamola così: una capriola in avanti non è la totalità degli esercizi ginnici.Una

tecnica dimeditazione non è la totalità della via del guerriero. Se non vedi il quadro

completopotresti illuderti e fare soltanto capriole in avanti o soltantomeditazionepertuttalavita.Mainquestomodootterraisoltantobeneficiframmentari.“Hai bisogno di una mappa di tutto il territorio che dovrai esplorare. Allora

comprenderai l'utilità e i limiti della meditazione. E dove puoi trovare una buonamappa?”.“Inunastazionediservizio,naturalmente”.“Bene,signore,vengainufficioeledaròlamiglioremappaincommercio”.Entrammo

ridendo, passando per l'officina. Mi gettai sul divano e Socrate si sedette senza unaparolatraimassiccibracciolidellasuasedia.Mifissòperuninterominuto.Avevolapelled'oca.‘Mmm’,pensaiinsospettito.‘C'è

qualcos'altro’.“Ilproblema”,sospirò,“èchenonpossodescrivertiilterritorio;almenononcontutte

questeparole”.Si alzò e si diresseversodimeconquel luccichionegli occhi chemidicevadiprepararelevaligie:stavoperfareunviaggio.

Inunpuntodellospaziomisentiiespandereallavelocitàdellaluce,gonfiare,esploderefino ai limiti dell'esistenza, finché fui l'universo.Non rimaneva nulla di separato. Erodiventato tutto. Ero coscienza che riconosceva se stessa, ero la pura luce che i fisiciparagonanoallatotalitàdellamateriaeipoetichiamoamore.Erounasolacosaederotutto, e illuminavo tutti imondi. In quelmomento l'eterno, l'inconoscibile,mi era statorivelatoconindescrivibilecertezza.Inunlamporipresilamiaformamortale,fluttuantetralestelle.Vidiunprismaaforma

di cuore umano che rendeva insignificante ogni galassia. Rifletteva la luce dellacoscienzainun'esplosionedicolori,diraggiscintillantiintuttalagammadell'arcobalenochesieffondevanonelcosmointero.Ancheilmiocorpodivenneunprismaluminosocheemanavaraggidilucemulticolore

intutteledirezioni.Capiicheloscoposupremodelcorpoumanoèdiventareunlimpidocanaleperquestaluce,affinchéilsuosplendoredissolvaogniostruzione,ogninodo,ogniresistenza.Sentii che la luce fluiva attraverso gli organi del mio corpo e capii che la

consapevolezzaèilmodoincuil'essereumanosperimentalalucedellacoscienza.Capii il significato dell'attenzione: essere la canalizzazione volontaria della

consapevolezza.Orailmiocorpoerauncontenitorevuoto.Miguardailegambeche,fattedicaldaluceradiante,sidissolvevanonellorostessosplendore.Lastessacosafacevanolemiebraccia.Concentrail'attenzionesuognipartedelcorpo,finchédivenniancoraunavolta pura luce. Realizzai il processo della vera meditazione: espandere laconsapevolezza,dirigerel'attenzioneabbandonandosiallalucedellacoscienza.

Unpuntoluminososiaccesenell'oscurità:Socratemiagitavaunatorciaelettricadavantiagliocchi.“Cortocircuito”,dissepuntandosi la lucesulvisoinmododasembrareunazuccadiHalloween.“Èunpo’piùchiaro,adesso?”,chiesecomeseavessiappenacapitocome funziona una lampadina, invece di avere visto l'anima dell'universo.Articolai leparoleafatica.“Socrate,houndebitocontechenonpotròmairipagare.Oracomprendotuttoesoche

cosadevofare.Purtroppononavròpiùbisognodite”.Midispiacevadiaverottenutolalaurea.Avreisentitolasuamancanza.Miguardòperplesso,poiiniziòariderefragorosamente,comenonavevamaifatto.Si

scuotevaintuttoilcorpo,lelacrimegliinondavanoleguance.Poisicalmòemispiegòilmotivodella sua risata. “Non ti sei ancora laureato,matricola! Il tuo lavoro è appenainiziato. Guardati. Sei fondamentalmente lo stesso di quando sei capitato qui qualchemesefa.Quellachehaisperimentatoerasolounavisione,nonun'esperienzaconclusiva.Svanirà dalla tua memoria, ma ti servirà da punto di riferimento. Adesso rilassati esmettiladicomportarticosìteatralmente”.Si allontanò da me, malizioso e saggio come sempre. “Vedi”, disse allegramente,

“questiviaggettimihannorisparmiatotantedifficilispiegazioniperilluminarti”.Lelucisiacceserodicolpoetuttieduecimettemmoaridere.Aprì il piccolo frigorifero e prese alcune arance, che iniziò a spremere mentre

continuava a parlare. “Se vuoi saperlo, anche tu mi stai facendo un favore. Sono‘incollato’inunpuntodeltempoedellospazio,perchéanch'iohounaspeciedidebitodapagareemoltodipendedaituoiprogressi.Perinsegnareate”,disselanciandolescorzedelle arance nel cestino alle sue spalle (e facendo canestro tutte le volte), “holetteralmentedovutomettereunapartedime in te.Una speciedi investimento.Perciò,diciamocheilnostroèunlavorodigruppo”.Mi porse un piccolo bicchiere di succo d'arancia. “Un brindisi a una società di

successo”,dissialzandoilbicchiere.“Allanostrasocietà”,brindòsorridendo.“Parlamideltuodebito.Conchil'haicontratto?”.“DiciamochefapartedelleRegoledellaCasa”.“Questanonèunarisposta”.“Anchesesembrastrano,lamiaattivitàmiobbligaadattenermiaunaseriediregole”.

Tirò fuoriunbigliettodavisita.Sembravanormalissimo, finchénotaicheemanavaunadeboleluminosità.C’erascritto:

GUERRIERIS.P.A,DISOCRATE.

SPECIALIZZATOINPARADOSSO,UMORISMOECAMBIAMENTO.

“Conservalo, ungiornopotrebbe esserti utile.Quando avrai bisognodime,veramentebisogno,tieniilmiobigliettotralemaniechiamami.Inunmodoonell'altroarriverò”.Infilai con cura il biglietto da visita nel portafoglio. “Lo conserverò, Socrate, puoi

contarci.Aproposito,nonavrestiunbigliettodavisitadiJoy?”.Miignorò.Restammo in silenzio, mentre Socrate preparava uno dei suoi piatti di verdure

croccanti.Maavevounadomanda.“Socrate,come?Comedevofareperaprirmiallalucedellaconsapevolezza?”.“Checosafaiquandovuoivederequalcosa?”,disserispondendoconunadomandaa

unadomanda.Risi.“Guardo.Oh,vuoidirelameditazione?”.“Esatto”, esclamò. “E il punto è questo”, aggiunse mentre continuava a tagliare le

verdure. “Lameditazioneconsistedidueprocessi simultanei.Unoè l'attenzionea tuttociòchesipresenta;sichiamaintuizione,insight.L’altroèillasciarandaretuttiipensierichesorgono;sichiamaarrendersi,surrender.Cosìsiraggiungelalibertàdallamente”.“Credodicapirechecosaintendi”.“Conoscounastoriachetipiacerà.Unostudentedimeditazioneerasedutoinsilenzio

assiemeaungruppettodipraticanti.Atterritodaunavisionedisangue,morteedemoni,si alzò, andò davanti al maestro e sussurrò: ‘Maestro, ho appena avuto una visioneorribile’. ‘Lasciala andare’, disse l'insegnante. Qualche giorno dopo si stava godendodellefantasieerotiche,profonde intuizionisulsignificatodellavitaevisioniangeliche.Maproprioinquelmomentol'insegnantesipiazzòdietrodiluieglidiedeunabastonata.‘Lascialaandare!’,disse”.Risi.“SaiSoc,stavopensando...”.Socratescattòemidiedeunabastonatasullatesta

conunacarota.“Lascialoandare!”.Mangiammo.Iopugnalavoimieipezzidiverduraconlaforchetta,luiprendevapiccoli

bocconiconlebacchetteerespiravaritmicamentementremasticava.Nonprendevamaiunaltrobocconefinchénonavevafinitoilprimo,comeseognibocconefosseunpastocompleto.Ammiravo il suomododimangiare,mentre io trituravo tutto famelicamente.Finiiperprimoeannunciai:“Credodiessereprontoperprovarelaverameditazione”.“Già”.Posòlebacchette.“Laconquistadellamente...Sesolotuavessiunminimodi

interesse!”.“Maiosonointeressato.Iovogliolaconsapevolezza,perquestosonoqui”.“Tuseiquiperchénonhaiscelta”.“Iovogliosbarazzarmidelfrastuonodellamiamente”,protestai.“Un'altraillusione,Dan.Seicomeunuomochesirifiutadiusaregliocchialiperché

‘nonstampanopiùigiornaliconlachiarezzadiunavolta'”.“No,nonècosì”,dissiscuotendolatesta.“Nonmiaspettochetulocapisca,mahaicomunquebisognodisentirtelodire”.“Dove vuoi arrivare?”, chiesi impaziente, mentre la mia attenzione incominciava a

vagare.“Ilpunto”,disseSocrateconuntonodivocecheriportòindietrolamiaattenzione,“è

chetiidentifichiconituoipensierielidifendicomesefosserotesoripreziosi”.“Nonèvero!Epoi,tuchenesai?”.“Le tue ostinate illusioni sono come una nave che sta andando a picco, matricola.

Lascialeandare,finchéseiintempo”.Trattenni la rabbia che stava salendo. “Che ne sai tu se iomi identifico con lamia

mente?”.“OK”, sospirò, “te lo proverò. Che cosa intendi quando dici: ‘Vado a casa’? Non

presupponidiessereseparatodallacasadovestaiandando?”.“Èovviochelosono”.“E che cosa intendi quando dici: ‘Oggi ilmio corpomi famale’?Chi è l'io che si

ritieneseparatodalcorpoecheneparlacomesefosseunasuaproprietà?”.Mivennedaridere.“Sonosoloconvenzionilinguistiche,Socrate.Modididire”.“Certo, ma le convenzioni linguistiche rivelano il modo in cui vediamo il mondo.

Infatti, tu ticomporticomese fossiuna ‘mente’oqualcosadi indefinibiledentro il tuocorpo”.“Eperchédovreifarecosì?”.“Perchéhaipauradellamorteevuoivivere.TuvuoiilPerSempre,aneliall’Eternità.

Nellatuaconvinzioneillusoriadiessereuna‘mente’,uno‘spirito’oun'‘anima’,cerchidisottrartialtuocontrattoconlamortalità.Forse,inquanto‘mente’potraisvolazzareliberodalcorpodopolamorte...”.“Èunapossibilità”,ribattei.“Unapossibilità chenonèpiù realedell'ombradiun'ombra.Lacoscienzanonènel

corpo:ilcorpoènellacoscienza.Etuseiquellacoscienza,nonseilamente-fantasmachetiprovocatantiguai.Tuseiilcorpo,maseianchetuttoilresto.Eccoilsensodellatuavisione.Sololamentesiopponealcambiamento.Setirilassinelcorpo,senzapensieri,saraifelice,liberoeappagatoenonproveraipiùnessunaseparazione.Seigiàimmortale,manonnelmodo in cui immagini o speri.Eri immortale ancoraprimadi nascere e losaraidopoladissoluzionedelcorpo.Ilcorpoècoscienza:mainatoemaimorto.Cambiasoltanto.Lamente,iltuoego,letueconvinzionipersonali,latuastoriaelatuaidentità:tuttociòfinisceconlamorte.Quindi,acosaservono?”.Esprofondòsullasedia.“Nonsonosicurodiaverecapitobene”.“Naturale!”,ammiseridendo.“Leparoleservonoapocosenonnerealizzilaverità.E,

quandolofarai,saraifinalmentelibero”.“Sembrainteressante”.“Sono d'accordo, è molto interessante.Ma queste sono solo le basi per quello che

vienedopo”.Rifletteiqualcheistanteprimadifarglilaprossimadomanda.“Socrate,seiononsono

imieipensieri,checosasono?”.Mi guardò come semi avesse appena spiegato che uno più uno fa due e io poi gli

avessichiesto:‘Sì,machecosavuoldireunopiùuno?’.Preseunacipolladalpiccolofrigoriferoemeladiede.“Sbucciala,stratodopostrato”.Iniziaiapelarelacipolla.“Checos'haitrovato?”.“Unaltrostrato”.“Continua”.Continuaiasbucciare.“Altristrati,Soc”.“Continuaasbucciarefinchénonrestanopiùstrati.Checosarimane?”.“Nonrimaneniente”.“Nonèvero,qualcosarimane”.“Ecosa?”.“L’universo.Rifletticimentretorniacasa”.Guardaifuoridallafinestra.Stavaalbeggiando.

Ritornailaseraseguente,dopounamediocresedutadimeditazioneeancoratraboccantedipensieri.Nonc'eranomolti clienti e rimanemmoseduti a sorseggiareuna tisanaallamentamentregliparlavodellamiafiaccameditazione.Sorrise.“ForseconoscilastoriadellostudentezenchechiesealsuomaestroqualefosselabasedelloZen.‘L’attenzione’,rispose il maestro. ‘E poi, qual è la seconda cosa più importante?’. ‘L’attenzione’,risposeilmaestro”.Loguardai,aspettandochecontinuasse.“Questoètutto,gente”,concluse.Mialzaiperprenderedell'acquaeSocratemichiese:“Seiattentoallaposizionedel

tuocorpoinquestomomento?”.“Certo”, risposi, anche se non ero del tutto sicuro.Mi diressi verso il distributore

dell'acqua.“Seiattentoaltuomododicamminare?”.“Immagino di sì”, risposi iniziando a innervosirmi. “Sei attento a quello che stai

pensando?”.“Socrate,lasciamiinpace.Faccioquellocheposso”.Si piegò verso di me. “Non fai abbastanza. Almeno, non ancora. L’attenzione deve

arderecomeunfuoco.Rotolarsiacasacciosuunmaterassinodaginnasticanonfaditeun

campione,stareseduticongliocchichiusilasciandochelamentevaghinonsviluppalatuaattenzione.Concentrati!Concentratiomorirai!Voglioraccontartiunastoriaaccadutatantiannifa.

“Eroinunmonasteroesedevoinmeditazione,lottandogiornodopogiornoconunkoan,un‘indovinello’cheilmaestromiavevadatoperstimolarelamenteavederelasuaveranatura.Nonriuscivoarisolverlo.Ognivoltacheandavodalroshinonavevonientedadire. Ero uno studente lento ad apprendere e mi stavo scoraggiando. Mi sollecitò alavorareconilkoanancoraperunmese.‘Lorisolveraidisicuro’.“Passòunmese.Nonostante tutti imiei sforzi, ilkoan rimanevaunmistero. ‘Rimani

con il koan un'altra settimana, con il fuoco nel cuore’, mi disse. Il koan mi bruciavagiornoenotte,maancoranessunrisultato.“Ilroshimidisse:‘Ancoraungiorno,contuttalatuaanima’.Allafinedellagiornata

ero esausto. Gli dissi: ‘Maestro, è inutile. Unmese, una settimana, un giorno,ma nonriesco a risolverlo’. Il roshimi guardò a lungo. ‘Ancora un'ora’, disse. ‘Se non avrairisoltoilkoanentroun'ora,dovraiucciderti’.“Alla fine dell'ora, con lo spettro dellamorte davanti agli occhi, la consapevolezza

infranselebarrieredellamente”.

“Perchéunguerrierodovrebbesedersiameditare?”,obiettai.“Haidettoche laviadelguerrieroèl'azione”.“Lameditazionesedutaèsolol'iniziodellapratica.Allafinefaraimeditazioneinogni

tuaazione.Sedersiinmeditazioneèunaspeciedicerimonia,unmomentoparticolarepersviluppare l'equilibrio, l'agio e il divino distacco. Devi impadronirti di questo ‘rito’primadiportarlonellavitaquotidiana.“Come tuo maestro, userò tutti i metodi e tutti i trucchi che conosco per aiutarti a

perseverareinquestolavoro.Semifossiavvicinatoateperlastradaetiavessisvelatoilsegretodellafelicità,nonmiavrestinemmenoascoltato.Avevibisognodiuntipochetiaffascinasseochesaltassesuitetti,perprovareunminimodiinteresse.“Giocheròconteancoraunpo’,maverràilgiornoincuiilguerrierodovràcamminare

dasolo.Perilmomentofaròtuttoquellocheoccorreperinsegnartiquestavia”.Ero arrabbiato,mi sentivomanipolato. “E così potrò invecchiare come te in questa

stazione di servizio in attesa di balzare su qualche ignaro studentello?”. Mi pentiiimmediatamentedellemieparole.Socratemi sorrise imperturbabile. “Nonvalutare erroneamentequestopostoo il tuo

maestro,Dan.Lecose e lepersonenon sono semprequello che sembrano.L’universo,nonundistributoredibenzina,fadimequellochesono.Perquantoriguardailmotivopercuidovrestirimanere,èovvio.Iosonoperfettamentefelice.Etu?”.Arrivò una macchina con il radiatore che fumava. “Vieni”, disse Soc. “Quella

macchina sta soffrendo. Forse dovremo abbatterla per mettere fine alle sue pene”. Ciavviammo verso l'auto con il radiatore che fumava da tutte le parti, mentre anche ilproprietariofumavadirabbia.“Perchéciavetemessotanto?Nonpossoaspettarequituttalanotte,accidenti!”.Socrate gli rivolse uno sguardo amorevole pieno di compassione. “Vediamo se

possiamoaiutarla,signore,efareinmodochesiasolounprobleminodaniente”.Portòl'autonell'officina,esaminòilradiatoreetrovòlaperdita.Inpochiminutiavevariparatoilforo,maavvertìilproprietariochedovevasostituireilradiatoreconunonuovo.“Tutto

muoreecambia,ancheiradiatori”,dissestrizzandomil'occhio.Appenal'uomoseneandò,laveritàdelleparolediSocpenetròprofondamentedentro

dime.Soceradavverofelice!Nientesembravainfluenzare lasuaperenneallegria.Daquandoloconoscevo,erastatoarrabbiato,triste,gentile,duroepersinopreoccupato;mala felicità aveva sempre brillato nei suoi occhi, anche quando erano appannati dallelacrime.Mentre tornavo a casa continuavo a pensare a lui. La mia ombra si ingrandiva e

rimpiccioliva mentre passavo sotto i lampioni. Diedi un calcio a una pietra mentrepercorrevoilvialettodelmioappartamento:unpiccologarageriadattatoall'ombradiunnocesecolare.Mancavano poche ore all'alba. Mi stesi sul letto, ma non riuscivo a dormire. Mi

chiedevocomefareperscoprireilsegretodellasuafelicità.Oramisembravamoltopiùimportantecheibalzisuitetti.Poi mi ricordai del biglietto da visita.Mi alzai di scatto, accesi la luce e presi il

bigliettodavisitadalportafoglio.Ilcuoremibatteva.Socrateavevadettoche,seavessiavuto davvero bisogno di lui, dovevo tenerlo in mano e chiamarlo. Bene, stavo permetterloallaprova.Tremavoeavevo leginocchiamolli.Tenni ilbiglietto luminescenteconentrambe le

mani e invocai: “Socrate, vieni. Dan ti sta chiamando”.Mi sentivo un vero stupido astarmenelìallecinquedelmattinoconinmanounbigliettodavisita,parlandoalvuoto.Nonaccaddenulla.Lolanciaisulcassettonecondisgusto.Lalucesispense.“Cosa?”,gridaimentregiravosumestessopervederesepercasoSoceralì.Nelpiù

classicostilecinematografico,arretrai,inciampaiinunasedia,urtaicontroillettoefiniilungodistesosulpavimento.Lalucesiriaccese.Sequalcunofossestatoaportatad'orecchio,avrebbepensatoche

erounostudentecondeiproblemidigreco.Perchémai,altrimenti,avreidovutogridare,allecinquedelmattino:“MaledettoSocrate!”?Nonhomaisaputoseilblackoutfossestatounacoincidenzaono.Socrateavevasolo

dettochesarebbevenuto,nonavevadettocome.Presitimidamenteilbigliettodavisitaper rimetterlo nel portafoglio, quandomi accorsi che era cambiato.Sotto l'ultima riga,“Paradosso,Umorismo eCambiamento”, erano apparse due parole in grassetto: “Soloemergenze!”.Ridendo,miaddormentaiall'istante.

Eranoiniziatigliallenamentiestivi.Erabellorivedere ivecchivolti familiari.Herbsistava facendo crescere la barba; Rick e Sid si preoccupavano di avere una bellaabbronzaturaesembravanopiùasciuttiepiùfortichemai.Avreitantovolutocondividereconimieicompagnidisquadralamiavitaelelezioni

che avevo imparato, ma non sapevo da dove cominciare. Poi mi venne in mente ilbigliettodavisitadiSocrate.Primadicominciare il riscaldamento,chiamaiRickeglidissi:“Vogliofartivedereunacosa”.Unavoltacheavessevistoilbigliettoluminosoele‘specializzazioni’diSocrate,avrebbesicuramentevolutosapernedipiùeconluiforsetuttiimieicompagni.Dopounapausad'effetto,glitesiilbigliettoagitandoloinaria.“Piuttostostrano,eh?”.Rickpreseilbigliettodavisita,logiròemiguardòconun'espressionevuotacomeil

pezzodicartachetenevainmano.“Èunoscherzo?”.Lo ripresi e lo girai. “Biglietto sbagliato”, bofonchiai rimettendo il pezzo di carta

bianconelportafoglio.“Cominciamoilriscaldamento”.Magnifico,sospiraitrameeme.Lamiafamadieccentricoavevaappenaguadagnatounsaccodipunti.Chescherzoabuonmercato;inchiostrosimpatico!Quella sera entrai nell'ufficio sventolando il biglietto da visita. Lo gettai sulla

scrivaniaesclamando:“Vogliochelapianticonlepreseingiro,Soc.Sonostancodifarelafiguradell'idiota”.Miguardòcomprensivo.“Oh,l'haifattadinuovo?”.“Lavuoismettereono?”.“Smettere,cosa?”.“Il truccodella scomparsa”.Con la codadell'occhio colsiuna leggera luminescenza

sullascrivania:

GUERRIERIS.P.A.DISOCRATE.

SPECIALIZZATOINPARADOSSO,UMORISMOECAMBIAMENTO.

SOLOEMERGENZE!

“Noncapisco”,bofonchiai.“Comefaacambiare?”.“Tuttocambia”,fularisposta.“Sì,d'accordo.Macomefaasparireeariappare?”.“Tuttosparisceeriappare”.“Soc,quandol'hofattovedereaRicknonc'erascrittoniente”.“SonoleRegoledellaCasa”,dissestringendosinellespalle.“Nonseimoltod'aiuto.Iovogliosapere...”.“Lascialoandare”,disse.“Lascialoandare”.

L’estatepassòvelocementetraallenamentiintensivienottateconSocrate.Trascorrevamometà del tempo sedendo in meditazione e l'altra metà lavorando in officina, osemplicementerilassandociconunatazzaditè.AvoltechiedevodiJoy,desideravotantorivederla.MaSocratenonrispondevamai.Mentre la fine delle vacanze si avvicinava, la mia mente andò alla ripresa delle

lezioni.Decisi di volare aLosAngeles per passare una settimana con imiei genitori.AvreilasciatolaValiantinungarageeaLosAngelesavreicompratounamotoperfareilviaggiodiritornolungolacosta.StavofacendoacquistinellaTelegraphAvenueederoappenauscitodaunafarmacia,

quandounragazzinoscheletricomiabbordò.Potevosentirelapuzzadialcoledisudore.“Haiqualchespicciolo?”,chiesesenzaguardarmi.“No, mi spiace”, dissi senza sentirmi per nulla spiaciuto. Mentre mi allontanavo,

pensai:“Cercatiunlavoro”.Poiunvagosensodicolpasiaffacciòallamiamente:avevodettodi no auno sfortunato costretto a chiederedei soldi.Mi invaserodeipensieri dirabbia.“Comunque,nondovrebbeimportunarelagenteinquelmodo!”.Avevo percorso mezzo isolato quando realizzai tutto il rumore mentale su cui ero

sintonizzato e la tensione che stava crescendo dentro di me solo perché qualcuno miavevachiestodeglispicciolieioavevarifiutato.Quandomeneaccorsi, lasciaiandaretutto.Piùleggero,feciunprofondorespiro,miscrollaididossolatensioneerivolsilamiaattenzioneallamagnificagiornata.QuellaseraparlaiaSocratedeimieiprogetti.

“Soc, vado a Los Angeles a trovare i miei e tornerò in moto. Proprio questopomeriggiohosaputochelaFederazioneamericanadiginnasticavuolemandaremeeSidinYugoslaviaperilcampionatomondialediginnasticaaLubiana.Pensanochepotremmosalireentrambisulpodioolimpicoevoglionometterciinmostra.Chenepensi?”.Conmiasorpresa,Socrateaggrottòlesopracciglia.“Saràquelchesarà”.Non intendevo lasciarmi deprimere e mi avviai verso la porta. “Ti saluto, Soc. Ci

vediamotraqualchesettimana”.“Civediamotraqualcheora”,rispose.“AllafontanaLudwig.Amezzogiorno”.“OK”,risposichiedendomicosacifossesotto.Dormii sei ore e arrivai di corsa alla fontana, davanti all'associazione studenti, che

aveva preso il nome da un cane che aveva l'abitudine di buttarcisi dentro.Molti canistavanoinfattisguazzandoperrinfrescarsidallacalura,mentrealcunibambinigiocavanodovel'acquaerapiùbassa.Appena il Campanile, la famosa torre di Berkeley, cominciò a battere i dodici

rintocchi,vidil'ombradiSocallungarsiversodime.“Camminiamo”,disse.Passeggiammo per il campus. Superammo la Sproul Hall, l'istituto di optometria, il

CowellHospitalearrivammofinoallostadio,sullecollinedelloStrawberryCanyon.Finalmente si decise a parlare. “Dan, hai iniziato un processo cosciente di

trasformazione. Non puoi tornare indietro. Cercare di invertire il processo porterebbesoltanto...beh,lasciamoperdere.Devosaperequantoimpegnohaipresocontestesso”.“Comeunfidanzamento?”,scherzai.Rise.“Sì,qualcosadelgenere”.Riprendemmo a camminare in silenzio all'ombra della fitta vegetazione lungo il

percorsodafooting.Quando arrivammomolto in alto sopra la città, riprese il discorso. “Oltre un certo

punto,nessunopotràpiùguidarti.Ioticondurròancoraperunpo’,mapoianch'iodovròtirarmi indietro e dovrai continuare da solo. Dovrai affrontare prove terribili, avraibisognodiunagrandeforzainteriore.Sperosolochelasvilupperaiintempo”.La brezza della baia era calata e l'aria era calda,ma io rabbrividii. Tremante nella

calura,vidiunalucertolanascondersiinuncespuglio.OK,avevoregistratolesueparole.Alzaigliocchi.Erascomparso.Spaventatosenzasapereperché,tornaifrettolosamenteindietro.Alloranonlosapevo,

malamiapreparazioneeraterminataestavaperiniziareilveroaddestramentoconunaprovaacuiforsenonsareisopravvissuto.

PARTESECONDA

L’ADDESTRAMENTODELGUERRIERO

Laspadaèaffilata

LasciailaValiantinungarageepresiunautobusperl'aeroportocherimaseimbottigliatonel traffico. Rischiavo di perdere il volo. Pensieri d'ansia cominciarono a formarsi.Sentii lo stomaco contrarsi. Appena me ne accorsi lasciai andare tutto, com'ero statoaddestratoafare.MirilassaiemigodettiilpanoramadellaBayshoreFreeway,contentoper ilmiocrescentecontrollosuipensieri stressantiche inpassatomiavevanosempredominato.Presil'aereoconpochisecondidianticipo.Papà,unamiaversionepiùanziana,conmenocapellieunacamiciasportivaapertasul

pettomuscoloso,mi accolse all'aeroportodiLosAngeles conuna strettadimanoeuncaldo sorriso. Anche il viso di mia madre si aprì in un dolce sorriso mentre miaccoglievasullaportadicasaconabbracciebaci,dandominotiziedimiasorellaedeisuoinipotini.Allasera,miamadresuonòpermealpianoforteunodeisuoipezzipreferiti,credouna

fugadiBach.Ilgiornodopo,alleprimelucidelgiorno,papàeioeravamogiàsulcampodagolf.PertuttoiltempofuitentatodiparlarglideimieiincontriconSocrate,madecisicheeramegliotacere.Forsegliavreispiegatotuttoperiscritto,ungiornool'altro.Erabelloessereacasa,malacasadeimieigenitorisembravaormailontananeltempo.Dopolapartitadigolf,mentresudavamonellasauna,miopadremidisse:“Sembrache

la vita universitaria ti faccia bene. Sei diverso, più rilassato, più socievole. Non cheprimanonlofossi,ma...”.Stavacercandoleparolegiuste,maiocapii.Sorrisi.Sesoloavessesaputo!Pochigiornidopotrovailamotochefacevaperme,unaTriumph500.Cimisiunpo’

per prendere dimestichezza con la guida e un paio di volte persi quasi il controllocredendodivedereJoyusciredaunnegozioosvoltareaunincrocio.Ognivoltaricordaiamestessoilvaloredell'attenzione.IlmioultimogiornoaLosAngelesarrivòpresto.Laseraprimadellapartenzapresiil

cascoedecisidiandareacomperareunaborsadaviaggio.Mentreuscivo,udiipapàchemi diceva: “Fa’ attenzione, Dan. Di sera le moto si vedono poco”. Le soliteraccomandazioni.“Sì, papà, farò attenzione”, gridai di rimando. Poi inforcai la moto e mi lanciai

nell'ariacaldadellaseraconlamiamagliettadaginnastica,iLevi'sscoloritieglistivalida centauro.Mi sentivo sulla vetta delmondo, quante cosemi aspettavano!Ma ilmiofuturosistavagiàpreparando,perchéinquellostessomomento,treisolatipiùinlà,uncertoGeorgeWilsonstavapersvoltareasinistrasullaWesternAvenue.Correvonel crepuscolo e i lampionimi sfrecciavano accanto,mentremi avvicinavo

all'incrociotralaSettimaelaWestern.Stavoperattraversarel'incrocio,quandovidiuna

Cadillac bianca che veniva in direzione contraria, con la freccia accesa per girare asinistra.Rallentai,unapiccolaprecauzionecheprobabilmentemisalvòlavita.La Cadillac accelerò all'improvviso e svoltò, tagliandomi la strada. Avevo pochi

secondiperdecidere.Forse c'era tempo per pensare,ma non per agire. “Taglia a sinistra!”, gridò lamia

mente.Nonpotevo:troppeautochevenivanonell'altradirezione.“Curvaadestra!”.Lospartitrafficomeloimpediva.“Buttatigiù!”.Sareifinitosottoleruote.Leopzionieranofinite.Feciforzasuifrenieattesi.Eratuttoirreale,comeinunsogno.Vidiinunlampoilviso inorriditodelguidatore.Conun terribile schiantoe il tintinnioquasimusicaledelparabrezza in frantumi, lamoto urtò il paraurti anteriore dell'auto, chemi sfracellò lagambadestra.Poituttoacceleròorribilmente,mentreilmondodiventavanero.Dovevoaverpersocoscienzapocodopocheilmiocorpoerastatoscaraventatooltre

la macchina e si era abbattuto sull'asfalto. Un momento di benedetta incoscienza, poiarrivòildolore,unamorsaincandescentechesichiudevaattornoallagambasemprepiùforte,finchédivenneinsopportabileecominciaiaurlare.Desideravosolochesmettesse,pregavoperperderedinuovoisensi.Sentivodellevociinlontananza:“Nonl'hovisto...ilnumerodeigenitori...fatepiano,l'ambulanzastaarrivando...”.Udiiunasirenaavvicinarsi.Dellemanimitolseroilcascoemisteserosuunabarella.

Guardai in giù: un osso usciva dalla pelle lacerata dello stivale. Mentre la portadell'ambulanzasbatteva, ricordai improvvisamente leparolediSoc:“Dovraiaffrontareproveterribili...”.Dopoquellichemisembraronosolopochisecondi,erodistesosuunlettinoalpronto

soccorsodell'ospedaleortopedicodiLosAngeles.Unmedicosilamentavadellapropriastanchezza. I miei genitori si precipitarono nella stanza: sembravano molto vecchi epallidi. A quel punto realizzai la drammaticità della mia situazione. Stordito e sottoshock,scoppiaiapiangere.Ilmedicolavoròconefficienza;mianestetizzòemiriattaccòleditadelpiededestro.

Piùtardi, insalaoperatoria, ilsuobisturi tracciòunalungalinearossasullamiapelle,recidendoimuscolichemiavevanosempreservitocosìbene.Estrasseunpezzod'ossodalbacinoe lo inserìnelmio femoredestrodistrutto.Poi inserìnel femoreunasottilesbarrametallicachepartivadall'anca,unasortadiingessaturainterna.Per tregiorni restaisemi-cosciente, inunsonnodafarmacichemiseparavaastento

daldoloreatroceecontinuo.Laseradelterzogiornomisvegliaiepercepiiunapresenzasedutaaccantoalmioletto,silenziosacomeun'ombra.Joysialzòesichinòsudimeaccarezzandomilafronte,mentreiovoltavolatestacon

un senso di vergogna. Sussurrò: “Sono venuta appena l'ho saputo”. Io avrei volutocondividere con lei lemie vittorie,mami vedeva sempre nella sconfitta.Mimorsi lelabbraesentii ilgustodelle lacrime.Joymigiròdolcemente ilvisoemiguardònegliocchi.“Socratehaunmessaggioperte,Danny.Mihachiestodiraccontartiquestastoria”.Chiusigliocchieascoltai.

Un vecchio contadino e suo figlio avevano una piccola fattoria e un unico cavallo pertirarel'aratro.Ungiorno,ilcavalloscappò.“Chedisgrazia!”,disseroivicini.“Chesfortuna!”.“Chissaseèsfortunaofortuna”,risposeilcontadino.Unasettimanapiùtardi,ilcavalloritornòassiemeacinquegiovanipuledri.“Chefortuna!”,disseroivicini.

“Fortunaosfortuna?Chissà”,disseilcontadino.L’indomani il figlio,mentre tentavadidomareunodei cavalli, caddee si ruppeuna

gamba.“Terribile.Chesfortuna!”.“Fortuna?Sfortuna?Chissà”.Arrivaronodegliufficialidell'esercitoperarruolareigiovaniemandarliinguerra.Ma

ilfigliodelcontadinoavevaunagambarottaenonlopresero.Erabene?Eramale?

Sorrisi mestamente, poi mi morsi di nuovo le labbra mentre mi assaliva un'ondata didolore.La voce di Joy mi calmò. “Ogni cosa ha uno scopo, Danny. Sta a te farne l'uso

migliore”.“Cheusopossofarediquestoincidente?”.“Nonesistonoincidenti,Danny.Qualunquecosaèunalezione.Tuttohaunoscopo,uno

scopo,unoscopo”,miripetédolcementeall'orecchio.“Malaginnastica,ilmioaddestramento...”.“Questo è il tuo addestramento. Lascia che il dolore purifichi la tuamente e il tuo

corpo. Brucerà molti ostacoli”. Vedendo l'espressione interrogativa dei miei occhi,aggiunse:“Unguerrierononcerca ildolore,mase ildoloresipresenta lousa.Adessoriposa, Danny, riposa”. E scivolò silenziosamente fuori dalla stanza, alle spalledell'infermieracheentrava.“Nonandartene,Joy”,mormoraicadendoinunsonnoprofondoincuituttoscomparve.Imieigenitoriegliamicivenivanoatrovarmiognigiorno,maperlamaggiorpartedi

queiventunointerminabiligiornirimasisolo,immobilesullaschiena.Guardavoilsoffittobiancoemeditavoperore,assalitodapensieridiangoscia,autocommiserazioneevanasperanza.Un martedì mattina, appoggiandomi alle stampelle, uscii nella cristallina luce di

settembre e arrancai lentamente fino all'auto dei miei genitori. Avevo perso quasiquindicichilie ipantalonimiscivolavanodai fianchi; lagambadestraeraridottaaunbastoneconunalungacicatricepurpureasuunlato.Lafrescabrezzadiunodiqueirarigiorniprividifoschiamiaccarezzòilviso.Ilvento

portava profumi che avevo dimenticato, il cinguettio degli uccelli su un albero simescolavaalrumoredeltrafficocreandounasinfoniaperimieisensinuovamentesvegli.Restai con imiei qualche giorno, riposando al sole e nuotando con precauzione nellapartebassadellapiscina, costringendodolorosamente imuscoli dellagambaoperata aricominciare a lavorare. Mi nutrivo parcamente: yogurt, noci, formaggio e verdurefresche.Recuperavoapocoapocoleforze.Alcuni amici mi invitarono nella loro casa di Santa Monica, vicino alla spiaggia.

Accettai,gratoperlapossibilitàdipassarepiùtempoall'ariaaperta.Ognimattinocamminavolentamentesullasabbia,posavolestampelleemisedevosul

bagnasciuga.Ascoltavoleondeinfrangersiariva,poichiudevogliocchiemeditavoperore, astratto dal mondo che mi circondava. Berkeley, Socrate e il mio passatosembravanoappartenereaun'altradimensione,aun'altravita.Iniziaiunprogrammadiesercizi fisici,all'inizioconestremacautelaeaumentandoa

poco a poco lo sforzo, finché ogni giorno dedicavo ore a sudare sotto il sole facendopiegamenti e flessioni. Esercitavo ogni muscolo sino al limite estremo, con il corpo

scintillante di sudore. Poi saltellavo su una gamba sola nell'acqua bassa sognandomeravigliosisaltimortali,mentreilmarelavavaviailsudoreeimieisognisfrenatieliportavaallargo.Miesercitaicon ferreadeterminazione, finché ilmiocorpodivennedinuovofortee

scultoreo come una statua di marmo. Diventai uno dei frequentatori regolari dellaspiaggia, che avevano fatto del mare e della sabbia la loro vita. Malcolm, ilmassaggiatore,sisedevavicinoameemitenevaallegroconlesuebattute.Doc,unmagodellafinanzadellaRandCorporation,venivatuttiigiorniachiacchieraredipoliticaedidonne,masoprattuttodidonne.Avevotempo,tempoperrifletteresututtociòchemieraaccadutodalprimoincontro

conSocrate.Pensavoallavitaealsuosignificato,allamorteealsuomistero.Rivedevonellamente ilmiomisterioso insegnante, le sueparole, la spontaneitàdei suoigesti e,soprattutto,lasuarisata.Il calore del sole d'ottobre svanì presto nelle nuvole di novembre. La spiaggia era

sempremenofrequentataeinquelperiododisolitudinegioiidiunapacechenonavevopiùprovatodamoltianni.Fantasticavodirimaneresuquellaspiaggiapertuttalavita,masapevochedopolevacanzediNatalesareiritornatoall'università.Ilmedico commentò lemieultime radiografie. “Lagamba sta guarendobene, signor

Millman,sorprendentementebenedevodire,malamettoinguardia:nonsifacciatroppeillusioni.Probabilmente il suo incidentenon le consentiràdi ritornare alla ginnastica”.Nondissinulla.SalutaiimieigenitoriepresiilvoloperBerkeley.Rickvenneaprendermiall'aeroporto.PerqualchegiornoabitaiconluieSid,finché

trovaiunminiappartamentovicinoalcampus.Programmaiilmioallenamentoquotidianofinoallaripresadellelezioni.Ognimattina

raggiungevolapalestrasullestampelle,miallenavoaipesiemistremavonellapiscina.Lì,sorrettodall'acqua,forzavolagambafinoallasogliadeldolore.Poimi sdraiavo sul prato e facevo stretching per riacquistare l'elasticitàmuscolare.

Allafinedelprogrammaquotidianomiriposavoinbiblioteca,leggendofinchécadevoinunleggerosonnoristoratore.Avevo telefonato a Socrate per dirgli che ero tornato. Non gli piaceva parlare al

telefonoemidissediandarloatrovarequandoavreipotutocamminaresenzastampelle.Andavabeneancheame,noneroancoraprontoperincontrarlo.FuunNatalesolitariofinchéPateDennis,duemieicompagnidisquadra,bussarono

allamiaportaemitrascinaronodipesonellaloroautomobile.RaggiungemmoReno,poisalimmosullemontagneinnevateecifermammoalDonnerSummit.MentrePateDennisgiocavanorotolandosinellaneve,lanciandosipalleebuttandosigiùperilpendio,iomitrascinaipenosamentesullanevegelataemisedettisuunceppo.Imieipensieriandaronoalprossimosemestrescolasticoeallapalestra.Lamiagamba

sarebbemaiguaritaperfettamente?Dellanevesistaccòdaunramoecaddeconuntonfosulterrenoghiacciato,destandomidallemiefantasie.Durante il viaggio di ritorno, Pat e Dennis cantavano canzoni sconce mentre io

guardavoicandidicristallichescintillavanoaifaridell'autoeagliultimiraggidelsole.Pensai almio incerto futuro e desiderai di poter abbandonare lamiamente turbinante,seppellendolainunabiancatombatraquellemontagneinnevate.PocodopolafinedellevacanzeandaiaLosAngelesperunavisitadicontrolloe le

stampelle vennero sostituite da un lucido bastone nero. Poi ritornai allo studio e a

Socrate.Eranoleundiciequarantadiunmercoledìseraquandoentraizoppicandonell'ufficioe

rividiilsuovoltoluminoso.Misentiidinuovoacasa.Avevoquasidimenticatocom'erasorseggiaretranquillamenteiltèconilmioanzianomaestronelsilenziodellanotte.Eraun piacere più sottile e, permolti aspetti, più intenso di tutte lemie vittorie sportive.Guardail'uomocheeradiventatoilmioinsegnanteevidicosechenonavevomaivistoprima.Avevo già notato in passato quell'alone di luce che sembrava avvolgerlo,ma avevo

pensatochesitrattassediunoscherzodeimieiocchiaffaticati.Inquelmomentononerostanco,equindinonc'eranopiùdubbi:eraun'aurasottile,appenapercepibile.“Socrate”,dissi,“c'èunaluceattornoaltuocorpo.Dadoveviene?”.“Daunavita luminosa”, risposesorridendo.Poi ilcampanellosuonòeuscìperdare

allegriaaqualcunoconilpretestodiriempireilserbatoio.Socrateoffrivamoltopiùdiqualchelitrodibenzina.Forseeraquell'aura,quell'energiaol'emozionechetrasmetteva.Eiclientiripartivanoquasisemprepiùfelicidiquandoeranoarrivati.Ma non era quell'alone luminoso la cosa che mi colpiva di più in lui: era la sua

semplicità,lasuaeconomiadigestiedimovimenti,qualcosacheprimanonavevomaiveramenteapprezzato.EracomeseognilezionecheimparavomifacessevedereSocratesemprepiù inprofondità.Piùvedevo lacomplessitàdellamiamente,piùcapivocomeSocavessetrascesolasua.Appenarientrò,glichiesi:“Dov'èJoy?Larivedrò?”.Sorrise,comesefossecontentodisentireancoralemiedomande.“Dan,nonsodov'è.

Quelladonnaèunmisteroperme,loèsemprestata”.Gliparlaidell'incidenteedituttoilperiodosuccessivo.Miascoltòinsilenzioecon

grandeattenzione,annuendoditantointanto.“Dan,nonseipiùilgiovanescioccocheèarrivatoquipiùdiunannofa”.“Un anno? Mi sembravano dieci”, scherzai. “Stai dicendo che non sono più uno

sciocco?”.“No,stodicendochenonseipiùgiovane”.“Seipropriobravoatiraresudimorale,veroSoc?”.“Ora sei uno sciocco con il senso dell'umorismo, Dan. È una differenza enorme.

Adessohailapossibilitàditrovarelaporta”.“Laporta?”.“Ilregnodelguerrieroèprotettodaunaporta.Èbennascosta,comeunmonasterotra

lemontagne.Moltibussano,mapochientrano”.“Beh,fammivederedov'èetroveròilmododientrare”.“Nonècosìsemplice,zuccone.Laportaèdentrodite,seituchedevitrovarla.Manon

seipronto,nondeltutto.Setentassidiattraversarlaora,sarebbequasicertamentelatuafine.C'èancoramoltolavorodafare”.Lesueparolesuonavanocomeunannuncioufficiale.“Abbiamoparlatoditantecose,haiavutodellevisioniehaiimparatodellelezioni.È

ilmomentodi assumerti la piena responsabilità di te stesso.Per trovare laporta, deviseguire...”.“LeRegoledellaCasa?”,suggerii.Rise, poi il campanello suonò di nuovo. Lo osservai attraverso i vetri appannati

camminare svelto sotto la pioggia, con addosso la suamantellina. Infilò la pompa nelserbatoio,andòdallapartedelguidatoreedissequalcosaaunuomodaicapellibiondie

unalungabarba.Ivetrisiappannaronoelipuliiconlamanica,intempopervederlirideredigusto.Poi

Socrate aprì la porta e una folata d'aria fredda mi colpì rendendomi bruscamenteconsapevole,perlaprimavolta,chenonstavoaffattobene.Iniziò a preparare il tè,ma lo fermai. “Per favoreSoc, siediti. Preparo io il tè”. Si

sedette, annuendocol capo in segnodi approvazione.Sentii una leggeravertigine emiappoggiaiallascrivania.Avevolagolasecca,forseiltèmisarebbestatod'aiuto.Mentremettevoilbollitoredell'acquasullapiastraelettrica,chiesi:“Devotrovareun

sentierointeriorecheconduceaquestaporta?”.“Sì, tutti devono trovarlo. Lo si trova con l'addestramento”. Poi, anticipando lamia

domanda, disse: “Tutti abbiamo la potenzialità di trovare la porta e attraversarla, mapochisonodavverointeressati.Questoèunpuntofondamentale.Nonhodecisodifartidainsegnanteinvirtùdiqualchetuastraordinariacapacitàinnata;anzi,assiemeaituoipuntidiforzahaidelleenormidebolezze.L’hofattoperchétuvuoifarequestoviaggio”.Quelleparole fecero risuonareunacordadentrodime.“Forseècome laginnastica,

Soc.Ancheunapersonagrassa,deboleorigidapuòdiventareunbuonginnasta,manelsuocasolapreparazioneèpiùlungaepiùdifficile”.“Sì, è esattamente così. E posso dirti di più: il tuo sentiero sarà molto ripido e

cosparsodiostacoli”.Misentivofebbricitanteeavevomaleintuttoilcorpo.Fuicostrettoadappoggiarmidi

nuovoallascrivania.Conlacodadell'occhiovidiSocratevenireversodimeeallungarela mano verso la mia testa. ‘Oh no, non ora. Non ce la faccio’, pensai.Mami stavasoltantosentendolafronte.Poimitastòleghiandoledelcollo,scrutòilmiovoltoeimieiocchi,infinemiauscultòilpolsoalungo.“Il tuosistemaenergeticoèsquilibratoeprobabilmentehai lamilza ingrossata.Fatti

vederedaunmedico,subito!”.Mentreentravozoppicandonell'atriodelCowellHospitalmisentivodavveromale.La

gola mi bruciava ed ero tutto un dolore. Il medico confermò la diagnosi di Soc:ingrossamento dellamilza.Mi venne diagnosticata una grave forma dimononucleosi evenniricoverato.Febbricitante, dormii a intervalli e sognai che avevo una gamba enorme e l'altra

completamenterinsecchita.Insognoprovavoafareimieieserciziallasbarraodeisaltimortali,ma era un disastro e cadevo, cadevo, cadevo... fino al pomeriggio del giornoseguente,quandoSocrateentròconunmazzodifiorisecchi.“Socrate”,dissidebolmente,felicedallasuavisitainattesa.“Nondovevidisturbarti”.“Certochedovevo”.“Diròall'infermieradimetterliinunvasoeguardandolipenseròate”.“Nonsonodaguardare,sonodamangiare”,disseuscendodallastanza.Ritornòconun

bicchiered'acquacalda.Pestòalcunifiori,liavvolseinunagarzacheavevaportatoconsé e immerse il tutto nell'acqua. “Questo ti rafforzerà e ti aiuterà a ripulire il sangue.Bevi”.Avevailgustoamarodiunamedicina.Poipreseunabottigliapienadiunliquidogialloincuieranostatemesseamacerare

altre erbe e applicò il liquido sullamia gambadestra, direttamente sulla cicatrice.Michiesichecosaavrebbedetto l'infermiera,una ragazzacarinadall'aspettodiunadonnamanager,sefosseentratainquelmomento.“Soc,cos'èquellarobagialla?”.“Urina,conerbemesseamacerare”.

“Urina!”,esclamaiallontanandolagambadisgustato.“Non essere stupido”, disse afferrandomi la gamba e riportandola in posizione.

“L’urinaeraunelisirmoltoapprezzatonelleantichepratichemediche”.Chiusigliocchistanchiedoloranti, la testamipulsavacomeun tamburo.Sentivo la

febbre che ricominciava a salire.Socratemimise lamano sulla fronte, poimi sentì ilpolso.“Bene,leerbestannogiàfacendoeffetto.Questanotteavraiunacrisi,madomanitisentiraigiàmeglio”.Riusciiadireun:“Grazie,Soc”,amalapenaudibile.Si chinò su di me e mi appoggiò la mano sul plesso solare. Tutte le sensazioni

divennerodicolpopiùintense.Misembravachelatestafossesulpuntodiesplodere,lafebbre mi bruciava e sentivo le ghiandole pulsare. La cosa peggiore fu un dolorelancinanteallagambadestra,incorrispondenzadellaferita.“Smettila,Soc,basta!”,urlai.Tolselamanoeioquasisvenni.“Hosoloimmessoneltuocorpounpo’piùdienergia

diquellaacuiseiabituato,peraccelerareilprocessodiguarigione.Bruciasoltantodovehaideiblocchi.Se fossi liberodaiblocchi, se la tuamente fosse limpida, il tuocuoreaperto e il tuo corpo privo di tensioni, sperimenteresti l'energia come un piacereindescrivibile,anchemiglioredelsesso.Penserestidiessereincielo,einuncertosensoavrestiragione”.“Avoltemispaventi,Socrate”.“I guerrieri sono sempre temuti”, sogghignò. “Anche tu hai l'aspetto di un guerriero:

slanciato, flessibile e forte grazie alla tua rudimentale preparazione atletica. Ma haiancoramoltolavorodafareprimadipotergioiredellavitalitàcheioho”.Erotroppodeboleperdiscutere.Entrò l'infermiera. “Misuriamo la temperatura, signor Millman”. Socrate si alzò

educatamente.Ioeroimmobilizzatoaletto,distruttoedolorante:ilcontrastotranoiduenoneramaistatocosìevidentecomeinquelmomento.L’infermierasorriseaSocrate,chericambiòilsorriso.“Conunpo’diriposo,suofigliosiriprenderàinfretta”,disse.“Èquellocheglihodettoanch'io”,disseSoccongliocchiscintillanti.L’infermieragli

lanciòunaltrosorriso.Possibilechefosseunosguardod'intesa?Uscìdallastanzainunbiancofruscio.Socratesospirò.“C'èqualcosanelledonne inuniforme...”.Poimiappoggiò lamano

sullafronteecaddiinunsonnosenzasogni.Il mattino seguente mi sentivo un uomo nuovo. Le sopracciglia del medico si

inarcarono mentre mi palpava la milza e le ghiandole, ricontrollando la mia cartellaclinica.Eraperplesso.“SignorMillman,leisièripresoperfettamente”.Sembravaquasiscusarsi. “La dimettiamo nel pomeriggio. Mi raccomando, molto riposo”. Uscìcontinuandoastudiareincredulolamiacartella.Unfrusciòannunciòl'arrivodell'infermiera.“Miaiuti!”,gridai.“Sì?”,disseentrando.“Nonriescoacapire,forsehounproblemacardiaco.Ognivoltacheleientra,ilmio

battitodiventaerotico”.“Vuoldireirregolare?”.“Beh,infondoèlastessacosa”.Mielargìunbelsorriso.“Sembrachesiaprontopertornareacasa”.“Anche il medico ha detto così, ma sono sicuro di avere bisogno di un'assistenza

infermieristicaparticolare”.

Sorriseeuscì.“Infermiera,nonmilasci!”,gridai.Mentre tornavoacasacamminando, ero stupitodalmiglioramentodellamiagamba.

Zoppicavoancora,spostandol'ancaall'infuoriaognipasso,mapotevocamminaresenzabastone.Doveva esserci qualcosa nella cura all'urina di Soc o nell'energia con cuimiavevaricaricatocomefossistatounabatteria.Le lezioni erano ricominciate.Mi ritrovai di nuovo immerso in compagni di corso,

libri e relazioni,ma tutto quello era diventato secondario. Potevo stare al gioco senzapaura. Avevo cosemolto più importanti da fare, in una piccola stazione di servizio aovestdelcampus.Dopo un lungo pisolino, mi incamminai verso la mia meta. Non feci in tempo a

sedermi,cheSocdisse:“Abbiamomoltolavorodafare”.“Quale?”,chiesistirandomiesbadigliando.“Unarevisionecompleta”.“Civorràmolto?”.“Puoiscommetterci:seitul'oggettodellarevisione”.“Cosa?”,esclamai.Poipensai:masì,facciapure!“Dovraigettartinelfuocoerisorgeredalletueceneri,comelafenice”.“Unametafora,spero!”.Socratesembravaproprioprontoperunariparazionemeccanica.“Inquestomomento

seiunammassodicircuitiaggrovigliatiediprogrammiantiquati.Dovremorevisionareituoivecchimodidiagire,pensare,sognareevedereilmondo.Seiungrovigliodicattiveabitudini”.Cominciavaairritarmi.“Dannazione,Socrate!Saichehoavutounmomentodifficilee

chestofacendodelmiomeglio.Nonhainessunacomprensione?”.Gettòindietrolatestaeriseacrepapelle.Poisiavvicinòemitiròall'improvvisola

camicia fuori dai pantaloni. Mentre la rimettevo a posto, mi scompigliò i capelli.“Ascoltami, Grande Buffone, tutti vogliono comprensione.Ma non basta dire: ‘Vogliorispetto’.Deviguadagnartiilrispettoagendoinmodocorretto;ilrispettodiunguerrierononsiottienefacilmente”.Contai finoadieci, feciunprofondo respiroedissi:“Ecomeotterrò il tuo rispetto,

mioGrandeTerribileGuerriero?”.“Cambiandoiltuomododiagire”.“Qualemododiagire?”.“Il tuo agire da ‘povero me’, naturalmente. Smettila di essere così fiero della tua

mediocrità,dimostraunpo’dispirito!”.Emischiaffeggiòscherzosamentesullaguanciadandomideicolpettinellecostole.“Smettila!”urlai.Nonerodell'umoredigiocare.Cercaidibloccargliilbraccio,masi

liberòebalzòconagilitàsullascrivania.Dilìbalzòsullamiatestapremendomicontroildivano.Cercai rabbiosamente di rimettermi in piedi spingendolo,ma appena lo toccaibalzò all'indietro sulla scrivania. Caddi in avanti e finii contro il pavimento.“Dannazione!”, ero davvero infuriato. Si infilò nella porta dell'officina. Lo inseguiizoppicando.Era seduto sul cofanodiunamacchinacon ipiedi sulparaurti e sigrattava la testa.

“Dan,seifuoridite!”.“Magnificaanalisi”,replicairespirandoaffannosamente.“Bene,bene.Datalasituazionedeviesserearrabbiato.Nonc'ènulladisbagliatonella

rabbiaoinqualunquealtraemozione,mamantienil'attenzionesuquellochefai”.Simise

a lavorare alle candele di una Volkswagen. “La rabbia è un potente strumento pertrasformare le vecchie abitudini”, disse togliendo la prima candela, “e sostituirle concomportamentinuovi”.Inserìunanuovacandelaelachiuse.“Lapaurainibiscel'azione,larabbia lagenera.Imparandoausarecorrettamente larabbia, trasformerai lapaura inrabbiaelarabbiainazione.Questoèilsegretodell'alchimiainteriore”.Ritornatiinufficio,Socratemiseabollirel'acquaperlaspecialitàdellasera:tèalla

rosa canina. Intanto, continuava. “Per liberarti dalle vecchie abitudini, concentra tuttal'energianonnelcombattereilvecchio,manelcostruireilnuovo”.“Comepossocontrollare lemieabitudini senonriesconeppureacontrollare lemie

emozioni?”.“Non devi controllare le emozioni”, rispose. “Le emozioni sono fenomeni naturali

come i fenomeni atmosferici. A volte c'è paura, a volte dolore, a volte rabbia. Leemozioninonsonounproblema.Iltruccostaneltrasformarel'energiadelleemozioniinun'azionecostruttiva”.Mi alzai, tolsi il bollitore dalla piastra e versai l'acqua nelle tazze. “Puoi farmi un

esempiopratico?”.“Passaunpo’ditempoconunneonato”.Divertito, soffiai sul mio tè. “Non ho mai pensato ai neonati come a maestri di

emozioni”.“Quandounneonatoèinfelice,diventapiantopuro.Nonsichiedesedeveonondeve

piangere. I neonati accettano totalmente quello che sentono. Lasciano arrivareun'emozione, e poi la lasciano andare. Sono insegnantimeravigliosi. Impara da loro eavraivintotutteletuevecchieabitudini”.UnaFordRancherosi fermòallepompe.Socrate siavvicinòalguidatorementre io,

ridacchiando,infilavolapompanelserbatoio.Ispiratodallesueultimespiegazioni,urlaioltre il tettuccio dell'auto: “OK,Soc, le farò a pezzi quellemaledette!”. Poi diedi unosguardo ai passeggeri: tre suore scandalizzate!Le parolemimorirono in gola e, rossocomeunpomodoro,midiedidafarealavareilparabrezza.Socrateeraappoggiatoaunapompaesitenevalapanciadallerisa.DopochelaRancherosenefuandata,conmiograndesollievo,arrivòunaltrocliente.

Era l'uomo biondo che avevo già visto, quello con una lunga barba incolta. Scese eabbracciòSocratecalorosamente.“Èsemprebellovederti,Joseph”,disseSocrate.“Ancheperme,Socrate...Socrate,giusto?”.Esorrisenellamiadirezione.“Joseph, ti presento una giovane macchina da domande. Si chiama Dan. Premi un

pulsanteeluifaunadomanda.Davverostupefacente”.Josephmi tese lamano. “Il vecchietto si sta addolcendo con l'età?”, chiese con un

largosorriso.Prima che potessi assicurarlo che Soc era probabilmente più bisbetico che mai, il

‘vecchietto’miinterruppe:“Oh,possoimpigrirmitranquillamente.ConDanèmoltopiùfacilediquantosiastatoconte”.“Capisco”, disse Joseph mantenendo un'espressione serissima. “Non l'hai ancora

portatoafarecentomigliadicorsaoacamminaresuicarboniardenti,vero?”.“Macché.Siamoancoraall'asilo:mangiare,camminareerespirare.Cosecosì”.Josephrisedigustoemisorpresiaridereconlui.“Apropositodimangiare”,disse,

“perché non venite nelmio locale? Saretemiei ospiti privati e vi preparerò una bellacolazione”.

Stavo per rifiutare (avevo lezione all'università), ma Socrate mi precedette.“Magnifico!Ilnostroturnofiniscetramezz'ora.Civediamotrapoco”.“Ottimo,viaspetto”.Pagòeripartì.“Soc,Josephèunguerrierocomete?”,chiesi.“Nessuno è un guerriero come me”, rispose ridendo, “e nessuno vorrebbe esserlo.

Ognunodi noi ha delle qualità innate.Tu eccelli nella ginnastica, Joseph eccelle nellapreparazionedelcibo”.“Vuoidirecheèunottimocuoco?”.“Non esattamente. Joseph è specializzato in cibi non cucinati. Enzimi freschi. Li

gusteraitrapoco.DopolamagiaculinariadiJoseph,tiverràl'allergiaperifast-food”.“Checos'hannodispecialeisuoipiatti?”.“Duecosesoltanto,mamoltosottili.Anzitutto,dàtuttalasuaattenzioneaquelloche

fa. In secondo luogo, l'amore è l'ingrediente principale dei suoi piatti. Il suo amorecontinuaarimanertiinboccaalungo”.L’addettoal turnodigiorno,unadolescentedinoccolato,arrivòconlasuasolitaaria

ingrugnita.Ceneandammo.Affrettai ilmiopassozoppicanteper stareallaparicon leleggerefalcatediSoc,mentreprendevamodellestradinesecondarieperevitarel'intensotrafficodelmattino.Facendo scricchiolare le foglie secche, superammo le schiere di case tipiche di

Berkeley,unmistodistilevittoriano,spagnolocolonialeechaletsvizzero,eunafiladipalazzoni simili a scatole che affittavano appartamenti ai trentamila studentidell'università.Intanto, parlavamo. “Avrai bisogno di una dose enorme di energia per trapassare la

nebbiadellatuamenteetrovarelastradaversolaporta.Perquestosonoessenzialidellepratichepurificantierigeneranti”.“Tispiaceripetere?”.“Certo. Ti daremo una ripulita, ti faremo a pezzetti e ti rimetteremo nuovamente

insieme”.“Oh,perchénonl'haidettosubito?”,scherzai.“Deviaffinare tutte le tue funzioni:muoverti,dormire, respirare,pensare, sentiree...

mangiare.Ditutteleattivitàumane,mangiareèlaprimadamettereaposto”.“Un momento, Socrate. Per me mangiare non è un problema. Sono magro e i miei

successi atletici provano che ho un mucchio di energia. Che importanza può averecambiarepochecosenellamiaalimentazione?”.“Latuaattualealimentazione”,dissealzandolosguardoperammirarelachiomadiuno

splendidoalberoinondatodisole,“puòdartiun‘mucchio’dienergia,matirendeancheconfuso, influenza negativamente i tuoi stati d'animo e abbassa il tuo livello diconsapevolezza”.“E in che modo cambiare alimentazione può influire sulla mia energia?”, insistetti.

“Assumogiàtuttelecalorienecessarie”.“Èvero,maunguerrierodeveconoscereanchegliinflussipiùsottili.Lanostrafonte

principaledienergiaèilsole.Maingenerel'essereumano,cioètu...”.“Grazieperlaconcessione”.“...nelsuoattualestatoevolutivo,nonpuò‘mangiare’ la lucedelsole,apartealcuni

modi molto limitati. Quando l'umanità avrà sviluppato questa capacità, l'apparatodigerente diventerà una vestigia del passato e le case farmaceutiche di lassativifalliranno.Perora,ilciboèlaformadienergiasolaredicuihaibisogno.Questaenergia

tiaiuteràadaffinarel'attenzione,arenderelatuaconcentrazioneaffilatacomeunalama”.“Eliminandoidolci?”.“Equalchealtrapiccolacosa”.“Unavolta,uncampioneolimpionicogiapponesemihadettochenonsonolecattive

abitudinichecontano,maquellebuone”.“Ciò significa che le tue buone abitudini devono diventare così potenti da annullare

quelle che sonodiventate inutili”.Socratemi indicòunapiccola caffetteria aShattuck,vicinoadAshby.C’eropassatodavantimoltevoltesenzamainotarla.“Quindicredinelcibonaturale,Soc”,dissimentreattraversavamolastrada.“Nonsi trattadicredere,madi fare.Mangiosoltantociòcheèsalutareesolonella

quantitànecessaria.Perapprezzarequellochechiamicibonaturale,deviaffinare i tuoiistinti.Devidiventarenaturale”.“Mipuzzadiascetismo.Nemmenounpiccologelatoognitanto?”.“La mia alimentazione può sembrarti molto spartana in paragone a quelli che tu

chiameresti‘moderatipiaceri’,Dan.Maiotraggoungrandepiaceredaciòchemangio,perchéhosviluppatolacapacitàdigioiredeicibipiùsemplici.Esaràcosìancheperte”.Aprimmolaporta.“Entrate,entrate!”,disseJosephconentusiasmo,comesecidesseil

benvenuto in casa sua. In effetti, la piccola caffetteria sembrava un'abitazione privata.Spessi tappeticoprivanoilpavimento.Ipochi tavolieranodiunbel legnomassiccioescintillante e le sedie con lo schienale dritto e imbottito sembravano oggettid'antiquariato.Unaparete era completamenteoccupatadaunenormeacquariopienodipesci colorati. La luce del mattino filtrava attraverso un lucernario sul soffitto. Cisedemmo sotto il lucernario e i caldi raggi del sole, oscurato ogni tanto da nuvolepasseggere.Joseph arrivò con due piatti che posò sulla tavola con un gesto pieno di orgoglio,

servendoprimaSocrateepoime.“Haunaspettodelizioso”,disseSocrateinfilandosiiltovagliolonelcollettodellacamicia.Guardaiilmiopiatto:qualchefettinadicarotaeunafogliadilattuga.Fissaiiltuttoconcosternazione.Vedendo la mia espressione, Socrate quasi cadde dalla sedia dalle risa e Joseph

dovette appoggiarsi a un tavolo. “Ah!”, esclamai con un sospiro di sollievo, “è unoscherzo”.In silenzio, Joseph ritirò i piatti e ritornò con due eleganti ciotole di legno. In ogni

ciotolac'eraunamontagnainminiatura.I fianchidellamontagnaeranocostituitidaduevarietàdimelone.Piccolipezzidinociedimandorlerappresentavanoimassi.Leparetiscosceseerano formatedasottili fettinedimelee formaggio.Glialberieranociuffidiprezzemolo,tuttiperfettamentetagliaticomedeibonsai.Ungelatoalloyogurtimitavalacimainnevata.Labasedellamontagnaeracircondatadaacinid'uvatagliatiametàedaunanellodifragole.Fissaisbalorditoquellacreazione.“Joseph,ètroppobello.Nonpossomangiarlo,èda

fotografare”.Socrateavevagiàcominciatoamangiareaminuscolibocconicom'erasuaabitudine.Attaccaianch'iolamontagnaamodomioeavevoquasifinitoquandoSocrateimprovvisamente cominciò aprenderedei bocconi enormi che trangugiava avidamente.Capiichemistavafacendoilverso.Misforzaidiprenderebocconipiùpiccoli,respirandoprofondamentetraunbocconee

l'altrocomefacevalui,mamisembravaunsistemaesasperatamentelento.“Ilpiacerechericavidalcibo,Dan,èmoltopiùdelgustochesentonoletuepapillee

della sensazione della pancia piena. Impara a goderti tutto il processo: la fame che

precedeilmomentodinutrirti,l'attentapreparazionedelcibo,l'allestimentodiunabellatavola, masticare, respirare, annusare, gustare, ingoiare... e alla fine la sensazione dileggerezzaedienergia.Puoipersinogodertiunafacileetotaleeliminazionedellescoriedopoladigestione.Sedaiattenzionea tuttiquestielementi,cominceraiadapprezzare ipastisemplici.L’ironiadelletueattualiabitudinialimentarièchedaunlatohaipauradisaltareunpasto,edall'altrononseipienamenteconsapevolediquellicheconsumi”.“Iononhopauradisaltareunpasto”,obiettai.“Sonofelicedisaperlo.Tirenderàpiùfacilelaprossimasettimana”.“Cosa?”.“Questoèiltuoultimopastoperiprossimisettegiorni”.Ecominciòadescrivermiun

digiunopurificantechedovevoiniziareimmediatamente.Succhidifruttadiluitie tisaned'erbesarebberostatiilmiounicocibo.“MaSocrate,hobisognodiproteineediferroperaiutarelamiagambaaguarire.Eho

bisognodituttalamiaenergiapergliallenamenti”.Tuttoinutile.Socratesapevaesseredavveroirragionevole.Aiutammo Joseph in cucina chiacchierando di varie cose, poi lo ringraziammo e

uscimmo.Erogià affamato.Mentre ritornavamoal campus,Socrate riassunse le regolecheavreidovutoseguireperchéilmiocorporecuperasseisuoiistintinaturali.“Nelgirodipochianninonavraipiùbisognodiregole.Ma,perilmomento,devieliminaretuttiicibichecontengonozuccheroraffinato,farinabianca,carneeuova,caffè,alcol,tabaccoequalunque tipodidroga.Mangerai frutta fresca everdura cruda, cereali e legumi.Noncredonegliestremismi,quindipotrai farecolazionecon frutta frescaeogni tantodelloyogurt.Apranzo, cheè il pastoprincipale, insalataverde,patate al fornooalvapore,paneintegraleosemitostati.Acena,insalatacrudae,occasionalmente,verdureappenascottatealvapore.Accompagnaognipastoconsemicrudinonsalatiecondellenoci”.“Ormai,tusaraiunespertodinoci...”,brontolai.Passammodavantiaunnegoziodialimentari.Stavoperentrareecomperarequalcosa

didolce,quandomiricordaicheormaiidolcieranovietati.Eperiprossimiseigiornieventitréorenonavreimangiatopraticamentenulla.“Socrate,hofame”.“Nonhomaidettochel'addestramentodiunguerrierosarebbestatounozuccherino”.Attraversammo il campus nell'intervallo tra le lezioni; la Sproul Plaza era affollata.

Lanciaiun'occhiataingordaalleragazzepiùcarine.Socratemitoccòilbraccio.“Questomifaricordareunacosa,Dan.Idolcinonsonol'unicacosacarinachedovraievitareperunpo’ditempo”.Mi fermai di colpo. “Vorrei essere sicuro di non fraintenderti. Puoi essere più

preciso?”.“Certo.Finchénonsaraisufficientementematuro,tieniabbottonatiipantaloni”.“Ma Socrate”, ribattei come se ne andasse della mia vita, “questo è puritanesimo,

irragionevoleemalsano.Ridurreilciboèunacosa,maquestoèmoltodiverso!”.Iniziaia citare la ‘filosofia daPlayboy’:AlbertEllis,RobertRimmer, JacquelineSusann e ilmarchesedeSade.MisinelmucchioancheilReader'sDigesteDearAbby,maluirestòirremovibile.“Non sono tenuto a spiegarti lemie ragioni”, disse. “Dovrai trovare le tue fonti di

eccitazionenell'ariafresca,nelcibopuro,nell'acquapulita,nellaconsapevolezzaenellosplendoredelsole”.“MaSocrate,comefarò?”.

“ConsideraleultimeparoledelBuddhaaisuoidiscepoli”.“Checosadisse?”.Attendevoispirazione.“Impegnatevicontuttelevostreforze”.Esvanìtralafolla.Lasettimanafututtadedicataaimieiritidiiniziazione.Mentrelostomacobrontolava,

Socriempivalemienottidiesercizi‘daasilo’insegnandomiarespirarepiùlentamenteepiùprofondamente.Sfacchinavo‘impegnandomicontuttelemieforze’,misentivodeboleeaspettavoconansiailmio(aaah!)succodifruttadiluitoelatisana,sognandobisteccheeciambelle.Epensarechenoneromaistatoparticolarmenteattrattonédallebistecchenédalleciambelle!Ungiornomidicevadirespirareconlapanciael'altroconilcuore.Criticavailmio

mododicamminare, ilmiomododiparlare, ilmodo incui imieiocchi si spostavanonella stanza, mentre la mia mente ‘vagava’ da qualche parte nell'universo. Niente diquellochefacevosembravasoddisfarlo.Micorreggevacontinuamente,avoltecondolcezzaeavoltecondurezza.“Lagiusta

postura del corpo è unmodo per fondersi con la gravità, Dan. Il giusto atteggiamentointerioreèunmodoperfondersiconlavita”.Ecosìvia.Ilterzogiornodidigiunofuilpiùdifficile.Erosenzaforzeeirritabile,avevomaldi

testael'alitocattivo.“Fatuttopartedelprocessodipurificazione,Dan.Iltuocorposistaripulendo”.Durantelesedutediginnasticariabilitativa,tuttociòcheriuscivoafareerarimaneresdraiatoequalcheeserciziodistretching.Il settimo giorno di digiuno mi sentivo davvero bene. Lo stimolo della fame era

scomparso,sostituitodaunapiacevolesensazionedirilassamentoedileggerezza.Anchela ginnastica riabilitativa migliorò. Limitato soltanto dalla mia gamba debole, miimpegnavoafondoesentivoilmiocorpopiùelasticochemai.Quando,l'ottavogiorno,ricominciaiamangiare,iniziandoconpiccolissimequantitàdi

frutta,dovettiricorrereatuttalamiaforzadivolontàpernonrimpinzarmidituttoquellocheilmenudiSocmiconcedeva.Socrate non tollerava lamentele né critiche. Anzi, pretendeva che non dicessi una

parolaamenochenonfosseassolutamentenecessario.“Nientepiùchiacchiereoziose”,mi disse. “Quello che esce dalla tua bocca è importante quanto quello che vi entra”.Imparai a inghiottire imiei inutili commenti e unavolta che ci feci lamano scoprii labellezza del rimanere in silenzio. Mi faceva sentire più calmo. Ma, dopo alcunesettimane,mivennevogliadifareunpo’diconversazione.“Socrate,scommettoundollarocheriescoafartidirepiùdidueparole”.Allungòlamanoapalmoinsuedisse:“Hai-perso”.Abituatoaimieiprecedentisuccessiatletici,pensavochel'addestramentoconSocrate

sarebberisultatoaltrettantofacile.Manonimpiegaimoltotempoprimadirealizzareche,comeavevadettolui,l'addestramentononeraunozuccherino.Ilmioproblemapiùgravestavadiventando lavitasociale.UnavoltaRick,Side io

portammodelleragazzeamangiareunapizza.Tutti,inclusalamiacompagna,preserounamaxipizza alla salsiccia; io ordinai un piatto vegetariano con pane integrale. Tuttiordinaronobirraofrappè;iosorseggiailentamenteunsuccodimela.Poidecidemmoperun gelato. Per loro ci furono crema, nocciole e panna, io chiesi un'acqua minerale esucchiaiilghiacciocheavevanomessonelbicchiere.Ioliguardavoconinvidia,loromiguardavanocome se fossi ammattito.Forse avevano ragione.Lamiavita sociale stavacollassandosottoilpesodellemiepratiche.Facevo lunghi giri per evitare le pasticcerie, i negozi di alimentari e i ristoranti

all'aperto. La mia compulsione a mangiare sembrava sempre più forte, ma riuscivo acombatterla. Se cedevo davanti a un gelato, come avrei potuto guardare Socrate negliocchi?C’eraqualcos'altrochesembravadiventaresemprepiùforte:unaspeciediresistenza.

Menelamentaiconlui,nonostantelasuaocchiataccia.“Soc,nonseipiùinteressante.Seidiventatounvecchiobrontoloneenonhainemmenopiùiltuoaloneluminoso”.Mi fulminò con lo sguardo. “Basta trucchimagici”, disse soltanto. Appunto! Niente

trucchi, niente sesso, niente patatine fritte, niente hamburger, niente dolci, nientedivertimentoenienteriposo.Solodisciplina,dentroefuori.Gennaiopassò,febbraiovolò,emarzoeraquasifinito.Lasquadragareggiavasenzadi

me.Gli esposi di nuovo i miei sentimenti, ma non mi offrì consolazione né supporto.

“Socrate, sonodiventatounboy-scout spirituale. Imiei amici si rifiutanodiuscireconme.Stairovinandolamiavita”.Senzaalzaregliocchidallascrivania,dissesoltanto:“Impegnaticontutteletueforze”.“Bene,grazieperlostimolantediscorso”.Incominciavaanonpiacermipiùcheun'altra

persona,fossepureSocrate,governasselamiavita.Stringendoidenticontinuaiaosservareleregolecondeterminazione,finchéungiorno

entrò in palestra l'abbagliante infermiera che aveva suscitato le mie fantasie erotichementre ero ricoverato in ospedale. Si sedette a osservare i nostri volteggi. Quasiimmediatamente,meneaccorsisubito,tuttipassaronoaunlivellodienergiapiùaltoeiononfecieccezione.Fingevo di essere immerso negli esercizi, ma ogni tanto la sbirciavo con la coda

dell'occhio. I suoi pantaloni aderenti e il top sviavano lamia concentrazione e lamiamente scivolava verso esercizi di tipo più erotico. Per tutto l'allenamento sentii i suoiocchipuntatisudime.Seneandòpocoprimachefinissimo.Feci ladoccia,mivestiiemidiressiverso le

scale.Eralà,sulpianerottolo,appoggiataallaringhieraconunatteggiamentomoltosexy.Nonricordonemmenodiaverfattol'ultimarampadiscale.“Ciao,DanMillman.MichiamoValerie.Haiunaspettomoltomigliorediquandomi

sonopresacuraditeinospedale”.“Stomoltomeglio,infermieraValerie”,scherzai.“Esonomoltocontentochesiastata

tuacurarmi”.Risecongestilanguidi.“Dan,miaccompagnerestiacasa?Èquasibuioeprimauntalemihaseguita”.Stavo per rispondere che era aprile e che il sole non sarebbe tramontato prima di

un'ora,mapoimidissi:‘Nonesserestupido!’.Camminammochiacchierando,poimi invitòacenada lei.Aprìunabottigliadivino

‘per le occasioni speciali’. Lo assaggiai soltanto, ma era l'inizio della fine. Stavofriggendo,piùbollentediunabisteccasullabrace.Unavocinainterioremichiese:“Seiunuomoounosmidollato?”,eun'altravocinarispose:“Sonounmaledettosmidollato”.Quellaserainfransitutteleregole.Mangiaituttoquellochemivenivaofferto:zuppadifruttidimare,insalata,bisteccaeperdessert...parecchierazionidiValerie.Per tre notti dormii malissimo, chiedendomi come presentare la mia confessione a

Socrate.Poi,prontoalpeggio,entrainel suoufficioegli raccontai tutto.Attesi trattenendo il

respiro. Rimase a lungo in silenzio, poi disse: “Vedo che non hai ancora imparato arespirare...”. Stavo per dire qualcosa,mami fermò con un gesto dellamano. “Dan, io

possocapirecometuabbiapotutopreferireall'addestramentoungelatoounascappatellaconunabelladonna,matu?”.Feceunapausa.“Nientelodeenientebiasimo.Adessohaivistolafamecompulsivadeltuostomacoedeltuobassoventre.Èunabuonacosa,maricordachetihochiestodifaredeltuomeglio.Èquestoiltuomeglio?”.Socrategiròl'interruttoredelsuosguardosu‘penetrante’emitrapassòcongliocchi.

“Ritorna tra unmese, ma solo se avrai applicato alla perfezione le regole. Frequentaquella donna, se lo desideri; ma, indipendentemente dalle tue pulsioni, esercita lavolontà”.“Lofarò,Socrate,logiuro!Adessocapiscodavvero”.“Néledecisioninélacomprensionetirenderannoforte.Ledecisionihannosinceritàe

la logicahachiarezza,manessunadelleduehal'energiachetiserve.Lasciachesia larabbiaarafforzarelatuadecisione.Civediamoilmeseprossimo”.Sapevo che, se avessi fallito di nuovo, sarebbe stata la fine. Con rinnovata

determinazionedecisichenessunadonnasexy,nessungelatoenessunabisteccasarebberoriuscitiasconfiggereun'altravolta lamiavolontà.Avreipadroneggiato imiei impulsi,oppuresareimorto.Valerie mi telefonò il giorno dopo. Al suono della sua voce, che avevo sentito

mormorare nellemie orecchie nonmolto tempo prima, provai la ben nota eccitazione.“Danny, civediamoquesta sera?Sei libero?Escodal lavoroalle sette, ci troviamo inpalestra?”.La portai nella caffetteria di Joseph per sorprenderla con un'insalata fantastica. Mi

accorsicheValeriecivettavaconJoseph...econtuttiimaschicarininellocale.Poisalimmodaleiecontinuammoachiacchierare.Mioffrìunbicchieredivino,maio

chiesidelsuccodifrutta.Miaccarezzòicapelliemibaciò,sussurrandomidolciparolineall'orecchio.Ricambiaiisuoibacicontrasporto.Poilamiavoceinterioreparlòforteechiara:“Smammafinchéseiintempo,bestione!”.Mialzaiebalbettaigoffamentelascusapiùstupidachemivenneinmente.“Valerie,mi

piacitantissimo,ma...sto...mmm...seguendounadisciplinachenonmipermettedi...Mipiacestareconte,ma...provaaconsiderarmisolounamico,unafra-fratello,unpre-pretechetièmoltoaffezio-nato”.Chediavolostavodicendo?Valeriesospirò,sisistemòicapelliedisse:“Dan,èdavverobelloincontrarequalcuno

chenonèinteressatosoltantoalsesso”.“Magnifico”, esclamai sollevato. “Sono contento di sentirtelo dire, perché possiamo

condivideremoltealtrecose,e...”.Guardòl'orologio.“Oh,ètardissimo,domanidevoalzarmipresto...Buonanotte,Dan.

Grazieperlacena.Èstatodavverobello”.Lachiamail'indomani,mail telefonoeraoccupato.Lasciaiunmessaggio,manonmi

richiamò.La incontrai una settimanadopo, al terminedell'allenamento.EramanonellamanoconScott,unodeimieicompagnidisquadra.Salimmolescaleinsiemeeleimieracosìvicinochesentivoilsuoprofumo.MisalutòconuncennodelcapoeScottmilanciòun'occhiatamaliziosa,accompagnatadaunastrizzatinad'occhisignificativa.Nonpensavocheunastrizzatinad'occhipotesseferirecosìtanto.Con una terribile fame che un'insalata verde non avrebbemai potuto soddisfare,mi

trovai davanti a una friggitoria di hamburger. Sentii il profumo degli hamburger chesfrigolavano, l'aroma delle salse... Ah, i bei tempi degli hamburger con insalata,pomodorieamici!Stordito,entraiautomaticamente,andaidirittoalbanconee sentii lamiavocecheordinava:“Unhamburgeraldoppioformaggio,perfavore”.

Mi sedetti, guardai l'hamburger nel piatto davanti a me e lo addentai avidamente.Improvvisamenterealizzai laverità:scegliere traSocrateeunhamburgeral formaggio.Sputaiilbocconecheavevogiàinbocca,gettaiilrestonellaspazzaturaemeneandai.Erafinita:nonsareistatomaipiùschiavodeimieiimpulsi.Quellanotteful'iniziodiunanuovaluce,fattadirispettopermestessoediunsensodi

poterepersonale.Daquelmomento,tuttosarebbestatopiùfacile.Lievi cambiamenti cominciarono a comparire nellamia vita. Sin da bambino avevo

soffertodipiccoliproblemi:nasochecolavaconilfreddo,malditesta,stomacodelicatoe umore mutevole, tutti sintomi che ritenevo normali e inevitabili. Ma ora eranoscomparsi.Provavounsensodileggerezzaesentivoattornoameunalonedienergia.Forseera

per quello che le donne civettavano conme e cani e bambini venivano a chiedere digiocareefarsicoccolare.Alcunicompagnidisquadracominciaronoachiedermiconsigliriguardo a problemi personali. Non più una piccola barca in un mare in tempesta,cominciaiasentirmicomelaroccadiGibilterra.NeparlaiaSocrate,cheannuì.“Iltuolivellodienergiasistaelevando.Lepersone,gli

animaliepersinolecosesonoattrattedaltuocampoenergetico.Ècosìchefunziona”.“LeRegoledellaCasa?”,chiesi.“LeRegoledellaCasa”.Poi aggiunse: “Ma l'autocompiacimento sarebbeprematuro.

Mantieniilsensodellaprospettiva.Haisolosuperatogliesamidellascuolamaterna”.L’annoaccademicoterminòsenzachemeneaccorgessi.Avevosuperatobrillantemente

tutti gli esami e lo studio, che mi era sempre costato grandi sforzi, era diventato unafaccenda di poco conto. La squadra partì per una breve vacanza, poi ritornò per gliallenamentiestivi.Stavocominciandoacamminaresenza ilbastoneealcunevolteallasettimana facevo delle brevi corse di prova. Mi impegnavo ricorrendo a tutta la miadisciplinaecapacitàdisopportazione.Enaturalmentemiimpegnaialmassimoneldareattenzione al cibo, aimovimenti del corpo e alla respirazione,ma ilmiomassimononbastavaancora.Socratenonfacevacheaumentarelesuerichieste.“Orachestairaccogliendoenergia,

gettatinell'addestramentoconpassioneancoramaggiore”.Imparaiarespirarecosìlentamentechecimettevouninterominutopercompletareun

ciclo.Associatoaun'intensaconcentrazioneealcontrollodispecificheareemuscolari,quell'eserciziodirespirazionemiriscaldavacomesefossiinunasaunaemiconsentivadirimanereamioagioall'apertoconqualunquetemperatura.Eroeccitatonel realizzareche stavosviluppando lo stessopoterecheSocmiaveva

mostratolaseradelnostroprimoincontro.Perlaprimavoltaincominciavoacrederecheforse, solo forse, sarei riuscito a diventare un guerriero come lui. Invece di sentirmisocialmenteescluso,misentivosuperioreaimieiamici.Quandounamicosilamentavadiundisturbofisicoodialtriproblemichesapevochesipotevanorisolvereconunadietaadeguata,glidavotuttiiconsiglicheeroingradodioffrire.Unavoltaportai conme lamianuova fiducia inme stesso alla stazionedi servizio,

sicurochequellanottemisarebberostatirivelatidegliantichiearcanisegretidell’India,del Tibet o della Cina. Invece, non feci in tempo a entrare che Socrate mi tese unostrofinaccio e uno spazzolone, con l'ordine: “Fai splendere il bagno”. Nelle settimanesuccessivesbrigaicosì tanti lavorimanualiallastazionedi serviziochenonavevopiùtempoperquellocheritenevoilveroaddestramento.Spostavopneumaticiperun'ora,poiportavo fuori la spazzatura.Spazzavo il pavimentodell'officinae rimettevoapostogli

attrezzi.LavitaconSocratestavadiventandounanoiosasfacchinata.Contemporaneamente, lui diventava sempre più esigente.Mi dava cinqueminuti per

fare un lavoro che richiedeva mezz'ora, poi mi criticava impietosamente se non eroriuscito a finirlo. Era ingiusto, irragionevole e persino offensivo. Mentre stavoassaporandotuttoilmiodisgustoperquellasituazione,Socrateentròinofficinaperdirmicheavevolasciatoilpavimentodelbagnosporco.“Qualcunoavràusatoilbagnodopochel'hopulito”,protestai.“Nientescuseegettavialaspazzatura”.Erocosìfuriosocheafferraiilmanicodellascopacomeunaspada.“Hoportatofuori

laspazzaturacinqueminutifa.Teloricordiostairimbambendo?”.Sogghignò. “Sto parlando di questa spazzatura, babbuino!”. Si indicò la testa e mi

strizzòl'occhio.Lascopamicaddedallemani.Un'altra sera, mentre spazzavo il pavimento dell'officina, Socrate mi chiamò

nell'ufficio.Misedettidicattivoumore,aspettandomialtriordini.“Dan,nonhaiancoraimparatoarespirareinmodonaturale.Smettidiessereindolenteeconcentratidipiù”.Fu la goccia che fece traboccare il vaso. “Tu sei l'indolente”, urlai. “Io sto facendo

tuttoiltuolavoro!”.Mi sembrò di vedere del dolore nei suoi occhi.Dolcemente rispose: “Non è bello,

Dan,alzarelavocecontroiltuoinsegnante”.Troppotardiricordaicheloscopodellesueprovocazionierasemprestatoquellodi

farmivedereilmioorgoglioelemieresistenze,insegnandomiognivoltaaperseverare.Uscii mestamente, a testa bassa. Tutto il mio mondo si era oscurato. Sino a quel

momento non avevo ancora realizzato quanto gli fossi affezionato e quanta gratitudineavessineisuoiconfronti.Mentrecamminavoversocasa,rifletteisullasuapazienzaconimieiscatti,lemielamenteleelemiedomande.Fecivotodinonalzaremaipiùlavocecontrodiluimossodall'ira.Cercai con sempre maggiore impegno di correggere le tensioni del mio modo di

respirare, ma sembravo ottenere solo peggioramenti. Se respiravo profondamente,dimenticavodirilassarelespalle;semiricordavodirilassarle,miafflosciavotroppoinavanti.Unasettimanadopoandaiachiedergliconsiglio.Eraimpegnatonell'officina.Midegnò

soltantodiunbrevesguardoemiindicòlaporta.Adiratoeferito,usciizoppicandonellanotte.Udiilasuavocedietrodime:“Quandoavraiimparatoarespirare,faiqualcosaperiltuosensodell'umorismo”.Lasuarisatamiinseguìfinoacasa.Misedettisugliscalinidelmioappartamentoaguardarelachiesaaldilàdellastrada,

senzarealmentevederla.Midissi:“Bastaconquestofolleaddestramento”,anchesenoncredevo a una sola parola di quello che avevo pensato. Continuai a mangiare le mieinsalate,evitandoognitentazione,emiintestardiiconlarespirazione.Solo unmese dopo, verso lametà dell'estate,mi ricordai di Joseph. Ero stato così

occupatoconlostudio,gliallenamentidigiornoeSocallasera,chenonavevoavutoiltempodiandarloa salutare.Ora,pensai tristemente, avevo tutte le sere libere.Arrivaiallacaffetteriaall'oradichiusura.Illocaleeravuoto.TrovaiJosephincucina,chelavavameticolosamenteipreziosipiattidiporcellana.Eravamocosìdiversi,Josepheio.Ioerobasso,muscoloso,atletico,concapellicorti

e il viso rasato; Joseph era alto e magro, dall'aspetto fragile, con una barba folta eincolta. Io mi muovevo e parlavo rapidamente, lui faceva ogni cosa con gesti lenti eattenti.Nonostantelenostredifferenze,oforseacausaloro,misentivoattrattodalui.

Parlammofinoatardanotte,mentreloaiutavoamettereapostolesedieealavareilpavimento. Anche mentre parlavo cercavo di rimanere concentrato sul respiro, colrisultatochelasciaicadereunpiattoeinciampaineltappeto.“Joseph,Socratetihafattodavverocorrerepercentomiglia?”.Rise.“No,Dan.Nonsonofattoperleprodezzeatletiche.Socnontel'hadetto?Sono

statoilsuocuocoeattendentepersonaleperanni”.“Socparlararamentedelsuopassato.Macomehaifattoaessereilsuoattendenteper

anni?Aocchioecroceneavraitrentacinque”.Josephsiilluminò.“Untantinopiùvecchio,nehocinquantadue”.“Davvero?”.Annuì.C’erasicuramentequalcosainquellediscipline.“Masenonhaifattoaddestramentofisico,checos'haifatto?”.“Erounragazzoirosoedegocentrico.Socrateiniziòadirmifaiquesto,faiquelloeio

sonostatotentatotantevoltediandarmene.Poihoimparatoadare,adaiutare,aservire.Mihaindicatolaviaversolafelicitàelapace”.“Qualeluogomiglioreperimparareaservirediunastazionediservizio!”,scherzai.“Nonhafattosempreilbenzinaio.Haavutounavitamoltovariaemoltoparticolare”.“Parlamene”,lopregai.“Teneparleràluiquandoriterràchesiailmomento”.“Masenonsonemmenodoveabita!”.Josephsigrattòlatesta.“Adessochemicifaipensare,nonlosoneanch'io”.Nascondendolamiadelusione,chiesi:“LochiamianchetuSocrate?Sembraunastrana

coincidenza”.“No,mailsuonuovonome,comeilsuonuovostudente,hadellospirito”.Esorrise.

“Haidettocheeramoltoesigenteconte...”.“Sì, molto rigoroso. Niente di quello che facevo andava bene e se mi vedeva

imbronciatoomisentivabrontolaremicacciavapersettimaneintere”.“Hafattolostessoconmeeadessomihacacciatoindefinitamente”.“Perché?”.“Ha detto che non devo tornare finché non avrò imparato a respirare correttamente,

qualunquecosasignifichi”.“Ah,quello”,disseappoggiando la scopacontro ilmuro.Siavvicinòemimiseuna

manosullapanciael'altrasulpetto.“Orarespira”,disse.Iniziaiarespirarelentamenteeprofondamente,comeSocratemiavevainsegnato.“No,

no.Nonforzare”.Dopoalcuniminuticominciaiasentireunastranasensazionenelventreenelpetto.C’eracalore,rilassamentoeapertura.Scoppiaiapiangerecomeunneonato,immensamentefelicesenzasapereperché.Respiravosenzanessunosforzo,eracomesevenissirespirato. “Chemeraviglia!”, pensai; “Chi ha bisogno di andare al cinema perdivertirsi?”. Ero così eccitato che non riuscivo a contenermi. Poi sentii che il respirodiventavadinuovoteso.“Joseph,l'hoperso!”.“Non preoccuparti, Dan. Devi soltanto imparare a rilassarti. Ora che sai com'è

respirare naturalmente, lasciati respirare sempre di più, finché diventerà una cosanaturale. Il respiro è il ponte tra lamente e il corpo, tra il sentire e l'agire. Il respiroequilibratoenaturaletimantienenelmomentopresente”.“Emirenderàfelice?”.“Tirenderàequilibrato”.

Loabbracciai.“Joseph,nonsocomehaifatto,matiringrazio,graziedavvero”.Glispuntòquelsorrisochemifacevasentireuncaloreintuttoilcorpoeriprendendo

lascopadisse:“Portaimieisalutia...Socrate”.Ilmiorespirononmiglioròdicolpo.Continuavoaforzarlo.Maunpomeriggio,mentre

tornavo a casa dopo una serie di esercizi con i pesi, mi accorsi che, senza nessuninterventodapartemia, respiravo inmodopieno enaturale, quasi comeero riuscito arespirarenellocalediJoseph.Quellaseramiprecipitainell'ufficiodiSocrateperportargliindonoilmiosuccessoe

scusarmiper ilmiocomportamento.Sembravachemiaspettasse.“Bene,continuiamo”,mi disse tranquillamente come se fossi appena ritornato dal bagno invece che da seisettimanediaddestramentointensivo.“Nient'altro,Soc?Qualcosacome‘bravo,ragazzo!’o‘chesplendidoaspetto!’...”.“Non c'è né lode né biasimo sul sentiero che hai scelto. Tocca a te gonfiare le tue

vele”.Scossiilcapoesasperato,poisorrisi.Almeno,erotornato.Quandonondovevopulireibagnimidedicavoanuovieserciziancorapiùfrustranti,

comemeditaresuisuoniinteriorisinoasentirnemoltisimultaneamente.Unasera,mentrepraticavoquestoesercizio,sprofondaiinunostatodipacechenonavevomaiconosciutoprima.Misentii,nonsoperquantotempo,comesefossifuoridalmiocorpo.Fulaprimavolta in cui il mio impegno e la mia energia mi avevano provocato un'esperienzaparanormale,senzabisognocheSocmipremesseleditacontrolatesta,miipnotizzasseoqualunquealtracosamifacesse.Tuttoeccitato,miprecipitaiadirglielo. Invecedicongratularsi,midisse:“Non farti

distrarredalletueesperienze.Leesperienzevannoevengono.Sehaifamediesperienze,vaiavedereunfilm.Èpiùfaciledelloyogaeinpiùcisonoipopcorn.Medita tuttoilgiorno,sevuoi.Ascoltasuonievediluci,oppurevedisuonieascoltaluci,manonfartisedurredalleesperienze.Lasciaandarequalunquecosa”.Frustrato,replicai:“Faccio‘esperienze’,comelechiamitu,perchétumel'haidetto”.Socratemiguardòcomeariasorpresa.“Devopropriodirtitutto?”.Dopo un attimo di rabbia totale,mimisi a ridere.Rise anche lui. “Dan, hai appena

sperimentato una trasformazione alchemica: hai trasformato la rabbia in riso. Ciòsignificacheiltuolivellodienergiaèmoltopiùalto.Lebarrierestannocrollando.Forsestaifacendoqualcheprogresso...”.Senzasmetterediridere,mipassòlostrofinaccio.La sera successiva, per la prima volta, Socrate non fece nessun commento sul mio

comportamento. Capii il messaggio: d'ora in avanti ero io l'unico responsabiledell'osservazionedimestesso.Fualloracherealizzaiilvaloredellesuecritiche.Quasiquasimimancavano.Locapiisolomesipiùtardi,maquellaseraSocrateavevasmessodifarmidagenitore

ederadiventatounamico.Decisi di andare a raccontare l'accaduto a Joseph.Mentre camminavo per Shattuck,

duecamiondeipompierimisuperarono.Nonmifecinessunadomandafinchénonvidiilcielotintodirossoproprioindirezionedellacaffetteria.Mimisiacorrere.Lafollasistavagiàdisperdendoquandoarrivai.AncheJosepheraappenaarrivato:se

nestavaimmobiledavantiallocaleridottoincenere.Udiiilsuopiantodisperatomentrecadevalentamenteinginocchio.Quandoloraggiunsi,ilsuovisoeradinuovosereno.Un pompiere gli spiegò che probabilmente l'incendio era scoppiato nella lavanderia

attiguaalsuolocale.

“Grazie”,dissesemplicemente.“Joseph,mispiacetanto”.“Ancheame”,risposesorridendo.Poilamiacuriositàebbelameglio.“Dueminutifaericosìsconvolto...”.Sorrise.“Propriocosì”.MivenneroinmenteleparolediSoc:“Lasciacheleemozioni

arrivinoepoilascialeandare”.Finoaquelmomentoerarimastaunabellateoria,malì,difronteairestianneritiefumantidellasuasplendidacaffetteria,quelmiteguerrieromiavevaappenainsegnatoafarelapaceconleemozioni.“Eraunpostocosìbello,Joseph”,sospiraiscuotendolatesta.“Già”,disseconunapiccolavenadinostalgia.Inqualchemodo,quellasuacalmamidisturbava.“Ètuttoquiquellocheprovi?”.Mi guardò serenamente, poi disse: “Conosco una storia che potrebbe piacerti, Dan.

Vuoisentirla?”.“Certo”.

InunpiccolovillaggiodipescatoridelGiappone,unaragazzanubilediedeallaluceunbambino.Temendoildisonore,isuoigenitorilechieserochifosseilpadre.Laragazzasirifiutòdidirlo.Ilpescatorecheleiamavaleavevadettoinsegretocheandavaincercadifortuna e sarebbe tornato per sposarla. I genitori insistettero. Per la disperazione, laragazzafeceilnomediHakuin,unmonacochevivevasullecolline.Infuriati, i genitori andarono da Hakuin e gli consegnarono la neonata, dicendo:

“Questabambinaètua;devioccupartenetu”.“È così?”, disse Hakuin, prendendo la bambina in braccio mentre i genitori se ne

andavano.Passòunannoeilveropadreritornòpersposarelaragazza.TutticorserodaHakuin

perchiederglidirestituirelabambina.“Rivogliamolabambina”,dissero.“Ècosì?”,disseHakuinconsegnandolorolapiccola.

Josephattesesorridendolamiareazione.“Unastoriainteressante,Joseph,macosac'entraconquestasituazione?Iltuolocaleè

appenaandatoafuoco”.“Ècosì?”,rispose.Scoppiammoaridere,mentreioscuotevoilcaporassegnato.“Joseph,seipazzocomeSocrate”.“Oh, grazie Dan. Comunque, tu sei scosso a sufficienza per tutti e due. Non

preoccupartiperme,eroprontoperilcambiamento.Forseandròasud,oanord,nonfadifferenza”.“Nonandartenesenzasalutarmi...”.“Ti saluto, allora”,dissedonandomiunodei suoimagnifici abbracci. “Partodomani

stesso”.“NonvaiasalutareSocrate?”.Rise.“Socrateeiocisalutiamoraramente.Piùtardicapirai”.Ciseparammocosì.Erano le tre dimattina di venerdì quando arrivai alla stazione di servizio. Ero più

consapevole che mai di quanto avessi ancora da imparare. Non ero ancora entratonell'ufficio,cheannunciai:“Socrate,ilcaffèdiJosephèbruciatoeluièpartito”.“Strano”,commentò,“ingenereilcaffèbolle...”.Poiritornòserio.“Qualcunosièfatto

male?”.“Noncheiosappia.Manonseiminimamentescosso?”.“ErascossoJoseph?”.“Sìeno”.“Tuttobene,allora”.L’argomentoerachiuso.Poi, con mio stupore, Socrate prese un pacchetto di sigarette e ne accese una. “A

propositodifumo,tihogiàdettochelecattiveabitudininonesistono?”.Nonpotevocredereaimieiocchieallemieorecchie.Nonstavaaccadendodavvero,

midissi.“No, non l'hai mai detto e io ho fatto una bella fatica per seguire le tue

raccomandazionidicambiarelemiecattiveabitudini”.“Oh,servivapersvilupparela tuavolontàeperoffrireai tuoi istintiunbelcorsodi

aggiornamento. Vedi, qualunque comportamento rituale inconscio e compulsivo ènegativo.Masefumare,bere,assumeredroghe,mangiaredolciofaredomandestupidesonoattivitàconsapevoli,sonosiabuonechecattive.Ognicosahailsuoprezzoeilsuopiacere. Conoscendo entrambi gli aspetti, diventi realistico e responsabile delle tueazioni.Soltantoallorapuoifarelaliberasceltadelguerriero:agireononagire.“C'èundetto:‘Quandoseiseduto,siedi;quandoseiinpiedi,staiinpiedi;qualunque

cosafai,non tentennare’.Unavolta fatta lascelta,agiscicon tutto ilcuore.Nonesserecome quel pastore d'anime che pensava alla preghiera mentre faceva l'amore con lamoglieepensavaafarel'amoreconlamogliementrepregava”.Risiaquell'immagine,mentreSocratecreavadeiperfettianellidifumo.“Èmegliofareunerrorecontuttoiltuoesserechecercaredievitareglierroriconuno

spiritotentennante.Responsabilitàsignificaconoscereilpiacereeilprezzodiunacosa,conoscerel'azioneelesueconseguenze,scegliereconsapevolmente”.“Elamoderazione?”.“Lamoderazione?”.Balzòsullascrivaniacomeunpredicatorechetieneunsermoneai

fedeli. “Lamoderazione èmediocrità, paura e confusione travestite. È un inganno deldiavolo. Non è agire né non agire. È un tentennante compromesso che non fa felicenessuno. Lamoderazione è per gli insipidi e gli indecisi che hanno paura di prendereposizione.È per coloro che temono di ridere e di piangere, per coloro che temono divivereedimorire.Lamoderazione”,epreserumorosamentefiatoprimadipronunciarelacondannafinale,“èunpiattoinsipido,èilcibodeldiavolo!”.“Ma tu mi hai sempre decantato il valore dell'equilibrio, della via di mezzo, della

misura...”.Si grattò la testa. “Splendido, hai un ottimo argomento di riflessione. Forse è il

momentodiaffidartiallatuasaggezzainteriore,diascoltareiconsiglideltuocuore”.Ridendo,dissi:“Ituoisermoniinizianodaleoniefinisconodapecore,Soc.Devifare

ancoramoltapratica”.Sistrinsesconsolatamentelespalleescesedallascrivania.“Melodicevanosemprein

seminario”.Nonsapevosestessescherzando.“Comunque,Soc,fumareèunacattivaabitudine”.“Non hai ancora capito, vero? Fumare non è cattivo, cattiva è l'abitudine. Posso

godermiunasigarettaenon fumarepiùper seimesi.E, se fumo,non faccio fintache imieipolmoninonpaghinounprezzo.Poicompiol'azioneadeguatapercontrobilanciareglieffettinegativi”.“Nonavreimaiimmaginatocheunguerrierofumasse”.

Misoffiòinfacciaisuoianellidifumo.“Nonvivosecondoleaspettativedeglialtri,Dan,nemmenosecondolemie.Enontuttiiguerrierifannoquellochefaccioio.Matuttiseguiamo leRegoledellaCasa.Che ilmiocomportamento corrispondaomenoai tuoinuovimodelli,ormaidovrebbeessertichiarochenonhoabitudininécompulsioni.Lemieazionisonoconsce,intenzionalietotali”.Spense la sigaretta emi lanciò un sorriso. “Sei troppo pieno di te, tutto orgoglio e

disciplina di tipo superiore. È il momento di fare un po’ di baldoria”, e prese da uncassetto della scrivania una bottiglia di gin.Di nuovo, non credevo aimiei occhi.Mipreparòungintonic.“Alloraavetedellebibite”,scherzai.Stettealloscherzo.“Solosucchidifrutta”,disseconlestesseparoledelnostroprimo

incontro.Eoramistavaoffrendoungintonic.“Spassiamocela”,disseingollandod'unfiatoilsuogin.“Senzaesclusionedicolpi!”.“Apprezzoiltuoentusiasmo,Soc,madomanimiaspettaunduroallenamento”.“Prendiiltuogiubbotto,ragazzo,eseguimi”.Obbedii.La sola cosa che ricordo è che era sabato sera, che iniziammo presto e non ci

fermammomai.Lanottefuun'interminabilesuccessionediluci,bicchierierisate.Ma ricordobenissimo ilmattinodelladomenica.Eranocirca lecinquee la testami

scoppiava. Camminando per la Mission avevamo superato la Quarta. Riuscivo amalapena a leggere i cartelli nella foschia del primomattino. Improvvisamente,Soc sifermòefissò lanebbia.Gliandaiasbatterecontroridacchiando,poidivenni lucidodicolpo:c'eraqualcosachenonandava.Unaformascurasimaterializzònellanebbia.Mibalenònellamenteilmiosognosemi-dimenticato,masvanìquandovidiun'altraforma,poiunaterza.Treuomini.Duecibloccaronolastrada.Ilterzosiavvicinòedestrasseuncoltellodaunlogorogiacconedipelle.Sentivoletempiepulsarmiimpazzite.“Fuoriisoldi”,abbaiò.Con la mente annebbiata avanzai verso di lui cercando il mio portafoglio, ma

inciampaiecaddiinavanti.Spaventato,l'uomoalzòilcoltello.Socrate,aunavelocitàchenongliavevomaivisto,

gli afferrò il polso, lo fece girare su se stesso e lo sbatté lontano,mentre un altromiveniva addosso. Non riuscì mai a colpirmi: Socrate lo fece crollare a terra con unfulmineocalcioneglistinchi.Primacheil terzopotessemuoversi,Socl'avevagettatoaterrapiegandogliilbracciodietrolaschiena.Glisisedettesopraeglichiese:“Haimairiflettutosullanon-violenza?”.Unodegli assalitori cercò di rialzarsi,maSocrate lanciò un urlo così improvviso e

potentechel'altroarretrò.Approfittandone,ilcapodeitreraccolsedaterrailcoltelloesi scagliò contro di lui. Soc sollevò l'uomo su cui era seduto a cavalcioni e lo lanciòverso quello con il coltello, gridando: “Prendilo!”. I due rotolarono sull'asfalto. Poi,accecatidallarabbia,tentaronounultimo,disperatoassalto.Gliistantisuccessivisonoconfusinellamiamente.RicordocheSocratemispinseda

parteechecaddi.Poinient'altro,salvodeigemiti.Socrateeraimmobile.Quindiabbassòlebracciaefeceunrespiroprofondo.Gettòicoltelliinuntombinoesigiròversodime.“TuttoOK?”.“Sì,salvolatesta”.“Seiferito?”.“No,no,èsolol'alcol.Chediavoloèsuccesso?”.Socratesiinginocchiòaccantoaitreuoministesiaterraesentìilpolso.Poiligiròcon

delicatezza,controllò seavevano feritee incominciòadaredeipiccolicolpi suicorpiprivi di sensi. Soltanto allora capii che stava cercandodi rimetterli in sesto! “Chiamaun'ambulanza”,miordinò.Corsiallapiùvicinacabina telefonicae telefonai.Poiceneandammo,avviandociagrandipassiversolastazionedegliautobus.Loguardai.Avevagli occhi umidi di lacrime, per la prima volta da quando lo conoscevo era pallido estanco.Nell'autobuscheciriportavaacasanonparlammoquasi.Erameglio,spessoparlarefa

male.AllafermatatralaUniversityeShattuck,Socratemidisse,mentrescendeva:“Vieninel mio ufficio per un bicchierino...”. E sorridendo alla mia espressione confusa,aggiunse:“...ditisana”.Scesi dall'autobus a un isolato da casa. La testami scoppiava.Mi sentivo come se

qualcuno continuasse a picchiarmi sulla testa. Camminai fino a casa con gli occhisocchiusi.‘Eccocomesisentonoivampiri’,pensai.‘Lalucepuòdavverouccidere’.La baldoriami aveva insegnato due cose. Primo, avevo bisogno di sciogliermi e di

lasciarmiandare.Secondo,ilprezzodapagareperl'alcolnonvalevalapena.Ilpiacerecheprocuravaerainsignificanterispettoaquellochestavoimparandoagustare.

L’allenamentodellunedìfuuninferno,malapossibilitàdiriprendermisembravareale.Lagambastavaguarendomegliodiquantomiaspettassiederostatopresosottolealidiunuomostraordinario.Tornandoacasa,misentivocosìcolmodigratitudinechemiinginocchiaifuoridelmio

appartamento.Raccolsiunamanciataditerraealzailosguardoalverdesmeraldodellefoglie che scintillavano fremendo nel vento. Per alcuni preziosi secondimi sembrò difondermiconlaterra.Perlaprimavoltadagliannidell'infanziasentiiunaPresenzavitalesenzanome.Poi la mia mente razionale saltò su: ‘Wow, una vera esperienza mistica!’, e

l'incantesimo si ruppe. Tornai allamia condizione terrena di uomo ordinario, in piedisottounolmoconunpugnoditerrainmano.Inunasortadidolcestordimento,entraiincasa,lessiqualchepaginaemiaddormentai.Martedìfuungiornodiquiete,laquieteprimadellatempesta.Mercoledì mattina mi tuffai nelle lezioni. La serenità che speravo fosse ormai

permanente lasciò ilpostoadansiesottilieavecchistimoli.Con tutto l'addestramentocheavevoallespalle,misentiiprofondamentedeluso.Poiaccaddequalcosadinuovo,ilmessaggio di un'intuizione di grande potenza: ‘I vecchi stimoli continueranno apresentarsi,manonavrannoimportanza;sololeazioniimportano;unguerrieroèquellochefa’.Pensai che la mia mente mi stesse giocando uno dei suoi tiri. Eppure, non era un

pensieroenemmenounavoce;eraunacertezza,unsentire.EracomeseSocrate fossedentrodime,unguerrierointeriore.Quellasensazionerimaseconme.La sera, andai a parlare a Socrate della mia mente e di quel sentire. Soc stava

sostituendo la dinamo di unaMercury scassata.Mi guardò e annunciò in tono neutro:“Josephèmortoquestamattina”.Miappoggiaiaunastationwagondietrodime,sconvoltodallanotiziadellamortedi

Josephedall'insensibilitàdiSoc.“Com'èmorto?”,farfugliai.“Oh,moltobene,immagino.Avevaunararaformadileucemia.Cel'avevadaanni,ma

ha resistito a lungo.Unmagnifico guerriero”.Nella sua voce c'era affetto,ma nessuna

tracciadidolore.“Socrate,nonseinemmenounpo’dispiaciuto?”.Posòlachiaveinglese.“Questomiricordaunastoriachehosentitomoltotempofasuunamadredistruttaper

la morte del figlio. ‘È un dolore intollerabile’, disse a sua sorella. ‘Piangevi per tuofiglio prima che nascesse?’, chiese la sorella. ‘No, naturalmente no’. ‘Allora nondevipiangerlonemmenoora.Èritornatoalluogodacuièvenuto,allasuadimoraoriginaria,dov'eraprimadinascere'”.“Questastoriatièdiconforto,Soc?”.“Èunabuonastoria.Coniltempol'apprezzerai”,risposeluminoso.“Pensavodiconoscertibene.Nonavreimaicredutochefossicosìsenzacuore”.“Nonc'ènientedicuipreoccuparsi,Dan.Lamortenonèunproblema”.“MaSocrate,sen'èandato!”.Risesommessamente.“Forsesen'èandatoeforseno.Forsenonèmaistatoqui”.La

suarisataecheggiònell'officina.Improvvisamentecapiichecosamiturbava.“Proverestilastessacosaseiomorissi?”.“Naturalmente”, e scoppiò di nuovo a ridere. “Dan, ci sono cose che ancora non

comprendi.Perora,pensaallamortecomeaunatrasformazione,forseunpo’piùradicaledella pubertà,ma niente di così preoccupante. È solo uno dei cambiamenti del corpo.Quandoaccade,accade.Unguerrierononcercalamortenélarifugge”.Poidiventòserio.“Lacosatristenonèlamorte,mailfattochelamaggiorpartedella

gentenonviverealmente”.Isuoiocchisiriempironodilacrime.Restammoinsilenziocomeduevecchiamici,poimeneandai.Avevoappenasvoltatol'angolo,quandoilsentireritornò.Una‘tragedia’èqualcosadi

molto diverso per un guerriero e per uno sciocco. Semplicemente, Socrate nonconsideravalamortediJosephunatragedia.Neavreicapitoilmotivosoloalcunimesidopo,nelleprofonditàdiunagrottasullemontagne.Ciònonostante,nonriuscivoaliberarmidall'ideacheioeluiavremmodovutosentirci

tristidavantiaundecesso.Confusoeadisagio,arrivaiacasaemiaddormentai.Almattinoarrivòlarisposta:sitrattavasolodelfattocheSocratenonavevarisposto

allemieaspettative.Adessovedevolafutilitàdiviveresecondoleaspettativedeglialtri,comprese le proprie. In quanto guerriero di pace, avrei deciso quando, dove e comeagire.Avevocominciatoaviverelavitadiunguerriero.QuellaseradissiaSocrate:“Sonopronto.Nientepuòpiùfermarmi”.Ilsuosguardopenetrantesmontòtuttiimieimesidiaddestramento.Parlòabassavoce,

malesueparolemitrafissero.“Seiunosciocco.Nessunosaseèprontofinchénonarrivailmomento.Etunonhaimoltotempo,ognigiornoèungiornopiùvicinoallamorte.Quinonstiamogiocando,dovrestiaverloimparato”.Sialzòdicolpoilvento.Senzapreavviso,sentiilesuemanicaldesullemietempie.

Eronascosto tra i cespugli.Pocopiù in là,davanti almionascondiglio, c'eraunuomoarmatodi spada, altopiùdiduemetri. Il suocorpomassiccioemuscolosopuzzavadizolfo.Latestaeracopertadicapellidaselvaggio,intrecciatiel'attaccaturascendevafinoametàdellafronte.Lesuesopraccigliaeranoenormiarchisuunvisocontortoegonfiodiodio.Fissòconmalignitàungiovaneguerrierocheglistavadifronte.Cinquecopieidentiche

delgigante simaterializzaronodalnulla circondando ilgiovaneguerriero. I seigiganti

emisero contemporaneamente una risata che saliva dal profondo delle viscere. Ungrugnitoanimalechemidiedelanausea.Il giovane guerrieromuoveva la testa sconcertato, roteando freneticamente la spada.

Nonavevalaminimapossibilità.Con un ruggito, le sei figure balzarono su di lui. La spada del gigante si abbassò

tagliandogliunbraccio.Ilgiovaneurlòdidolorementreilsanguesgorgavadalmonconeemenòaltriciechifendentiinunultimo,disperatotentativo.L’enormespadasiabbassòancoraelatestadelgiovaneguerrierosistaccòdalcorpo.Mentrerotolavaaterra,avevasulvisoun'espressionedistupore.Ringhiaiinvolontariamente,inpredaallanausea.Iltanfodizolfofusopradime.Una

presad'acciaiomitiròfuoridaicespugliemiscagliòaterra.Quandoriapriigliocchi,losguardoprivodivitadellatestatagliatadelgiovaneguerriero,apochicentimetridalmioviso, mi avvertiva tacitamente del mio imminente destino. Poi udii la voce roca delgigante.“Di’addioallavita,giovanesciocco!”.Lasuacattiveriamifeceinfuriare.Milanciai

sulla spada del giovane guerriero, mi rimisi in piedi e lo fronteggiai. Con un grido,attaccò.Paraiilcolpo,malaforzadellasuaspadamibuttòaterra.Improvvisamente,eranoin

sei.Cercaidimantenerelosguardosuquelloveromentrebalzavoinpiedi,manonerosicurodipoterloriconoscere.Cominciaronoacantaredalprofondodelventreeilcantosi trasformòinunorribile

rantolodimortementremicircondavanoinesorabilmente.Poiilsentiremidissechecosafare.Ilgiganteèlasorgenteditutteletuepaure,èla

tua mente. Questo è il demone che devi distruggere. Non farti ingannare come ilgiovane guerriero: rimani concentrato! Assurdamente, pensai: ‘Che stupidomomentoperimparareunalezione’.Poiritornaiallasituazioneimmediata.Conunacalmadighiacciomisdraiaisullaschienaechiusigliocchiappoggiandomila

spadasulpetto,comesemifossiarresoalmiodestino.Leillusionipotevanoingannareimieiocchi,manonlemieorecchie.Soloilverogiganteavrebbefattorumore.Losentiidietroame.Avevasoltantoduepossibilità:andarseneouccidermi.Decisediuccidermi.Ascoltai con tutta la mia attenzione. Nell'attimo in cui sentii che la sua spada siabbassava,sollevailamiacontuttalaforzaelasentiiaffondarelacerandostoffa,carneemuscoli.Unurlodidolore,eil tonfodiuncorpochecadeva.Afacciaingiù,impalatosullamiaspada,c'eraildemone.

“Questavolta,quasinontornavi”,disseSocrateconariapreoccupata.Corsi in bagno e vomitai. Quando uscii, Soc mi aveva preparato una tisana di

camomillaeliquirizia:“Percalmareinervielostomaco”.Iniziai a raccontargli il mio viaggio, ma mi interruppe subito. “Ero nascosto nei

cespuglidietroditeevedevotutto.C'èmancatopocochestarnutissi,maperfortunamisonotrattenuto.Nonerocertoansiosodiavereachefareconqueltipaccio.Perunattimohocredutocheavreidovutointervenire,matelaseicavatapiuttostobene,Dan”.“Grazie,Soc”.“Hairischiatodavverolavitapermancanzadiconcentrazione”.“Tuttalamiaconcentrazioneerasullaspadadelgigante”.“Davvero?”.“Soc, ho lottato con le illusioni per tutta la vita, preoccupato per ogni minimo

problemapersonale.Hodedicatolamiavitaamiglioraremestessosenzamaivedereilveroobiettivodellamiaricerca.Volevoche ilmondoandassecomevolevoio,sempreprigionierodellamiamente,preoccupatosolodime,dime,dime...Ilgiganteeraquestome,questoego,questopiccoloioconcuimisonosempreidentificato.El'hofattofuori!”.“Suquestononc'èdubbio”.“Checosasarebbeaccadutoseilgiganteavessevinto?”.“Nondirloneanche”,dissecupamente.“Vogliosaperlo.Sareimortodavvero?”.“È possibile”, rispose. “Come minimo, saresti impazzito”. Il bollitore dell'acqua

cominciòafischiare.

Lacorsasullecolline

Socrateversòla tisanafumantenelle tazzeepronunciòleprimeparole incoraggianti intantimesi. “La tuavittorianelduello con il gigante è laprovache seiprontoa fare ilprossimopassoversol’UnicaMeta”.“Qualepasso?”.“Loscopriraiquandostaraiperfarlo.Nelfrattempo,iltuoaddestramentopuòspostarsi

inunsettorediverso”.Un cambiamento! Era un segno di progresso? Ero eccitato, finalmente qualcosa si

muoveva.“Qualèilnuovosettore?”.“Perprimacosa, dovrai trovare le risposte al tuo interno.Cominciamo subito.Esci,

giral'angolo,dietroilbidonedellaspazzaturatroveraiunagrandepietrapiattacontroilmuro.Sieditilìfinchéavraiqualcosadiimportantedadirmi”.“Ètutto?”,chiesi.“Ètutto.Sieditieaspettaun'intuizionedegnadivenirecomunicata”.Uscii, trovai la pietra e sedetti al buio.All'inizio lasciai scorrere pensieri inmodo

disordinato.Poiripassaituttelenozioniappreseneimieiannidiuniversità.Passòun'ora,due, tre. Mancava ancora molto al sorgere del sole e cominciavo ad avere freddo.Rallentaiilrespiroeimmaginaivividamentediavereuncalorenellapancia.Dopounpo’erodinuovoamioagio.Spuntòl'alba.Lasolacosachemivenivainmenteeraun'intuizionecheavevoavuto

duranteunalezionedipsicologia.Mialzaiirrigidito,conlegambeanchilosateedentraizoppicandonell'ufficio.Socrate, rilassatoecomodamentesedutoalla scrivania,chiese:“Cosìinfretta?Bene,dimmi”.Erounpo’imbarazzatoemiauguravochebastasseasoddisfarlo.“Sotto lenostreapparentidifferenze, condividiamo tuttigli stessibisognie le stesse

paure.Siamotuttisullostessocamminoeciguidiamoavicenda.Questacomprensionefanascerelacompassione”.“Nonmale.Ritornaallapietra”.“Maèquasigiornoeiltuoturnoèfinito”.“Nessun problema”, sogghignò. “Sono sicuro che per questa sera avrai pensato a

qualcosa”.“Questasera?Ma...”.Miindicòlaporta.Sedutosullapietraconilcorpodolorante,ripensaiallamiainfanzia.Frugaiintuttoil

mio passato alla ricerca di intuizioni. Niente. Poi cercai di riassumere le esperienzevissutedurantequeimesiconSocrateinunbrillanteaforisma.

Pensaiallelezionicheavreipersoeallascusadaraccontareall'allenatore.Checosagli avrei detto?Che ero rimasto seduto su unapietra in una stazionedi servizio?Beh,almenol'avreifattoridereconl'assurditàdellamiastoria.Ilsolesimuovevanelcieloconesasperantelentezza.Eroaffamato,irritatoedepresso,

marimasisedutofinoasera.Nonavevoancoranientedadirgli.Poi,quandoluiarrivò,capii che voleva qualcosa di più profondo, qualcosa di cosmico. Intensificai laconcentrazione.Lovidientrareinufficioemandarmiunsalutoconlamano.Raddoppiaiimieisforzi.Poi,versomezzanotte,arrivò.Nonriuscivoacamminareedovettifarealcuniminutidistretchingprimadipiombarenell'ufficio.“Soc,cel'hofatta!Dietrolemascheredellepersonehosemprevistoleloropaureela

loromente confusa,maquestononha fatto altro che rendermi cinico, perchénon sonoancora andato abbastanza inprofonditàdavedere la lucedentrodi loro”.Pensavochefosseunarivelazionediproporzionicosmiche.“Eccellente...”, commentò Socrate. Poi, mentre stavo per sedermi sospirando di

sollievo, aggiunse: “...ma non è quello che voglio. Non avresti qualcosa di piùtoccante?”.Ringhiaidifrustrazioneeritornaiallamiapietrafilosofale.“Qualcosadipiù toccante”,avevadetto.Eraunindizio?Ripensaiaimieiesercizidi

riabilitazione inpalestra, con imiei compagnidi squadrachemi stavanoattornocomechiocce,sperandoinunamiaripresa.Unavolta,mentremiesercitavoallasbarra,avevosbagliato la presa e stavo per cadere. Ero destinato a un atterraggio brusco,ma Sid eHerbmi afferrarono al volo emimisero giù delicatamente. “Fai attenzione, Dan”,mirimproveròSid.“Vuoirompertidinuovolagamba?”.Nulla di tutto ciò sembrava utile per risolvere quel pasticcio. Lasciai che la mia

consapevolezzasirilassasse,sperandoinuninterventodelsentire.Nulla.Erocosìrigidoedolorantechenonriuscivopiùaconcentrarmi.Mimisilentamenteinpiediefecialcunimovimenti di t'ai-chi che Soc mi aveva insegnato. Mentre piegavo le ginocchia emuovevoarmoniosamenteilcorpoconlebracciachefluttuavanoleggere, lasciaicheilmiorespiroscorresseconimovimentidelcorpo.Lamiamentesisvuotò,poisiriempìdiun'immagine.

AlcunigiorniprimaavevofattounacorsaperprovarelagambaconcautelafinoaProvoSquare,nelcentrodiBerkeley,vicinoallaBerkeleyHighSchool.Perrilassarmiallafinedella corsa, feci alcuni movimenti di t'ai-chi. Concentrato sulla morbidezza esull'equilibrio,misentivocomeun'algachefluttuavanelmare.Vidichealcuniragazzisieranofermatiaosservarmi,mariportaisubitol'attenzioneal

miocorpo,lasciandofluirelaconsapevolezzaconimovimenti.Quandofinii,miinfilailatutasuipantaloncini.Inquelmomentolamiaattenzionefucatturatadadueragazzinechemiguardavanoridacchiando.Lehoimpressionateperbene,pensaiinfilandoentrambelegambeinunagambadellatuta,perdendol'equilibrioecadendosulsedere.Altri ragazzi si unirono alle risa. Provai un attimodi imbarazzo,mapoimi buttai a

terraerisiconloro.

Inpiedisullapietra,michiesiperchémifossetornatoinmentequell'episodio.Poicapii.Entrai nell'ufficio, mi piazzai davanti alla scrivania e dissi: “Non ci sono momentiordinari!”.Socsorrise.“Bentornato”.Crollaisuldivanoemipreparòiltè.Daalloraconsideraiognimomentoinpalestra,tantoglieserciziaterraquantoquelliin

aria, degno di tutta lamia attenzione.Ma, comeSocratemi aveva spiegato più di unavolta,lacapacitàdiapplicareun'attenzioneaffilatacomeunrasoioaognimomentodellamiavitaquotidianarichiedemolta,moltapratica.L’indomani,primadell'allenamento,approfittaidelcielo serenoedel solecaldoper

meditare a torso nudo nel boschetto di sequoie. Ero seduto da una decina di minuti,quandoqualcunoincominciòascuotermiconviolenza.Rotolaiperterraemirannicchiaisulladifensiva.Poividichiera.“Socrate,nonconoscipropriolebuonemaniere”.“Sveglia!Bastadormiresullavoro.Abbiamomoltecosedafare”.“Hofinitoilturno”,scherzai.“Pausapranzo,sirivolgaalmiocollega”.“Muoviti,ToroSeduto.Vaiaprepararti, infila lescarpedaginnasticae tornaqui tra

dieciminuti”.Andai a casa, infilai le mie vecchie Adidas e tornai di corsa al bosco di sequoie.

Socratenonsivedeva.Incambio,vidilei.“Joy!”.Eraapiedinudi, inpantaloncinicortidaginnasticaeunamaglietta.Lecorsi

incontro e la abbracciai. Per gioco cercai di buttarla a terra, ma non era così facile.Volevoparlare,esprimerle imieisentimentie imieiprogetti,mamimiseunditosullaboccaedisse:“Parleremodopo,Danny.Adessofaiquellochefaccioio”.Iniziòunacombinazionedimovimentidit'ai-chi,deglieserciziritmicipercoordinare

lamenteeilcorpo.Nelgirodipochiminutimisentiileggero,scioltoepienodienergia.Poimiurlòsenzapreavviso:“Aiblocchi,pronti,via!”.Partìatuttavelocitàattraverso

ilcampus,versolecollinedelloStrawberryCanyon.Sbuffandoeansimando,nonancoraprontoperunaveracorsa,rimasiprestoindietro.Spinsisullegambe,conipolmonichescoppiavano.Davantiame, Joysiera fermatasullacollinasopra lostadio.Quando laraggiunsi,riuscivoamalapenaarespirare.“Perchécosì tanto,dolcezza?”,midissecon lemanisui fianchi.Poiripartìsuper il

canyonversolepistetagliafuoco,strettestradesterratechegiravanoattornoallecolline.La inseguii caparbiamente, soffrendo come non soffrivo più da molto tempo, madeterminatoaraggiungerla.Mentre ci avvicinavamo alle piste tagliafuoco, rallentò e prese un passo più umano.

Poi,conmiasorpresa,invecediimboccareunadellepistetagliòperunripidosentieroverticale.Offriiunasilenziosapreghieradiringraziamentoquando,dopountrattodidurasalita,

ripreseunadellepiste.Mentrecorrevamoquasiinpianoamezzacosta,midisse:“Danny,Socratemihachiestodiintrodurtiallatuanuovafasediaddestramento.Lameditazioneèunesercizioutilissimo,maallafinedovrairiapriregliocchieguardartiattorno.Laviadelguerrieroèun'esperienzainmovimento”.L’avevo ascoltata con attenzione, lo sguardo fisso al terreno sotto imiei piedi. “Sì,

certo”, risposi. “Per questomi alleno in pal...”. Alzai lo sguardo giusto in tempo pervederelasuapiccolafigurascomparireinlontananza.Quelpomeriggio, inpalestra,misdraiai sul tappetinoe iniziaia fareuneserciziodi

stretchingdopol'altro,finchél'allenatorevenneachiedermi:“Haiintenzionedirimaneresdraiatotuttoilgiornoovuoiprovareunadellesimpaticheattivitàcheabbiamoinserboperte?Sai,noilichiamiamoesercizi...”.Perlaprimavolta,provaiqualchesemplicesaltomortalepermettereallaprovalamia

gamba.Correreèunacosa, faresaltimortalièun'altra. I saltipiù impegnativipossonoesercitareunapressionediottocentochilisullegambenelmomentoincuitoccanoterra.E,di nuovoper laprimavolta inun anno, cominciai amettere allaprova legambeal

tappetoelastico.Rimbalzavoavvitandomieprovandodei saltimortali.Pat eDennis, imiei due compagni di tappeto elastico, mi gridarono: “Vacci piano, Millman! La tuagamba non è ancora a posto”.Mi chiesi cosa avrebbero detto se avessero saputo cheavevoappenacorsopermigliasuperlecolline.Quellasera,mentreandavodaSoc,erocosìstancochenonriuscivoateneregliocchi

aperti.Speravoinunatisanarilassanteeinqualchechiacchieraamena.Maavreidovutoaspettarmelo...“Mettitidifronteameerimaniinpiedicosì”.Socratemifecevederelaposizione,con

leginocchiaflesse,ilbacinoinavantielespalleindietro.Poiallungòlebracciainavanticome se tenesse inmano una palla invisibile. “Tieni questa posizione senzamuoverti.Respiralentamenteeascolta.Rispettoallamaggioranzadellepersonetimuovibene,mahai imuscoli troppo tesi.La tensioneèunosprecodienergia.Quindi,devi impararearilassaretutteletensioniaccumulate”.Legambecominciaronoatremareperildoloreelosforzo.“Mifamale!”.“Famaleperchéituoimuscolisonoduricomepietre”.“Vabene,hocapito.Quantodevorimanereancoracosì?”.Socratesorriseeuscìbruscamente,lasciandomilìagambepiegate,copertodisudore

e tremante. Ritornò con un gatto grigio che era chiaramente sopravvissuto a moltebattaglie.“DeviaverelamuscolaturadiOscarperpotertimuoverecomenoi”,dissegrattandoil

gattodietroalleorecchie.Oscarfacevalefusa.Lamiafronteeramadidadisudore,ildoloreallespalleeallegambestavadiventando

insopportabile. Finalmente, diede l'ordine: “Riposo!”. Mi raddrizzai, mi asciugai lafronteemossilebracciaperscioglierle.“Vieni,presentatiaOscar”.Oscarcontinuavaafarelefusa,deliziatoperlegrattatinedietroleorecchie.“Dan,adessohaidueallenatori.Vero,Oscar?”.Oscaremiseunmiagoliosoddisfattoeioglifeciunacarezza.“Orapremiimuscolidellazampa,lentamente,finoasentirel'osso”.“Nonvogliofarglimale”.“Premi!”.Premetti semprepiùprofondamente imuscolidellazampa finchésentii l'osso.Oscar

miguardòconcuriositàecontinuòafarelefusa.“Orapremiilmuscolodelmiopolpaccio”,disseSoc.“Nonposso,Soc.Nonsiamoancoracosìintimi”.“Nonfareloscemo”.Gli schiacciai il polpaccio e fui sorpreso di sentire che i suoimuscoli erano come

quellidelgatto,solidimacedevolicomeunagelatinamoltodensa.“Oratoccaate”,disseabbassandosiperpremereilmiopolpaccio.“Ahi!”, gemetti. “Ho sempre pensato che i muscoli duri fossero normali”, dissi

strofinandomiilpolpaccio.“Sì,sononormali,Dan,matudeviandarealdilàdelnormale,aldilàdell'ordinarioe

del ragionevole,nel regnodeiguerrieri.Hai semprecercatodiessere superiore inunadimensioneordinaria,oradiventeraiordinarioinunadimensionesuperiore”.Mise fuori il gatto e mi introdusse agli elementi sottili dell'addestramento fisico.

“Adessocapiscicomelamentecreatensioninelcorpo.Paure,ansieealtridetritimentaliaccumulatiperannidiventanotensionicroniche.Èilmomentodiliberarequestetensioni,diliberareiltuocorpodalpassato”.Steseunlenzuolobiancosultappetoemidissedispogliarmierestareinmutande.Lui

fecelostesso.“Esearrivauncliente?”.Indicòunimpermeabileappesoallaporta.“Ora, fai esattamente comeme”.Cominciò a strofinarsi un olio essenziale sul piede

sinistro. Imitavo ogni suo gesto: schiacciava e premeva in profondità ogni punto dellapiantadelpiede, ildorso, i latie ledita.“Massaggia leossa,nonsoltanto lacarnee imuscoli,inprofondità”.Mezz'oradopoavevamofinitoconilpiedesinistro.Ripetemmolostessoprocedimentoconildestro.Eandammoavanticosìperore,lavorandosuognipartedelcorpo.Imparaisuimieimuscoli,tendinielegamenticosechenonimmaginavoneanche.Sentivoipuntiincuisiattaccavano,percepivolaformadelleossa.Erostupitocheio,unatleta,conoscessicosìpocoilmiocorpo.Socrateavevadovutoinfilarsivelocementel'impermeabileunpaiodivolte,maperil

resto del tempo non ci furono altre interruzioni. Quando mi rivestii era l'alba e misembravadiavereuncorponuovo.Rientrandodopoaverservitouncliente,Socdisse:“Hairipulitoiltuocorpodamolte

vecchiepaure.Neiprossimiseimesitrovailtempoperripeterequestoprocedimentounavoltaallasettimana.Daiun'attenzionespecialeallaferita”.Altricompitiacasa,pensai.Ilcielocominciavaarischiarare.Sbadigliai.Eraoradi

tornare a casa.Mentre uscivo, Socrate mi disse di trovarmi sotto le piste tagliafuocoall'unainpuntodelpomeriggio.Arrivai in anticipo.Feci qualche eserciziodi stretching e di riscaldamento.Dopo il

‘massaggioalleossa’ilmiocorpoerascioltoeleggero,maavevodormitotroppopocoemi sentivo stanco. Scendeva una leggera pioggerella. Non avevo voglia di andare acorrere da nessuna parte e con nessuno. Poi udii un fruscio tra i cespugli. Rimasiimmobile,aspettandomidivederesbucareuncervo.InveceeraJoy.Sempreapiedinudi,sembravaunaprincipessadeglielficon isuoipantalonciniverdieunamagliettagiallolimone con la scritta: “La felicità è un serbatoio pieno”. Senza dubbio un regalo diSocrate.“Ciao, Joy,chepiacerevederti.Sieditiunmomento,ci sono tantecosedicuivorrei

parlarti”.Mifeceunbelsorrisoepartìatuttavelocità.Mentrelaseguivosuperilprimotornante,rischiandospessodiscivolaresullaterra

bagnata,mi sentivo le gambedeboli dopo la corsa del giorno prima.Le ero grato chemantenesseunritmopiùlento,perchémipermettevadiriprenderefiato.Eravamoquasiallafinedellapistapiùbassa.Ilmiorespiroeradifficoltosoelegambe

mi tremavano. All'improvviso disse: “Oplà”, e prese il sentiero in verticale. La miamentesiribellò.Imieimuscolistrematisirifiutavanodiobbedirmi.Joycorrevainsalitacontotaleleggerezza,comesefosseinpiano.Con un urlo, affrontai la salita. Correvo piegato in avanti come un gorilla ubriaco,

ansando,sbuffandoegrugnendo,duepassiavantieunoindietro.Alla finedel sentieroc'eraunospiazzopianeggiante. Joymiaspettavaannusandogli

aghidipinobagnati,feliceecontentacomeunBambi.Imieipolmoniimploravanoaria.“Ho un'idea”, ansimai. “Camminiamo per il resto del percorso; anzi, strisciamo, cosìavremopiùtempoperparlare.Buonaidea,no?”.“Andiamo”,fututtalasuarisposta.La mia delusione si trasformò in rabbia. Bene, l'avrei inseguita fino alla fine del

mondo!Misiilpiedeinunapozzanghera,scivolaieandaiasbatterecontrounramocheper il contraccolpo rischiòdi buttarmigiùdalla collina. “Figliodiputtana!”, dissi in ununicorantolo.Nonmirestavapiùenergiaperparlare.Miinerpicaisuperun'altrasalitachemisembròripidacomeleMontagneRocciose,

mentre Joy si era accucciata e giocava con dei conigli selvatici che saltellavano sulsentiero.Quandolaraggiunsi,iconiglischizzarononeicespugli.Sorridendo,Joyalzòlosguardoedissesoltanto:“Oh,eccoti”.Conuneroicosforzomigettaiinavanticercandodisuperarla,mafuleiasuperarmiinunlampoeascomparireun'altravolta.Avevamofattodicorsaundislivelloditrecentocinquantametri.Eravamosopralabaia

e sottodimevedevogli edificidell'università.Manoneronellecondizioniadatteperammirareilpanorama.Misembravadiesseresulpuntodimorire.Mividisepoltosullacollina,sottolaterrabagnata.Unalapidediceva:“QuigiaceDan.Unbravoragazzoeunbeltentativo!”.La pioggia cadeva fitta, ma continuai a correre come in trance, piegato in due,

inciampando,spingendoinavantiunagambaepoil'altracomeduestantuffi.Lescarpemisembravanostivalidi ferro.Dietrounacurva iniziavaun'altrasalitaquasiverticale.Lamiamente si rifiutòdi nuovodi continuare, ilmio corpo si fermò,ma là, in cima allasalita, c'era Joy, con lemani sui fianchicomesemi stesse sfidando.Nonsocome,mariuscii a convincere le gambe a muoversi. Arrancai, spinsi, e sbuffai per gli ultimiinterminabilimetri...elecaddiaddosso.“Wow,ragazzo!”.Rise.“Noncelafaipropriopiù,seimorto”.Cercandodirespirareappoggiandomialei,ansimai:“Puoi...dirlo...forte...”.Iniziammoladiscesaapassonormale,cosachemidiedelapossibilitàdiriprendermi

e parlarle. “Joy, non so se spingere così tanto e così velocemente sia bene.Non sonoancora pronto a coprire distanze tanto lunghe, e non credo che faccia bene al mioorganismo”.“Hai ragione”, rispose. “Ma questo non era un test per il tuo corpo, era per il tuo

spirito.Un testper capire se sei ingradodi affrontarenon soltanto la salita,ma il tuoaddestramento. Se avessi rinunciato, sarebbe stata la fine di tutto. Ma hai superatol'esame,Danny,l'haisuperatoconlode”.Il vento cominciò a soffiare più forte e la pioggia a cadere a rovesci, inzuppandoci

completamente.Joysifermò,mipreselatestatralemaniemibaciò.L’acquascorrevasui nostri capelli madidi e sulle nostre guance. La abbracciai, annegai nei suoi occhisplendentiecibaciammodinuovo.Misentivo invasodaunanuovaenergia.Risiper ilnostroaspetto,comeduespugne

che avevano bisogno di essere strizzate, e dissi: “Facciamo una corsa fino in fondo”.Scattaiepresiuncertovantaggio.‘Chediavolo’,pensavo,‘nonsaràdifficilescivolarefinlaggiù’.Naturalmentevinselei.Più tardi, al caldo e all'asciutto, feci alcuni tranquilli esercizi assieme a Sid,Gary,

Scott e Herb. Il calduccio della palestra era un gradevole riparo dalla pioggia chescrosciava all'esterno. Nonostante quella corsa tremenda, avevo ancora energie daspendere.Maallasera,quandoentrainell'ufficioemitolsilescarpe,lemieriserveeranofinite.

Avrei voluto lasciar cadere il mio corpo dolorante sul divano e dormire per dieci ododiciore.Invece,misedettiilpiùcompostamentepossibile.Soc aveva cambiato arredamento. Adesso, alle pareti erano appesi dei poster di

giocatoridigolf,sciatori,tennistieginnasti;sullascrivaniac'eranounpiccolocanestroeunapalla.Socrateavevapersinounatutaconlascritta:“OhioStateCoachingStaff”.Aquantopareva,eravamoentratinellafasesportivadelmioaddestramento.Mentre Soc preparava il suo speciale tè rinvigorente, che chiamava ‘Dannazione

tonante’,gliriferiiimieiprogressi.Miascoltòconattenzione,poidisse:“Cisonoaltri

sportoltreallaginnasticaeaquellichepiaccionoallagente”.“Checosavuoidire?”.Aprì un cassetto della scrivania e tirò fuori tre coltelli dall'aspetto letale. “Oh, non

importa”,scherzai.“Dimenticalamiadomanda”.“Inpiedi!”,ordinò.Mialzaieluimilanciòuncoltelloconilpalmodellamano,diritto

controilpetto.Balzai di lato e caddi sul divano, mentre il coltello cadeva senza fare rumore sul

tappeto.Eroimpietrito,conilcuorechebattevaall'impazzata.“Bene”, disse. “Una reazione un po’ esagerata, ma buona. Ora alzati e prendi il

prossimoalvolo”.Proprio in quel momento il bollitore incominciò a fischiare. “Magnifico”, dissi

sfregandomifeliceipalmicopertidisudore.“Iltèèpronto”.“Iltèpuòaspettare.Oraguardamiattentamente”.Soclanciòinaltolalamascintillante.

Ilcoltellosalì inverticale,sigiròericadde.Mentrecadeva,Socmosseilbraccioallastessavelocitàeafferròilmanicotrailpolliceelealtredita,comeunapinza.“Adessoprovatu.Haivistocomel'hopreso?Inquestomodo,ancheavessiafferratola

lamanonmisarei tagliato”.Mi lanciò il coltello.Più rilassato,mi spostai leggermentedallatraiettoriaefeciundeboletentativoperafferrarlo.“Semanchiilprossimo,telolanciodallapunta”,minacciò.Questavoltaimieiocchirimaseroincollatialmanico.Lamiamanoscattò.“Preso!”.“Nonsonodivertentiglisport?”,chiese.Ciimmergemmocompletamentenegliesercizi

dipresaalvolo.Efinalmentecimeritammoiltè.“Voglioparlartidelsatori,unconcettodelloZen. Il satorièciòcheavvienequando

l'attenzioneètuttanelmomentopresente;quandoilcorpoèsveglio,sensibileerilassato;quando le emozioni sono libere e aperte. Il satori è ciò chehai sperimentatomentre ilcoltellovolavaversodite.Èlostatodelguerriero”.“Sai, ho provato questa sensazione molte volte, soprattutto durante le gare. Spesso

sonocosìconcentratochenonsentonemmenogliapplausi”.“Sì,questaèl'esperienzadelsatori.Glisport, ladanza, lamusica,oqualunquealtra

attivitàcherichiedelacompletaattenzione,èunaportasulsatori.Tupensidiamarelaginnastica,malaginnasticaèsemplicementel'involucroattornoaldonodelsatori.Ituoiesercizirichiedonotuttalatuaattenzioneeticonduconoalmomentodellaveritàincuiseitotalmenteunitoaciòchefai.Comeinunduellotrasamurai,osatoriomorte!”.“Comeinundoppiosaltomortale...”.“Sì,perquestolaginnasticaèunadelleartideiguerrieri,unmodoperconcentrarela

mentee liberare leemozionimentreaddestri il corpo.Ma lamaggiorpartedegli atletinonportaquestachiarezzanellavitadiognigiorno.Èquestoil tuocompito.Quandoilsatorisaràlatuarealtàquotidiana,allorasaremouguali.Ilsatorièlachiavecheaprelaporta”.Sospirai.“Sembraunapossibilitàcosìremota,Socrate”.“QuandocorrevidietroaJoy,nonguardavilafinedellasalita;guardavidavantiatee

faceviunpassoallavolta.Eccocomefunziona”.“LeRegoledellaCasa,giusto?”.Pertuttarispostamisorrise.“Adessovaiadormire.Addestramentospecialedomattina

allesette.SullapistadellaBerkeleyHighSchool”.Quandolasvegliasuonò,alleseieunquarto,persvegliarmidovettigettarmigiùdal

letto, immergere la testa nell'acqua fredda, fare qualcheprofonda respirazione e urlare

nelcuscino.Ma quando uscii ero perfettamente sveglio.A passetti di corsa attraversai Shattuck,

tagliaiperAllstonWay,superail’YMCAel'ufficiopostale,earrivaiallapistadiatleticadellascuola,doveSocmistavaaspettando.Ilsuo‘addestramentospeciale’iniziòconmezz'orainquellainsopportabileposizione

piegatachemiaveva insegnatoallastazionedi servizio.Poimi illustròalcuniprincipifondamentalidelleartimarziali.“Levereartimarzialiinsegnanolanonresistenza,laviadegli alberi che si piegano al vento. Questo atteggiamento interiore è molto piùimportantediqualunquetecnicafisica”.Applicando i principi dell'aikido, riusciva ad atterrarmi senza fatica,

indipendentementedaquantomisforzassiditenerlo,diaggrapparmialui,diplaccarloodi colpirlo. “Non opporti mai, a niente e a nessuno. Se ti spingono, tira; se ti tirano,spingi. Senti il corso naturale delle cose e seguilo. In questomodo ti fonderai con ilpoteredellanatura”.Isuoigestieranoladimostrazionedellesueparole.Giunseilmomentodisepararci.“Civediamodomani,stessaora,stessoposto.Questa

serarimaniacasaefaiituoiesercizi.Ricordadirenderelatuarespirazionecosìsottileda non farmuovere nemmeno una piuma sotto le narici”. Se ne andò leggero come sescivolassesuipattini,eiotornaiacasacosìrilassatochemisembravachefosseilventoaportarmi.Quel giorno, in palestra, feci delmiomeglio per applicare ciò che avevo imparato:

‘lasciare che i movimenti accadano’, invece di ‘farli’ io. I miei volteggi alla sbarrasembravanoavveniredasoli,lepreseeleverticalialleparallele,isaltielesforbiciatealla cavallina, sembravano sostenuti da funi invisibili appese al soffitto. Soc e io ciincontravamo ogni mattina poco dopo l'alba. Io correvo a lunghe falcate, mentre Socbalzava come una gazzella. Ogni giorno diventavo più rilassato, e i miei riflessidivennerorapidicomeillampo.Ungiorno,ametàdiunacorsettadiriscaldamento,sifermòdicolpo.Erapallidocome

nonl'avevomaivisto.“Megliochemifermiunpo'”,disse.“Socrate,tuttobene?”.“Continuaacorrere,Dan.Iotiaspettoqui”.Fecicomevoleva,matennigliocchifissi

sullasuafigurachesedevaimmobileaocchichiusi,fieraederetta,mainqualchemodopiùvecchia.Comeeravamorimastid'accordo,nonandaiatrovarloquellaseramalochiamaiper

sentirecomestava.“Comeva,signorallenatore?”.“Benissimo”, disse. “Ma ho preso un assistente che mi sostituirà per qualche

settimana”.Ilgiornodopovidil'assistentediSoccorreresullapistaefeciletteralmenteunsalto

quandoriconobbiJoy.Tentaidiabbracciarla,mamiallontanòemigettòaterra.Comesenonfosseabbastanzamortificante,mivinseneitiridafermoacanestroeribattevatuttelepalle che le lanciavo quando passammo al baseball. Qualunque cosa facessimo, inqualunquesportgareggiassimo,erasempreperfettaefacevasentireme,uncampionedelmondo,unveropivello.Raddoppiai gli esercizi che Socrate mi aveva assegnato, allenandomi con feroce

concentrazione.Ognigiornomisvegliavoallequattrodelmattino,facevot'ai-chifinoalleprimelucieunacorsaincollinaprimadiandareall'appuntamentoconJoy.Nonleparlai

maideimieiallenamentisupplementari.Portavosempreconmelasuafoto.Volevoaverla,volevostareconlei;ma,aquanto

pareva, prima dovevo riuscire a prenderla. Per il momento, il massimo che potevosperareerabatterlainqualchesport.Duesettimanedopo,avevoricominciatoacorrereeasaltaresullecollineconSocrate,

cheeratornatoinazione.“Unastupidainfluenza”,midisse.“Socrate”, gli chiesi mentre mi allenavo a scattare in avanti, farmi superare e

riprenderlo,“nonsonientedellatuavita.Nonholapiùpallidaideadicosafaiquandononsiamoassieme”.Fece un balzo in avanti (almeno tremetri!) e scattò con uno sprint formidabile. Lo

rincorsi,finchéfuiabbastanzavicinodafarmisentire.“Mivuoirispondere?”.“No”.L’argomentoerachiuso.Quando finimmo gli ultimi esercizi di stretching e dopo la seduta di meditazione

mattutina,Socratesiavvicinò,mimiseilbracciosullespalleedisse:“Dan,seistatoundiscepolobravoevolonteroso.D’orainavantifisserai tu il tuoprogrammaquotidiano.Stabilisci tu gli esercizi, io mi limiterò a darti un piccolo extra, visto che te lo seiguadagnato.Saròiltuoallenatorediginnastica”.Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere. “Tu ilmio allenatore di ginnastica?

Questa volta stai davvero esagerando, Soc” Scattai: feci una verticale sullemani, unaseriedicaprioleaterraeunsaltomortaleall'indietrocondoppioavvitamento.“Loammetto”,commentò.“Seipiùbravodime”.“Splendido!”,esclamai.“Finalmentec'èqualcosacheiosofareetuno”.“Tuttavia,devitenderedipiùlebracciaquandotiprepariperl'avvitamentoe...ah,sì,

nellapreparazionetienilatestatroppoindietro”.“Vecchio imbroglione, hai proprio ragione”, dissi realizzando in quel momento che

avevodavverotenutotroppoindietrolatestaenonavevodistesoabbastanzalebraccia.“Una volta sistemata la tecnica, potremo lavorare all'atteggiamento interiore”,

aggiunse.“Civediamoinpalestra”.“Ma,Socrate,hogiàunallenatoreenonsoseiragazziapprezzerannolatuapresenza

inpalestra”.“Oh,sonosicurochetroveraiunascusacredibile...”.Quelpomeriggio,duranteilmeetingprimadell'allenamento,dissiall'allenatoreealla

squadracheilmioeccentricononnodiChicagoeravenutoastaredameperunpaiodisettimane e voleva guardarmi mentre mi allenavo. “È un caro vecchietto, ancora ingamba.Glipiacecrederediessereilmioallenatore.Sevivadifarlodivertireunpo’...nonhatuttelerotelleaposto,capite...sonosicurochenoncidaràfastidio”.Il consenso fu unanime. “Oh, a proposito”, aggiunsi. “Gli piace essere chiamato

Marilyn”.Afaticariusciiarimanereserio.“Marilyn?”,ripeteronosbellicandosi.“Sì,socheèunpo’strano,maquandolovedretecapirete”.“Forse, vedere Marilyn in azione ci aiuterà a capire te, Millman. Dicono che sia

ereditario”.Riseroeiniziammoilriscaldamento.QuestavoltaeraSocrateaentrarenelmioterritorio.Michiedevoseglisarebbepiaciutoilsuonuovosoprannome.L’indomaniavevoun'altrasorpresaperlasquadra.Mierosempreallenatoconestrema

cautelaenessunopotevaimmaginarechefossiguaritoperfettamente.Arrivaiinanticipoeandai nell'ufficio dell'allenatore. Stava scartabellando tra i documenti sparsi sulla

scrivania.“Hal”,annunciai,“voglioparteciparealcampionatointerzonale”.Miguardòaldisopradegliocchialiemidisseamichevolmente:“Saichenonsaraiin

gradodigareggiareperaltriseimesi.Aspettiamoleolimpiadi”.Miavvicinaiesussurraisottovoce:“Einvecesonopronto.Hofattodegliallenamenti

extrapercontomio”.“Nonèpossibile,Dan.Midispiace”.La squadra iniziò gli esercizi di riscaldamento: torsioni, verticali, capriole, salti

mortaliecosìvia.Iorimasiaguardare.Poi gli esercizi a terra, dove tutti andarono benissimo. Stavano per passare

all'eserciziosuccessivo,quandosaliisultappetoeiniziaiafarelamiasequenza.Fui perfetto; doppia flessione all'indietro, verticale, ruote, salti mortali e tutti i

movimentiinventatidame.Atterraiconleggerezzaeuncontrolloperfetto.Vennisalutatodauncorodifischidiammirazioneediapplausi.SideJoshsiguardavanostupiti.“Ehi,chièquestopivello?Dovremometterloinsquadra...”.Ilprossimoesercizioeraaglianelli.IncominciòJosh,poitoccòaSid,ChuckeGary.

Finalmentearrivòilmioturno.Mipassaiiltalcosullemani,miassicuraichelapolsierafosseapostoesaltaiafferrandomiaglianelli.Joshmiaiutòafermarmi,poifeceunpassoindietro.Imieimuscolivibravanodieccitazione.Inspirando,mimisisubitoinverticale,poi allargai lentamente le braccia estendendole in orizzontale e formando una croceperfetta.Udii esclamazioni soffocate di ammirazione mentre riportavo i piedi in basso e

risalivonell'esercizioditensionesullebraccia,questavoltafrontalmente.Poiritornaiinverticale.“Cheiosiadannato!”,esclamòHal,usandoillinguaggiopiùsboccatochegliavessimai sentito usare.Dalla verticale, tornai con un rapidomovimento in posizionefrontaleedestesilebracciainorizzontalesenzailminimotremito.Infine,atterraiconundoppiosaltomortale.Solounpiedeunpo’piùavantidell'altro.Nientemale.Continuammo con gli altri esercizi. Alla fine, salutato di nuovo da urla e fischi di

sorpresa,vidiSocratechesedevatranquillamenteinunangolo,conilvoltoilluminatodaunsorriso.Dovevaavervistotutto.Glifecicennodiavvicinarsi.“Ragazzi,vipresentomiononno”.Poiglipresentaiimieicompagni:“Sid,Tom,Herb,

Gary,JoeleJosh”.“Èunpiacereconoscerti,Marilyn”,dissero incoro.Socrateebbeuna impercettibile

esitazione, poi disse: “Il piacere è mio. Volevo conoscere gli amici del mio Dan”. Isorrisimidisserochelotrovavanosimpatico.“Spero non pensiate che sia troppo strano chemi chiaminoMarilyn”, aggiunse con

noncuranza. “Ilmio vero nome èMerrill,mami è stato appioppato questo nomignolo.Dannonvihadettocomelochiamiamoinfamiglia?”,eridacchiò.“No”,disserosubitointeressati.“Come?”“Beh, farei meglio a non dirlo. Non voglio mettere il caro Dan in imbarazzo. Può

sempredirvelolui,sevuole”.Socrate,lavolpe,miguardòedissesolennemente:“Nondevivergognarti,Dan”.Mentreuscivanodallapalestra,misalutarono.“Ciao,Suzette”,“CiaoJosephine”,“Ci

vediamopiùtardi,Geraldine”.“Aldiavolo,guardacos'haicombinato,Marilyn!”.Emificcaisottoladoccia.Per il resto della settimana, Socrate non staccò mai gli occhi da me. A volte si

rivolgevaaunmiocompagnoeglioffrivaqualcheconsigliocherisultavasemprequello

giusto.Erostupitodallesueconoscenze.Pazientesinoall'eccessocontuttiglialtri,loeramoltomenoconme.Unavolta,avevoappenaterminatolamiglioreseriedieserciziallacavallinacheavessimaifattoemistavotogliendolepolsiere,quandoSocmichiamòemi disse: “Gli esercizi erano buoni,ma seimolto distratto quando ti togli le polsiere.Ricorda,inognimomentosatori!”.Dopounesercizioalleparalleleasimmetriche,commentò:“Dan,deviancoraimparare

ameditareituoimovimenti”.“Checosaintendiconmeditareimovimenti?”.“Meditareunmovimentoèdiversodal farlo.Per farequalcosadev'esserciqualcuno

che lo fa, un soggetto che compie volontariamente qualcosa. Invece, quandomediti unmovimentoabbandoniqualunqueattaccamentoairisultati.Nonc'èpiùun‘io’cheagisce.Dimenticando te stesso diventi ciò che fai e in questo modo la tua azione è libera espontanea,liberadaambizione,inibizioneopaura”.E così via. Osservava ogni espressione del mio volto, ascoltava ogni parola che

dicevo.Si sparse la voce che ero ritornato in perfetta forma. Susie venne a vedermi,

accompagnatadaMichelleeLinda,duesuenuoveamiche.Lindamiattrassesubito.Eraunabellaragazzaslanciatadaicapellirossi,conunvisodailineamentimoltofinidietrogli occhiali. Indossava un vestitino semplice che lasciava intravedere splendide curve.Speraidirivederla.Ilgiornoseguente,dopounallenamentodeludentedovetuttoeraandatostorto,Socrate

michiamòemiinvitòasedermiaccantoalui.“Dan,hairaggiuntounottimolivello.Seiunespertodiginnastica”.“GrazieSocrate”.“Non era un complimento”. Mi guardò negli occhi. “Un esperto dedica la vita ad

allenarsi per vincere le gare. Ma un giorno potresti diventare un master. Un masterdedical'allenamentoallavita”.“Loso,Soc.Mel'haidettounmucchiodi...”.“Sochelosai,manonl'haiancorarealizzato.Nonloviviancora.Gongoliperunbuon

risultato,poitideprimiseungiornol'allenamentononvabene.Soloquandocomincerail'allenamento trascendente, quando ti concentrerai completamente senza nessunattaccamentoairisultati,sapraichecos'èlaviadelguerrierodipace”.“Masenonmipreoccupodeirisultati,alloracosa...”.“Nonhodettodinonpreoccupartene,nonsarebberealistico.MaleRegoledellaCasa

dicono che hai il controllo sulle tue azioni,ma non sui risultati.Dai ilmeglio di te elasciacheDiofacciailresto”.Eaggiunse:“Oggièl'ultimavoltachevengoinpalestra.Daquestomomentoimmaginacheiosiadentrodite,chetiosserviechecorreggaognituominimoerrore”.Le successive settimane furono intense. Sveglia alle sei, stretching, meditazione e

lezioni.Completavoillavoroextrascolasticovelocementeeconfacilità.Poimisedevomezz'oraanon‘fareniente’primadegliallenamentipomeridiani.IncominciaiafrequentareLinda,l'amicadiSusie.Mipiacevamolto,maavevotempo

edenergiasoloperparlarequalcheminutoconleiprimaodopogliallenamenti.Neimieimomentiliberipensavomoltoalei,poiaJoy,poidinuovoalei.La fiducia della squadra e lemie capacità crescevano con ogni nuova vittoria. Era

chiaro a tutti chemi ero più che riavuto. Sebbene la ginnastica non fosse più il fulcrodellamia vita, ne costituiva ancora una parte importante, quindi davo ilmeglio dime

stesso.Lindaeiouscimmoalcunevolteassiemeeandòmoltobene.Unaseravenneaparlarmi

di un problema personale e finì per rimanere tutta la notte, una notte di intimità, maall'internodellecondizioni impostedalmioaddestramento.Mi stavoavvicinandoa leicosìrapidamentechelacosamispaventava.Noneraneimieipiani,malamiaattrazioneperleidiventavasemprepiùforte.Misembravadi‘tradire’Joy,manonsapevoquandoquellagiovanedonnaenigmatica

sarebberiapparsa,semaifosseriapparsa.Joyeral'idealechesvolazzavadentroefuoridallamiavita;Lindaerareale,calda,affettuosae...presente.L’allenatore era sempre più eccitato e nervoso amano amano che si avvicinava il

campionatonazionaleuniversitariochequell'anno,il1968,sisarebbesvoltoaTucson,inArizona.Se avessimovinto sarebbe stata la primavolta per la nostra università eHalavrebberealizzatoilsuosognodopovent'anniditentativi.Arrivammoin finale,oraciaspettavano tregiornidigaracontro laSouthern Illinois

University. Il terzo giorno, la CAL e la SIU erano quasi appaiate, nella più accesacompetizione della storia della ginnastica. Rimanevano tre soli esercizi e i nostriavversarieranoinvantaggioditrepunti.Era un momento critico. Potevamo essere realistici e rassegnarci a un onorevole

secondoposto,oppurepotevamotentarel'impossibile.Io ero per tentare l'impossibile, ilmio spirito era pronto. Dissi alla squadra: “Non

sono guarito per non ottenere niente. Possiamo farcela, lo sento nelle ossa. Diamocidentro!”.Il mio discorso non era stato niente di speciale, ma quello che sentivo, la mia

elettricità,sitrasmiseatuttiimieicompagni.Comeun'ondagigantescainiziammoaprendereforzael'ondadivennesemprepiùalta

e sempre più potente a ogni esercizio. Il pubblico, che prima era abbastanza apatico,iniziò a eccitarsi e poco dopo erano tutti in piedi. Qualcosa era nell'aria e tutti loavvertivano.Anche i nostri avversari sentivano la nostra forza: tremavano facendo le verticali e

sbagliavanogliatterraggi.All'iniziodell'ultimoesercizioavevanoancoraunpuntointerodivantaggioelasbarraerasemprestatailloropuntodiforza.Toccavaagliultimidueatletidellanostrasquadra,Side io. Ilpubblico tratteneva il

fiato. Sid andò alla sbarra e fece una serie di esercizi che fecero trattenere il respiroancheanoi.Finìconildoppiosaltomortalepiùaltochesifossemaivistoinunagara.Ilpubblicoeraimpazzitodall'entusiasmo.Ioerol'ultimo,tuttalaresponsabilitàricadevasudime.L’ultimoatletadellaSouthernfeceunbellavoro.Eranoquasiirraggiungibili,maquel

‘quasi’eratuttociòdicuiavevobisogno.Dovevoottenereunpunteggiodi9.8soloperraggiungerli,enonavevomaiottenutounpunteggiocosìalto.Maeccomisullapedana.Iricordisiaffollavanonellamiamente:laseradell'incidente

inmoto, la fermadecisione di guarire, l'invito delmedico a dimenticare la ginnastica,Socratee ilmioaddestramento intensivo,quellacorsa interminabilesotto lapioggiasuperlecolline...Sentiicrescermidentrounaforza,un'ondadirabbiaversotuttiquellicheavevanodettochenonavreimaipiùpotutogareggiare.Poilarabbiasitrasformòinunacalma glaciale. In quel momento si decideva il mio destino. La mia mente eraperfettamentechiara,lemieemozionipienedipotere.Riuscireomorire.Conlospiritoelaconcentrazioneappresiinunapiccolastazionediservizioneimesi

passati, mi avvicinai alla sbarra. Nella palestra non si sentiva volare una mosca. Ilmomentodelsilenzio,ilmomentodellaverità.Mi applicai il talco allemani e controllai le polsiere.Mimisi subito in verticale e

iniziaiivolteggi.Ilsolorumorechesisentivanellapalestraeraquellodellemiemaniinpresasullasbarramentrefacevounvolteggio,poiunaltroinpresasuunasolamano,poidinuovoaduemani.Solomovimento,nient'altro.Nienteoceani,nientemondo,nientestelle.Sololasbarra

e un ginnasta senza mente, e presto anche l'attrezzo e il ginnasta si dissolsero negliesercizi.Aggiunsiunmovimentochenonavevomaifattoprimainunagaraecontinuaialdilà

delmiolimite,convolteggisemprepiùveloci,preparandomialfinalecondoppiosaltomortale.Consolidai la presa alla sbarra preparandomi a staccarmi e a volare in aria,

avvitandomi inmanoaldestinocheavevo scelto.Gliultimiduevolteggi, poi il primosalto mortale, il secondo e mi distesi per l'atterraggio. Il momento della verità eraarrivato.Feciunatterraggioperfetto,conuncolposeccocheecheggiònellostadio.Silenzio,poi

scoppiò il pandemonio. I giudici mi assegnarono un punteggio di 9.85, eravamo icampioni!Ilmioallenatoremicorse incontro,miafferrò lamanoe iniziòascuoterlaconfoga,

rifiutandosi di lasciarla andare. Era in estasi. I miei compagni mi circondarono e miabbracciarono saltando e gridando, alcuni avevano le lacrime agli occhi. Poi udiil'applausochesalivacomeuntuono.Durantelacerimoniadipremiazionenonriuscivamoacontenerelanostragioia.Festeggiammotuttalanotte,celebrandolanostraimpresafinoalmattino.Era finita. Un sogno lungamente atteso si era realizzato. Solo allora capii che gli

applausi, i punteggi e le vittorie non erano più la stessa cosa. Era avvenuto uncambiamentoradicale:laricercadellavittoriaeraterminata.Era l'inizio della primavera del 1968. Si avvicinava il giorno della laurea e non

sapevoassolutamentechecosaavreifattodopo.MisentivostorditomentrelasciavolamiasquadrainArizonaesalivosulvolochemi

avrebbe riportato a Berkeley, da Socrate e Linda. Guardavo le nuvole sotto di me,completamente privo di ambizioni. Per tutti quegli anni ero stato sorretto dall'illusionedella felicitàottenutaattraverso lavittoria, eoraquell'illusioneera ridotta incenere. Imieisuccessinonmifacevanopiùsentirefelice,nétantomenorealizzato.Allafinevidiattraversolenuvole.Vidichenonavevomaiimparatoagioiredellavita,

masoltantoacompetere.Avevosemprecercatolafelicità,senzamaitrovarla.Miappoggiaialsedilementrel'aereoiniziavaladiscesa.Imieiocchieranobagnatidi

lacrime.Misentivoinunvicolocieco.Nonc'eranoviedifuga.

Ilpiacerealdilàdellamente

Ancoraconlavaligiainmano,andaidirittoacasadiLinda.Traibacileraccontaidellagara,senzaaccennarealcrollodellemieillusioni.All'improvvisol'immaginediSocratesiformònellamiamente;ledissicheavevounappuntamento.“Amezzanottepassata?”.“Sì,hounamico,unamicomaschio,che lavoradinotte.Devodavveroandare”.Un

ultimobacioelalasciai.Sempreconlavaligiainmano,entrainell'ufficio.“Titrasferisciqui?”,scherzòSocrate.“Soc,nonsochecosafare”.“Durantelegaresembravisaperlo.Holettolepaginesportive.Congratulazioni,sarai

soddisfatto”.“Saibenissimociòcheprovo,Soc”.“Possoimmaginarlo”,dissedistrattamentementreentravanell'officinaperresuscitare

la trasmissione di una vecchia Volkswagen. “Stai facendo progressi, come daprogramma”.“Sonocontentodisentirlo”,risposisenzaentusiasmo.“Maunprogrammaperarrivare

dove?”.“Perarrivareallaporta,allafelicitàirragionevole.All'unicoobiettivochehaisempre

avutosenzasaperlo.Maadessoèilmomentodisaperlodinuovoattraversoilritornoaituoisensi”.“Dinuovo?”,ripeteisenzacapire.“Oh, sì. Una volta eri immerso nello splendore e trovavi piacere nelle cose più

semplici”.Poimipreselatestatralemaniemiriportòallamiainfanzia.

Aprogliocchi.Mettointensamenteafuocoleformeeicolorisottolemiemanimentregattonosulpavimento.Toccountappetoedessomitoccainrisposta.Ognicosaèvivaebrillante.Afferrouncucchiaioconlamiaminuscolamanoelobattocontrounatazza.Ilsuonoè

unadeliziaperlemieorecchie.Strillo,pienodiforza.Alzolosguardoevedounagonnache fluttua sopra di me. Vengo sollevato ed emetto dei suoni di gioia. Immerso nelprofumodimiamadre,ilmiocorposirilassanelsuoesonopienodibeatitudine.Un po’ più tardi... L’aria fresca tocca il mio visomentre gattono in giardino. Fiori

coloratitorreggianosudimeesonoimmersoinnuoviprofumi.Strappounfioreemelomettoinbocca.Haunmessaggioamaro.Losputo.Arriva mia madre. Allungo la mano per farle vedere una cosa nera che mi fa il

solletico. Mia madre si abbassa e la scaglia lontano. “Ragno cattivo!”, dice. Poi mi

avvicinaalvisounacosasofficecheparlaalmionaso.“Rosa”,dice,poiripetelostessosuono:“Rosa”.Laguardo,poimiguardoattornoescivolodinuovoinunmondodicoloriprofumati.

Ero a pancia in giù sul tappeto giallo di Socrate. Sollevai lo sguardo e vidi le gambedellavecchiascrivaniadinoce.Tuttomisembravaoffuscato.“Socrate,misentointontito.Forsedovreigettarmiaddossodell'acquafreddapersvegliarmi.Seisicuroche l'ultimoviaggiononabbiacausatodanni?”.“No,Dan.Idannisonostatigiàfatti,prestocapiraicome”.“Quel luogo, credo che fosse il giardino di mio nonno... ma era anche il giardino

dell’Eden”.“Sì,erailgiardinodell’Eden.Tuttiibambinivivonoinungiardinomeravigliosodove

tutto viene percepito direttamente, senza i veli del pensiero. Senza opinioni,interpretazioniegiudizi.La‘caduta’èavvenutaquandohaicominciatoapensare,quandohaiiniziatoasentirtiqualcunocheconosceechedànomiedefinizioni.NonèaccadutosoltantoadAdamoedEva,maatuttinoi.Lanascitadellamenteèlamortedeisensi,nonsitrattadiaveremangiatounamelachecihafattidiventareunpo’sexy!”.“Vorrei poter tornare indietro”, sospirai. “Era così luminoso, così brillante, così

bello”.“Quellochehaisperimentatodabambinopuòesseredinuovotuo.GesùdiNazareth,

unodeiGrandiGuerrieri,hadettocheoccorreesserecomebambiniperentrarenelregnodeicieli”.Feceunapausa,poiaggiunse:“Domattinaalleottoall'ortobotanico.Faremounagitainmezzoallanatura”.Misvegliaidopopocheoredisonno,riposatoedeccitato.Forseoggi,oforsedomani,

avreiscopertoilsegretodellagioia.FecijoggingfinoalloStrawberryCanyoneaspettaiSocall'ingressodell'ortobotanico.Entrammo,ecitrovammocircondatidadisteseerbosepienedituttelespeciedialberi,cespugli,pianteefiori.Entrammoinunaserraenorme.L’ariaeracaldaeumida,innettocontrastoconquella

esternadelmattino.Soc indicò il fogliame tropicale che torreggiava sopradinoi. “Dabambino, tutto questo avrebbe avuto il gusto della prima volta ai tuoi occhi, alle tueorecchie e al tuo tatto.Ma ora hai imparato ad applicare nomi e categorie. ‘Questo èbuono,questoècattivo,questoèuntavolo,questaèunasedia,questaèun'auto,questaèunacasa,questoèunfiore,uncane,ungatto,unpollo,unuomo,unadonna,untramonto,unoceano,unastella’.Lecosetiannoianoperchéperteesistonosoltantocomenomi.Gliaridiconcettidellamenteoscuranolatuapercezionediretta”.Allargòlebracciainunampiogesto,comeperabbracciaretuttoquellochesistendeva

sotto la volta di plexiglas della cupola. “Guardi tutte le cose attraverso un velo diassociazionirelative alle cose, proiettate sulla percezione semplice e diretta.Hai ‘giàvistotutto’,ècomeguardareunfilmperlaventesimavolta.Vedisoltantoilricordodellecose, per questo ti annoi, intrappolato nella tua mente. Devi perdere la mente perritornareaituoisensi”.Laserasuccessiva,quandoarrivai,Socratestavamettendoabollirel'acqua.Mitolsi

conattenzionelescarpeeleallineaisultappetosottoildivano.Ancoragiratodall'altraparte,mifeceunaproposta:“Checosanedicidiunapiccolagara?Tufaiun'acrobazia,ionefaccioun'altraevediamochièpiùbravo”.“Se davvero ci tieni...”.Non volevometterlo in imbarazzo, così rimasi per qualche

secondoinverticalesullascrivaniareggendomisuunbracciosolo,poi feci inunsalto

mortaleall'indietroatterrandoconleggerezzasultappeto.Socrate scosse il capo, evidentemente demoralizzato. “Speravo che potessimo

gareggiareallapari,mavedochenonècosì”.“Midispiace,Soc,matunonseipiùgiovaneeiosonopiuttostobravoinquestecose”.“Quellochevolevodire”,sogghignò,“èche tunonhainessunapossibilitàcontrodi

me”.“Cosa?”.“Guarda”, disse ed entrò in bagno.Mi spostai dalla traiettoria, nel caso uscisse di

nuovo brandendo una spada.Ma uscì soltanto con la sua tazza. La riempì d'acqua,misorrise,lasollevòcomeperfareunbrindisiebevvelentamente.“Allora?”.“Ètutto”.“Tutto,checosa?Nonhaifattounbelniente”.“Certochel'hofatto,seituchenonhaiocchiperapprezzarelamiaprodezza.Sentivo

un piccolo fastidio ai reni, che nel giro di pochi giorni avrebbe potuto cominciare ainfluenzare tutto il mio corpo. Così, prima che insorgesse qualunque sintomo, hoindividuatoilproblemaehodatounabellapulitaaimieireni”.Scoppiaiaridere.“Soc,seilapersonapiùgrandecheabbiamaiincontrato.Ammettila

sconfitta,staibluffando”.“Sonoassolutamenteserio.Quellochetihoappenadettoèvero.Richiedesensibilità

alle energie interne e il controllo cosciente di alcuni meccanismi sottili. Tu, invece”,continuò affondando il coltello nella piaga, “sei soltanto vagamente consapevole diquello che avvienedentroquesto saccodi pelle.Sei un equilibrista che sta imparandosolo adesso a stare in equilibrio sullemani e non hai ancora la sensibilità per sentirequandoseifuoriequilibrio,conilrischiodi‘cadere’ammalato.Haisviluppatounlivellogrossolanodiconsapevolezzasufficienteperfarealcunimovimenti,manientedipiù”.“Soc,staitogliendoognipoesiaauntriplosaltomortale”.“Nonc'ènessunapoesia,èsoloun'acrobaziachetuttipossonoimparareconiltempoe

conlapratica.Maquandosentil'energiascorrereneltuocorpo,questasìcheèpoesia.Continuaaesercitarti,Dan.Affinaituoisensiognigiornodipiù,tendilicomefarestiinpalestra.Allafine, laconsapevolezzascorreràintuttoil tuocorpoenelmondo.Allorapenseraidimenoesentiraidipiù.Gioiraidellepiccolecosedellavitaenonsaraipiùdrogatodai successi edallevittorie”.Rise. “Forse laprossimavoltapotremo fareunaveragara”.Rimanemmoperunpo’ insilenzio,poi loseguiinell'officinae loaiutaia togliere il

motoredaunaVolkswagenpersostituireunalberoditrasmissionemalconcio.Arrivòun'enormelimousineneraequandorientrammoinufficioglichiesisepensava

cheiricchifosseropiùfelicidei‘poveraccicomenoi’.Come sempre, la sua risposta, mi sorprese. “Io non sono povero, Dan, sono

ricchissimo. Bisogna essere ricchi per essere felici”. Sorrise alla mia espressioneperplessa,presecartaepennaescrisse:

“Seiriccosehaiabbastanzadenaropersoddisfareituoidesideri.Macisonoduemodidiesserericchi:puoiguadagnare,ereditare,prendere inprestito,mendicareorubare il

denarochetiservepersoddisfaretuttiituoidesideri,oppurepuoicoltivareunostiledivitasemplice,conpochidesideri.Inquestomodoavraisempredenaroasufficienza.“Solounguerrierodipacepossiedelacomprensioneeladisciplinaperseguirelavia

della semplicità, per conoscere la differenza tra desideri e bisogni. Noi abbiamoinnumerevolidesideri,maiveribisognisonopochi.Latotaleattenzioneaognimomentoè il mio piacere. L’attenzione non richiede denaro, l'unico investimento richiesto èl'addestramento. Questo è un altro vantaggio di essere un guerriero, Dan, costa moltomeno!Ilsegretodellafelicitànonstanelvoleremolto,manelgioiredipoco”.Ascoltare l'incantesimo delle sue parole mi faceva sentire appagato. Niente cose

complicate,nientedisperatericercheoimpresefolli.Socratemiavevarivelatoiltesorodellapuraconsapevolezza.All'improvvisomiafferròsottoleascelle,misollevòemilanciòinalto,cosìinalto

chesbatteiquasicontroilsoffittoconlatesta.Poimipresealvoloeaccompagnòlamiacaduta. “Voglio semplicemente assicurarmi di avere la tua attenzione per la partesuccessivadellalezione.Cheoraè?”.“Ledueetrentacinque”.“Sbagliato!L’oraèsemprestata,è,esaràsempreadesso.Iltempoèadesso,adessoè

iltempo.Chiaro?”.“Sìsì,chiarissimo”.“Edovesiamoadesso?”.“Siamonell'ufficiodiunastazionediservizio.Manonabbiamogiàgiocatoaquesto

giocomoltotempofa?”.“Sì, eormaidovresti sapereche l'unicacosachesaiconassolutacertezzaèchesei

qui,dovunqueilquipossaessere.D’orainavanti,ognivoltachelatuaattenzionevagaverso altri tempi e altri luoghi, riportala immediatamente indietro.Ricorda, il tempo èsempreadessoeilluogoèsemprequi”.Inquelmomento,unostudentedelcollegefeceirruzionenell'ufficiotrascinandoconsé

unamico.“Non riuscivoacrederci!”,disseall'amico indicandoSocrate.Poi, rivoltoaSoc:“Passavoquidavanti,hodatoun'occhiatadentroetihovistolanciarequestotiposulsoffitto.Chidiavolosei?”.Pensai che Socrate si sentisse scoperto. Invece, guardò il ragazzo con espressione

vacua,poiscoppiòaridere.“Ah,questaèbella!Stavamosemplicementeesercitandociper passare il tempo.Dan è un ginnasta.Vero,Dan?”. Io annuii e l'amico disse che siricordavadime,miavevavistoinunpaiodigare.LastorielladiSoceraperfettamentecredibile.“Abbiamo un piccolo tappeto elastico, qui dietro la scrivania”. Andò dietro la

scrivaniae,conmiototalestupore,iniziòasaltaresull'inesistentemini-trampolino,cosìbenechecominciaiacredereanch'iochecifossedavvero.Saltòsemprepiùinalto,finoa sfiorare il soffitto, poi ridusse progressivamente i salti e alla fine si fermò con uninchino.Applaudii.Confusi ma soddisfatti, i ragazzi se ne andarono. Girai attorno alla scrivania.

Naturalmentenonc'eranessuntrampolino.Risiistericamente.“Socrate,seiincredibile!”.“Vero”,disse,maifalsamentemodesto.Il cielo schiariva quando ci preparammoad andarcene.Mentre chiudevo la cerniera

delgiubbotto,sentiichepermeeraun'albasimbolica.Tornandoacasapensavoaicambiamentichestavanoavvenendo,nontantoall'esterno

quanto almio interno.Avevo una nuova chiarezza riguardo allamia strada e allemie

priorità.Avevo finalmente smessodi illudermi che ilmondopotesse appagarmi e cosìsvanivanoanchelemiedelusioni.Naturalmente,avreicontinuatoaviverenelmondodiogni giorno, ma questa volta alle mie condizioni. Stavo cominciando a sentire unprofondosensodilibertàall'internodellavitanormale.AncheilmiorapportoconSocrateeracambiato.Inprimoluogo,avevomenoillusioni

dadifendere.Semidavadell'asinopotevo soltanto ridere, perché sapevo che, almenosecondoisuoistandard,avevaragione.Eadessononmifacevapiùpaura.Mentrepassavodavantiall’HerrickHospital,unamanomiafferròper laspallaemi

ritrassiistintivamente,comeungattochenonvuoleessereaccarezzato.MivoltaievidiSocratechesorrideva.“Ah,vedochenonseipiùunpescenervoso”.“Checifaiqui,Soc?”.“Unapasseggiata”.“Èunpiacerecamminareconte”.Camminammoinsilenzioperunpaiodiisolati,poimichiese:“Cheoraè?”.“Oh,sarannole...”.Poiricordai:“Èadesso”.“Edovesiamo?”.“Qui”.Nondissealtro.Maioavevovogliadiparlareegliraccontaidelmionuovosensodi

libertàedeimieiprogettiperilfuturo.“Cheoraè?”,chiesedinuovo.“Èadesso”,sospirai.“Manon...”.“Edovesiamo?”.“Qui,ma...”.“Devicapireunacosa”,miinterruppe.“Nonpuoifarenullapercambiareilpassatoe

il futurononsaràmaiesattamentecomelopianifichiocomevorrestichefosse.Noncisono mai stati guerrieri del passato, né ci saranno guerrieri del futuro. Il guerriero èsemprequieora.Letuesofferenze,letuepaureelatuarabbia,ituoirimpiantieisensidi colpa, le invidie, i programmi e i tuoi desideri esistono soltanto nel passato o nelfuturo”.“Unmomento,Socrate.Ioricordodiesserestatoarrabbiatonelpresente”.“Nonècosì”,disse.“Quellochevuoidireèchehaiagitoconrabbiainunmomento

presente.L’azione avviene semprenel presente, perché è un'espressionedel corpo e ilcorpopuòesseresoltantonelpresente.Malamenteècomeunfantasmachevivesolonelpassatoonelfuturo.Hailpoteredidistoglierelatuaattenzionedalpresente”.Michinaiperallacciarmilascarpaesentiiqualcosachemitoccavaletempie.

Finii di allacciarmi la scarpa; rialzandomi mi ritrovai da solo in una vecchia soffittaammuffita senza finestre. Nella fioca luce vidi in un angolo un paio di vecchi bauli,appoggiatiinverticalecomebare.Di colpomi si rizzarono i peli sulle braccia emi sentii gelare dalla paura.L’unico

suono che udivo era il battito delmio cuore. Tutto il resto era soffocato da quell'ariafermaestantia.Feciunpassotentennanteevidicheeroall'internodiunpentacolo,unastellaacinquepuntetracciatainrossosulpavimento.Guardaimeglio.Ilrossoerasanguerappreso,ochesistavarapprendendoinquelmomento.Dietrodimeudiiunarisatasimileaungrugnito,cosìorribileenauseantechesentiiin

boccaungustometallico.Migiraiemitrovaiafacciaafacciaconunabestiasquamosae

deforme.Labestiamialitòinvisoeilnauseanteodoredolciastrodelladecomposizionemicolpìconforza.La faccia grottesca si aprì, rivelando delle zanne annerite. Poi parlò: “Vieeeni da

meee...”.Provail'impulsodiobbedire,mailmioistintomitrattenne.Ruggìconfuria.“Figlimiei,prendetelo!”.Ibaulicominciaronoamuoversilentamente

verso di me e si scoperchiarono rivelando orrendi cadaveri in decomposizione cheuscirono dalle bare e avanzarono con decisione. Roteai disperatamente all'interno delpentacolo, cercando un luogo in cui scappare, quando la porta della soffitta si aprì edentròunaragazzadicircadiciannoveanni.Sifermòaiconfinidelpentacolo.Dallaportaspalancataentròunraggiodiluce.Erabellaevestitadibianco.Gemettecomesefosseferita,econunavocelontanami

supplicò: “Aiutami, ti prego, aiutami”. I suoi occhi pieni di lacrime mi imploravano,promettendogratitudine,ricompensaeuninsaziabiledesiderio.Guardailefigurecorrottecheavanzavanoversodime.Guardailaragazzaelaporta.Poiilsentiresipresentò:Rimanidovesei.Ilpentacoloèilmomentopresente.Lìsei

alsicuro.Ildemoneeisuoifiglisonoilpassato.Laportaèilfuturo.Staiattento!Laragazzaemiseunaltrogemitoecaddeaterra.Ilvestitolesalìfinoallavita.Tesele

maniversodime,imploranteetentatrice:“Aiutami...”.Ebbrodidesiderio,usciidalpentacolo.La ragazza ringhiò, mostrandomi un paio di zanne insanguinate. Il demone e i suoi

accoliti urlarono di trionfo e balzarono verso di me. Rientrai precipitosamente nelpentacolo.

Rannicchiatosulmarciapiede,tuttotremante,alzailosguardoversoSocrate.“Ti sei riposato abbastanza? Continuiamo?”, mi chiese mentre alcune persone che

facevanojoggingaquell'oradelmattinocipassaronoaccantoconespressionedivertita.“Devispaventarmiamorteognivoltachevuoichiarireunconcetto?”,strillai.“Soloseèunpuntoimportante”.Dopoalcuniistantidisilenzio,chiesitimidamente:“Nonavrestiilnumeroditelefono

diquellaragazza?”.Socrateallargòsconsolatolebracciaealzògliocchialcielo.“Miaugurochetuabbiacoltoilpuntodiquellapiccolacommedia”.“Certo.Rimaninelpresente,èpiùsicuro.Enonusciredaunpentacolopernessunoche

abbialezanne”.Sogghignò.“Propriocosì.Nonlasciarechenienteenessuno,ancoramenoituoistessi

pensieri, ti spingano a uscire dal presente. Conoscerai senz'altro la storia dei duemonaci...”.

Duemonaci,unvecchioeunnovizio,stavanoritornandoalloromonasteroinGiapponecamminando sotto la pioggia lungo un fangoso sentiero. Incontrarono una bella ragazzacheguardavaimpotentequelfiumedifango.Volevaattraversarlo,manonpoteva.Vedendolasituazione,ilmonacoanzianolapresesullesuerobustebracciaelaportò

dall'altra parte.La donna gli teneva le braccia attorno al collo sorridendogli, finché ilmonacoladeposedolcementedall'altraparte.Ladonnasiinchinòperringraziarloeiduemonacicontinuaronoperlalorostrada.Quandofuronoinvistadelmonastero,ilnoviziononriuscìpiùatrattenersi.“Comehai

potuto prendere una donna in braccio? Un tale comportamento non si addice a unmonaco”.

Ilvecchiomonacoguardòilsuogiovanecompagnoerispose:“Iol'holasciatalà.Tulastaiancoraportando?”.

“Sembra che ci sia dell'altro lavoro”, sospirai, “proprio quando pensavo di esserearrivatodaqualcheparte”.“Iltuoscopononèarrivaredaqualcheparte,maesserequi.Tuviviancoranelpassato

o nel futuro, salvo quando fai un salto mortale o quando io ti pungolo. Adesso è ilmomentodiimpegnarticomenonmai,sevuoiavereunapossibilitàditrovarelaporta.Èqui,difronteate.Aprigliocchi,ora!”.“Macome?”.“Mantieni l'attenzione al momento presente. Questa è libertà dalla sofferenza, dalla

paura: dalla mente. Quando i pensieri toccano il presente, scompaiono”. E fece perandarsene.“Aspetta,Soc.Primadiandartene,dimmi:erituilvecchiomonacodellastoria,quello

chehapresoinbraccioladonna?L’hairaccontatocomesefosseaccadutoproprioate”.“Lastaiancoraportando?”,disseridendomentrescomparivadietrounangolo.

Corsipergliultimiisolatichemiseparavanodacasa,feciunadocciaemiaddormentaiprofondamente.Quando mi svegliai uscii a camminare, meditando nel modo che Socrate mi aveva

insegnato: focalizzando sempre più l'attenzione sul momento presente. Mi stavorisvegliandoalmondoe,comese ritornassibambino,stavoritornandoaimiei sensi. Ilcielosembravapiùbrillante,anchenellenebbiosegiornatedimaggio.ASocratenondissinulladiLinda,perlastessaragionepercuinonavevomaiparlato

aleidiSocrate.EranopartiseparatedellamiavitaesentivocheSocerapiùinteressatoal mio addestramento interiore che alle mie relazioni. Nel frattempo, Linda si eratrasferitaaLosAngelespercercarelavoro.Le lezioni e le settimane si succedevano con leggerezza. La mia vera aula era lo

StrawberryCanyon,dovecorrevocome il vento sulle colline, senza tenerecontodelledistanze.Spessoiconigliselvaticimiaccompagnavanonellacorsa.Avoltemifermavoameditare sotto un albero o semplicemente per annusare la brezza che saliva dall'acquascintillantedellabaia.Rimanevoimmobilealungo,contemplandoloscintilliodell'acquaolenuvolechepassavanovelocisullamiatesta.Mieroliberatodatuttigli‘obiettiviimportanti’delpassato.Nerimanevaunosolo:la

porta. E a volte, in palestra, dimenticavo anche quella, volteggiando in estasi in aria,rimbalzando, avvitandomi, lasciandomi fluttuare con indolenza per poi gettarmi in undoppiosaltomortaleelanciarmidinuovoversoilcielo.Nonostante i chilometri checi separavano,Lindae ioci telefonavamoognigiornoe

diventavamosemprepiùintimi.Mal'immaginediJoyfluttuavaognitantodavantiaimieiocchiomiapparivainsognocolsuosorrisomaliziosoenoneropiùsicurodichecosa,ochi,volevodavvero.Poi,primadirendermeneconto,ilmioultimoannodiuniversitàterminò.Gliesamidi

laureafuronounasempliceformalità.Scrivendolerisposteerodeliziatodall'inchiostroblucheuscivadallapennaecapiichelamiavitaeracambiata.Persinolerighesuifoglisembravanouncapolavoro.Leideeuscivanospontaneamentedallamiatesta,nonostruitedatensioniopreoccupazioni.Ecosì,lamiaistruzioneuniversitariaerafinita.Arrivai alla stazione di servizio con una bottiglia di succo di mela per brindare

assiemeaSocrate.Mentresorseggiavamoinostrisucchi,imieipensiericorserodinuovoalfuturo.“Dovesei?”,michieseSoc.“Cheoraè?”.“Sono qui, Soc. Adesso.Ma lamia realtà presente è che ho bisogno di un lavoro.

Qualcheconsiglio?”.“Sì,faiciòchevuoi”.“Magnifico,unconsigliodavveroutile”.“Non importa quello che fai,ma come lo fai. Oh, a proposito, Joy verrà a trovarci

questofinesettimana”.“Splendido!Chenedicidiunpicnicsabato?Alledieciandrebbebene?”.“Sì,troviamociqui”.Gliaugurailabuonanotteeusciinellafrescaariadellanottedigiugno,sottolestelle

scintillanti.Eracircal'unaemezzo.Stavopergirarel'angolo,quandoqualcosamidissedivoltarmiediguardaresultetto.Eccololà,lastessascenachemiavevacolpitotantimesi prima, immobile in piedi sul tetto, circondato da una tenue luminescenza,mentreguardavailcielo.Ancheseeraaunaventinadimetridameeparlavaabassavoce, loudiidistintamentecomesemifosseaccanto.“Dan,vieniqui”.RitornaigiustointempopervedereSocrateusciredall'ombra.“Primachetenevada,c'èun'ultimacosachedevivedere”.Mipuntògliindiciverso

gliocchiemitoccòappenasopralesopracciglia.Poifeceunpassoindietroebalzòinalto,atterrandosultetto.Rimasidisasso,incapacedicredereaquellocheavevovisto.Soc saltò giù, atterrando quasi senza rumore. “Il segreto”, sogghignò, “è la forza nellecaviglie”.Mistrofinaigliocchi.“Socrate,erareale?Èvero,tihovisto,maprimamihaitoccato

gliocchi”.“Larealtànonhaconfinicosìdefiniti,Dan.Laterranonèsolida.Ècompostadiatomi

e dimolecole,minuscoli universi pieni di spazio. È un luogo dimistero, di luce e dimagia,sesoltantoriuscissiadapriregliocchi”.Ciaugurammolabuonanotte.Finalmentearrivòsabato.Quandoentrainell'ufficio,Socmiaccolsealzandosi.Poimi

sentiiavvoltoinunmorbidoabbraccio.“Sonocosìfelicedirivederti!”,dissirestituendol'abbraccioaJoy.Ilsuosorrisoeraradioso.“Ooh”,squittì,“comeseidiventatoforte!Tistaiallenando

perleolimpiadi?”.“No”,risposiserissimo,“hodecisodiritirarmi.Laginnasticamihaportatofindove

poteva,èoradipassareadaltro”.Joyannuìsenzafarecommenti.“Andiamo”,disseSocrate,prendendo l'anguriacheavevaportatocomecontributoal

picnic.Ioavevodeipanininellozaino.Salimmosullecolline,inunagiornatachenonavrebbepotutoesserepiùbella.Dopo

mangiato,Soccilasciòsoliperandarea‘riposarsisuunalbero’.Cimettemmoachiacchierare.“Joy,ungiornoscriveròunlibrosullemieesperienzeconSocrate”.“Magarinefarannounfilm...”.L’ideamipiaceva.“Evenderannolemagliettedelguerriero...”.“Lesaponettedelguerriero...”,siassociòJoy.“Gliadesividelguerriero...”.

“Elegommedamasticare!”.Socrate decise di avere sentito abbastanza e scuotendo la testa si arrampicò sul suo

albero.Joy e io ridevamo a crepapelle, rotolandoci nell'erba. Con studiata indifferenza, le

proposi:“Perchénonfacciamounacorsettafinoallagiostraeritorno?”.“Dan,devepropriopiacertiperdere”,sivantòJoy.“Miopadreeraun'antilopeemia

madreunghepardo.Miasorellaèilvento,e...”.“Sì,eituoifratellisonounaPorscheeunaFerrari”.Rise,mentresiinfilavalescarpedaginnastica.“Chiperderaccoglielaspazzatura”,dissi.Imitando perfettamente un noto comico, rispose: “Ogniminuto nasce un idiota”. Poi

partìdiscatto.Mentremistavoancora infilandolescarpe, leurlaidietro:“EtuozioèRabbit il coniglio!”.Gridai aSocrate: “Torniamo subito”, e scattai all'inseguimento diJoy.Avevapresounbelvantaggioelagiostraeraapocopiùdiunchilometrodanoi.Eraveloce,maioloerodipiùelosapevo.Ilmioaddestramentomiavevaportatosul

filodelrasoiopiùdiquantopotessiimmaginare.Joy si guardò indietromentre gambe e braccia si muovevano armoniosamente nella

corsae rimase sorpresa (odovreidire scioccata?)vedendocheerogiàdietrodi lei esenzafiatone.Accelerò e guardò di nuovo indietro. Le ero così vicino che riuscivo a vedere le

gocciolinedi sudore sul suo collodelicato.Mentre la affiancavo,midisse ansimando:“Comehaifatto?Haichiestounpassaggioaun'aquila?”.“Sì,unamialontanacugina”.Poilelanciaiunbacioelasuperai.Avevo girato attorno alla giostra e avevo già coperto metà del ritorno, quando mi

accorsi che era rimasta indietro di un centinaio di metri. Mi sembrava che stessespingendotroppoechefossestanca.Preoccupatoperlei,mifermaieraccolsiunfiore.Quandoarrivò,stavoannusandoilmiofiore.“Bellagiornata,vero?”,dissi.“Questomiricordalastoriadellatartarugaedellalepre”,rispose.Poiripartìarazzo.Sorpreso, scattai all'inseguimento. Guadagnavo inesorabilmente terreno, ma ormai

avevaunbuonvantaggio.Leerosemprepiùvicino,finoasentireildolcesuonodelsuofiato affannoso. Spalla a spalla, scattammo contendendoci gli ultimi venti metri.All'improvvisomipreselamano,rallentammoridendoecademmoesattamentesullefettedianguriacheSocavevaappenatagliato,schizzandosemidatutteleparti.Socrateapplaudìmentrefinivoconlafacciasuunafettad'anguriachemicoprìdiun

belsuccorosso.Joymiguardòconunperfettosorrisodaocae, imitandol'accentodelsud,midisse:

“Chearrossisciafare,dolcezza?Micapensichem'haibattuto...”.Miasciugailafacciaemileccaiilsuccodianguriasulledita.Risposi,conlostesso

accento:“Bocconcinomio,ancheunoscioccocapiscechet'hobattutad'unbelpo’...”.“C'èsolounoscioccoqui”,brontolòSoc,“ehaappenadistruttoun'anguria”.RidemmoeiomivoltaiversoJoyconl'amorechemibrillavanegliocchi.Ma,quando

vidiilsuosguardo,smisidicolpodiridere.Joymipresepermanoemicondusseallafinedelprato,dadovelavistaspaziavasulleverdiondulazionidelTildenPark.“Danny,devodirtiunacosa.Tuseiunapersonaspecialeperme.Ma,standoaquanto

diceSocrate”,sigiròaguardareSocrate,chestavascuotendolentamentelatesta,“iltuosentierononèabbastanzalargoancheperme.Almeno,cosìsembrainquestomomento.Eanch'iohoancoratantecosedafare”.

Ilcuoremibatteva,mentreilmondosembravaaffondarenelletenebre.Unapartedellamiavitastavaandandoinpezzi.“Nontilasceròandare.Nonm'importaquellochediceSocrate,tuochiunquealtro”.Isuoiocchisiriempironodilacrime.“Forseungiorno,Danny...MaSocratediceche

peroraèmegliochetumidimentichi”.Mentreguardavoperl'ultimavoltaisuoiocchicosìluminosi,Socratemisiavvicinò

silenziosamente alle spalle e mi toccò leggermente alla base della nuca. Le luci sispenseroeiodimenticaidiavereconosciutounadonnadinomeJoy.

PARTETERZA

IRRAGIONEVOLEFELICITÀ

Laricercafinale

Quandoriapriigliocchi,erosdraiatosullaschienaconilcielosopradime.Dovevoessermiappisolato.Mistiraiedissi:“Noiduedovremmovenirepiùspessoa

faredeipicnic,noncrediSoc?”.Annuìlentamente.“Sì,solonoidue”.Raccogliemmolenostrecoseetagliammoperiboschifinoallafermatadell'autobus.

Pertuttaladiscesaebbilavagasensazionediaveredimenticatodidireofarequalcosa,oforsediaveredimenticatoqualcosalassù.Maquandol'autobuscominciòacorrereinpianura,quellasensazioneerasvanita.Primadiscendere,chiesi:“Soc,chenedicidiunabellacorsadomani?”.“Perché aspettare domani?”, rispose. “Troviamoci stasera alle undici e mezzo sul

ponte.Faremounabellacorsainnotturna”.Quella notte, la lunapiena illuminava le colline con la sua luce argentea.Maormai

conoscevometropermetroisettechilometridisalitaepotevoseguireilsentieronelbuiopiùcompleto.Dopoilprimotrattodisalita,ilmiocorpoeragiàbollente.Prestoarrivammoalripido

sentierodicollegamento.Quellachemoltimesiprimamierasembrataunamontagna,orami richiedeva soltanto un minimo sforzo. Scattai in avanti e gridai a Socrate chearrancavadietrodime,ansimandoefacendoilpagliaccio.“Dai,vecchiaccio!Prendimiseciriesci”.In cima a un tratto rettilineo mi guardai indietro, aspettandomi di vedere un Soc

barcollante. Ma Soc non si vedeva. Mi fermai ridacchiando, probabilmente mi stavatendendo un'imboscata. Bene, avrei lasciato che mi aspettasse in cima chiedendosidov'ero finito. Mi sedetti a contemplare la baia della città di San Francisco chescintillavainlontananza.Poiilventosialzòeall'improvvisosentiichec'eraqualcosachenonandava.Balzaiin

piediefeciilsentieroalcontrario.TrovaiSocratedietrounacurva,afacciaingiùsullaterrafredda.Miinginocchiai,lo

voltaidelicatamenteegliappoggiail'orecchiosulpetto.Ilsuocuoretaceva.“OhDio,ohDio!”,pregaimentreunarafficadiventoululavanelcanyon.Disperato, iniziai a fargli la respirazione bocca a bocca, immettendogli aria nei

polmoniall'impazzata,invasodalpanico.Poi nonpotei fare altro cheprendergli la testa tra lemanimormorandodolcemente:

“Socrate,nonmorire.Tiprego,nonmorire”.Andareacorrereerastataunamiaidea.Lorividi arrancare su per il sentiero, ansimante. Se soltanto... Ma era troppo tardi. Eroarrabbiatoperl'ingiustiziadelmondo,eprovailafuriapiùgrandedellamiavita.

“Nooo!”,urlai;lamiaangosciaecheggiònelcanyonfacendousciredainidigliuccelli,chesirifugiarononellasicurezzadell'aria.Non poteva morire, non l'avrei permesso! Sentii l'energia scorrermi nelle braccia,

nellegambeenelpetto.L’avreidata tuttaa lui.E seavesse significatoperdere lamiavita, l'avrei sacrificata volentieri. “Socrate, vivi, vivi!”. Gli afferrai il pettoaffondandoglileditanellecostole.Misentivoelettrico,vedevolemiemanirisplenderementreloscuotevoperrimettereinmovimentoilsuocuore.“Socrate”,ordinai,“vivi!”Niente,nessuna reazione... Ildubbioentrònellamiamenteecrollai.Era tutto finito.

Rimasiimmobile,mentrelelacrimemirigavanoleguance.“Tiprego!”,dissiimplorandoilcielo,oltrelenuvoleargenteechepassavanodavantiallaluna.“Tiprego”,dissiaquelDio che non avevomai conosciuto, “fallo vivere”.Alla fine smisi di lottare, smisi disperare.Eraaldilàdeimieipoteri.Noneroriuscitoadaiutarlo.Due conigli sbucarono da un cespuglio e fissarono il corpo senza vita del vecchio

uomochetenevoteneramentetralebraccia.Fuallorachelasentii:lastessaPresenzacheavevosentitomoltimesiprima.Invaseil

miocorpo.Larespirai,edessamirespirò.“Tiprego”,invocaiancoraunavolta,“prendime al suoposto”.Lovolevodavvero. In quelmomento, sentii il collo diSocpulsare.Appoggiai immediatamente l'orecchio sul petto. Lo sentii: il forte e ritmico battito delcuorediquelvecchioguerriero.Alitaidinuovoinluilavita,finchéilsuopettoiniziòadalzarsieabbassarsidasolo.Socrateriaprìgliocchi,elaprimacosachevidefuilmiovoltocheridevaepiangeva

di gratitudine. La luna ci bagnò nella sua luce argentata. I conigli, con il pelo chescintillava sotto la luna, ci fissavano immobili. Poi lamia voce li fece scappare tra icespugli.“Socrate,seivivo!”.“Vedochelatuacapacitàdiosservazioneèsempreaffilatacomelalamadiunrasoio”,

disse flebilmente. Cercò di rialzarsi,ma era debole e gli facevamale il petto.Me locaricaisullespalleescesiavalle,trechilometripiùinlà,finoalLawrenceScienceLab,doveilguardianonotturnoavrebbepotutochiamareun'ambulanza.Socrateeraabbandonatosullemiespallementreiolottavoconlafatica,sudandosotto

il suo peso. Di tanto in tanto diceva: “Magnifico modo di viaggiare, facciamolo piùspesso”,oppure:“Forza,cavallo!”.Ritornai a casa solo dopo averlo affidato all'unità di rianimazione dello Herrick

Hospital.Quella notte il sogno ritornò: lamorte allungava lemani versoSocrate...Misvegliaiurlando.Passai tutto il giorno successivo al suo capezzale. Dormì per la maggior parte del

tempo,manelpomeriggioritrovòlaparola.“Cos'èaccaduto?”.“Tihotrovatoperterra.Iltuocuoresierafermatoenonrespiravi.Io...iovolevoche

tuvivessi”.“Ricordamidimettertinelmiotestamento.Checos'haifatto?”.“Questa è stranezza,Soc.Ho sentito l'energia scorrere dentro dime e ho cercato di

dartela.Avevoquasirinunciato,quando...”.“Maidiremai”.“Socrate,èunacosaseria!”.“Continua,stofacendoiltifoperte.Sonoansiosodisaperecom'èandataafinire”.Sorrisi.“Saidannatamentebenecom'èandataafinire.Iltuocuoreharipresoabattere,

masolodopocheavevosmessodiprovare.LaPresenzacheavevogiàsentitounavolta...èstataleiarimetterloinmoto”.Annuì.“Si,lostavisentendo”.Noneraunadomanda,eraun'affermazione.“Sì”.“Èstataunabuonalezione”,disseprovandolentamenteamuoversi.“Una lezione?Haiavutounattaccodicuoreedèstataunabuona lezioneperme?È

cosìchelavedi?”.“Certo,esperochetunefacciabuonuso.Perquantofortisembriamo,c'èsempreuna

debolezzanascostachepuòesserelanostrafine.LeRegoledellaCasa:perogniforzac'èunadebolezzaeperognidebolezzaunaforza.Sindabambino,lamiadebolezzaèsemprestatailcuore.Matu,miogiovaneamico,haiunaltrotipodiproblemacardiaco”.“Io?”.“Nonhaiancoraapertocompletamenteil tuocuoreallavita,aognimomento.Lavia

delguerrierodipacenonèl'invulnerabilità,malatotalevulnerabilitàalmondo,allavitae alla Presenza che hai sentito.Ti ho sempremostrato con l'esempio che la vita di unguerrierononmira a unaperfezione immaginaria o alla vittoria.La suavita è l'amore.L’amoreèlaspadadelguerriero;doveaffondadonalavita,enonlamorte”.“Socrate,parlamidell'amore.Vogliocapire”.“L’amorenonsicapisce,sivive”.Loguardaiefinalmentecapiilaportatadelsuosacrificio,comemiavevaaddestrato

senzamairisparmiarsi,anchesesapevadiavereunproblemaalcuore,etuttoquelloperme.Imieiocchisiriempironodilacrime.“Lostovivendo,Soc”.“Stronzate!Ildolorenonèsufficiente”.Lamiavergognasitrasformòinfrustrazione.“Avolteriesciafarmidavveroinfuriare,

vecchiostregone!Checosavuoidame,ilmiosangue?”.“La rabbia non basta”, declamò teatralmente, mimando lo sguardo aggressivo del

cattivodeifilm.“Socrate,seicompletamentepazzo”,risi.“Ecco,èquesto!Èilrisochecivuole”.Ridemmofinchésiaddormentòtranquillamente.Usciisenzafarerumore.Ilmattinodopostavagiàmoltomeglio.Andaisubitoalsodo.“Socrate,perchémihai

allenato, e perché tutte quelle corse e quei salti, se sapevi che potevano ucciderti inqualunquemomento?”.“Finchénonseimorto, lacosapiùbellaèvivere. Iosonounguerriero, lamiaviaè

l'azione”, rispose. “Sono un insegnante che insegna con l'esempio.Un giorno, anche tuinsegneraiaglialtricomeiohoinsegnatoate,ealloracapiraicheleparolenonbastano.Devitrasmettereconl'esempioquellochehairealizzatoattraversol'esperienza”.Poimiraccontòunastoria.

Unamadreportòil figliodalmahatmaGandhieglidisse:“Per favore,mahatma,di’amiofigliodismetteredimangiarezucchero”.Gandhirimaseinsilenzio,poidisse:“Riportamituofigliofraduesettimane”.Perplessa,ladonnaloringraziòedissecheavrebbefattocosì.Due settimane dopo, Gandhi guardò il bambino negli occhi e gli disse: “Smetti di

mangiarezucchero!”.Grata,ma sempre più stupita, la donna gli chiese: “Perchémi hai detto di ritornare

dopoduesettimane?Avrestipotutodirglielosubito”.

Gandhirispose:“Duesettimanefa,anch'iomangiavozucchero”.

“Ricorda,Dan:incarnaciòcheinsegni,einsegnasolociòchehaifattotuo”.“Checosapossoinsegnareoltreallaginnastica?”.“Perora,laginnasticaèsufficiente.Usalacomeunmezzopercomunicareinsegnamenti

più universali. Dai agli altri quello che vogliono, finché vorranno quello che tu vuoidargli.Insegnaisaltimortalifinchéqualcunotichiederàdipiù”.“Comefaròasaperesevoglionoqualcosadipiù?”.“Losaprai”.“Ma,Socrate,seisicurochesiadestinatoadiventareuninsegnante?Iononloso”.“Tuttoindicacheandraiinquelladirezione”.“Questomifavenireinmentequalcosachevolevochiedertidamoltotempo.Spesso

sembrachetuleggaimieipensieriocheconoscailmiofuturo.Ungiornoavròanch'ioquestipoteri?”.Socallungòunbraccio,acceselaTVesimiseaguardareicartonianimati.Laspensie

luisivoltòversodimesospirando.“Speravocheavessisuperatol'attrazioneperipoteri.Ma,datochehaitiratofuoril'argomento,tantovalecheceneliberiamo.Checosavuoisapere?”.“Comeantipasto,comesifaaprevedereilfuturo?Avoltetunesembricapace”.“La lettura del futuro è basata su una percezione realistica del presente. Non

preoccupartidivedereilfuturofinchénonavraivistochiaramenteilpresente”.“Elaletturadellamente?”.Socratesospiròdinuovo.“Prima,imparaaleggerelatua”.“Misembrachetumelaleggasempre...”.“Latuamenteèfaciledaleggere,haiscrittotuttoinfaccia”.Arrossii.“Visto?”, rise indicando il mio rossore. “E non ci vuole un mago per leggere le

espressionidellafaccia,igiocatoridipokerlofannosempre”.“Maiveripoteri?”.Si mise a sedere sul letto e disse: “I poteri esistono, Dan, ma a un guerriero non

interessano. Non lasciarti incantare dagli specchietti luccicanti. Un guerriero si affidasoltantoalpoteredell'amore,dellacompassioneedelservizio,alpoteredellafelicità.Enonpuoiottenerelafelicità,èlafelicitàcheottienete,masoloquandoavraiabbandonatotuttoilresto”.Sembrava stanco.Mi fissò come se stesse prendendo una decisione. Poi, con voce

dolcemaferma,pronunciòleparolechetemevodipiù.“Tiseiallenatobene,Dan,maseiancora intrappolato, stai ancora cercando.Così sia.Cercherai finché non ti stancherai.Orasparisciperunpo’.Cercaciòchedevieimparaciòchepuoi.Dopocirivedremo”.Lamiavocetremavadiemozione.“Perquantotempodevostarevia?”.Le sue parole mi fecero trasalire. “Oh, nove o dieci anni dovrebbero essere

sufficienti”.Fui preso dal panico. “Non so dove andare, non voglio andare da nessuna parte.Ti

prego,tienimiconte”.Chiuse gli occhi e sospirò. “Credimi,mio giovane amico: la tua via ti guiderà, non

puoiperderelatuavia”.“Maquandotirivedrò?”.“Quandolatuaricercasaràfinita,davverofinita”.

“Equandodiventeròunguerriero?”.“Un guerriero non è qualcosa che si diventa, Dan. È qualcosa che si è in questo

momento, oppure non si è.La via crea il guerriero.Adesso dimenticami, vai e ritornapienodiluce”.Misentivocosìdipendentedaisuoiconsigli,dallesuecertezze!Tremante,mivoltaie

midiressiverso laporta.Poiguardaiun'ultimavoltaquegliocchi luminosi.“Farò tuttociòchemihaichiesto,Socrate,salvounacosa:nontidimenticheròmai”.Usciidall'ospedaleemiincamminaiversoilcampuseilmioincertofuturo.Decisi di ritornare a LosAngeles, lamia città natale. Tirai fuori dal garage lamia

vecchiaValiantepassaiilmioultimoweek-endaBerkeleyafarelevaligie.PensandoaLinda,raggiunsilacabinatelefonicaefeciilsuonuovonumero.Quandoudiilasuavoceassonnata,capiichecosavolevofare.“Dolcezza,hounpaiodisorprese.TornoaLosAngeles.Prenderestiilprimovoloper

Oakland domanimattina?Potremmo fare il viaggio assieme, avremomolte cose di cuiparlare”.Unapausa,poi:“Sì,mipiacerebbemolto!Ilprimovoloèalleotto.E...”,unapausapiù

lunga,“dichecosavuoiparlare,Danny?”.“Preferireiparlartenedipersona,matidaròunpiccoloindizio.Riguardalapossibilità

dicondividerelanostravita,diaveredeibambiniesvegliarsialmattinoabbracciati”.Unapausaancorapiùlunga.“Linda?”.Lasuavocetremava.“Dan,nonriescoaparlareora.Prendoilprimovolodomani”.“Tivengoaprendereall'aeroporto.Ciao,Linda”.“Ciao,Danny”.Poiilsuonodellacomunicazioneinterrotta.Arrivai all'aeroporto alle otto e quarantacinque. Lei era già lì, con i suoi occhi

luminosiegli splendidicapelli rossi.Micorse incontro feliceemigettò lebracciaalcollo.“Èbelloabbracciartidinuovo,Danny!”.Sentivoilcaloredelsuocorpoentrarenelmio.Salimmoinmacchinainsilenzio,non

trovavamoancoraleparole.SuperaiilTildenParkesvoltaiversoInspirationPoint.Avevopianificatotutto.Stavo

perfarleladomandafatale,quandomigettòlebracciaalcolloedisse:“Sì!”.Escoppiòapiangere.“Hodettoqualcosachenonva?”,scherzaitimoroso.Ci sposammo nelmunicipio di LosAngeles. Una parte dime eramolto contenta, e

un'altra parte incomprensibilmente depressa.Mi svegliai nel cuore della notte e senzafare rumoreuscii in punta di piedi sul balconedella stanzadella nostra lunadimiele.Piansi in silenzio. Perché sentivo come se avessi perso qualcosa, come se avessidimenticato qualcosa di importante? Era una sensazione che non mi avrebbe piùlasciato.Ci trasferimmo nella nostra nuova casa. Io vendevo assicurazioni sulla vita, Linda

trovò un impiego part-time come cassiera in una banca. Eravamo sistemati abbastanzabene,ma ero troppooccupato per dedicare del tempo allamia nuovamoglie.Di sera,quando lei andava a dormire, sedevo inmeditazione. Al mattino presto facevo i mieiesercizi.Ma non passòmolto tempo che il lavoro assorbì tutto ilmio tempo e ilmioaddestramentoelamiadisciplinacominciaronoasvanire.Doposeimesidavenditore,neavevoabbastanza.MiconfidaiconLinda:fuilnostro

primo, vero dialogo in molte settimane. “Che ne diresti di trasferirci nella Californiasettentrionaleecambiarelavoro?”.

“Seèquestochevuoi,Dan,permevabene. Inoltre, saremovicinoaimieigenitori.Sonodeimagnificibaby-sitter”.“Baby-sitter?”.“Sì.Comecisisenteadiventarepadre?”.“Unbambino?Tu...noi...unfiglio?”.Laabbracciaiteneramente.Nonpotevopiùfaremossesbagliate.Citrasferimmo.Lindaandòatrovareisuoieio

mimisiacercarelavoro.VenniasaperedaHal,ilmioex-allenatore,cheall'universitàdiStanfordc'eraunpostovacantediinsegnantediginnastica.FeciuncolloquiopreliminareeandaidaimieisuoceriperdareaLindalanotizia.Appenaarrivai,midisserodiaverricevutolatelefonatadalmanagerdellasquadradiatleticadiStanfordchemioffrivailpostodiallenatoreapartiredasettembre.Accettai.Avevotrovatounlavoro,nient'altro.Alla fine di agosto nacque la nostrameravigliosaHolly. Impacchettai tutte le nostre

cose e le portai nel nuovo appartamento di Menlo Park. Linda e la bambina miraggiunsero in aereo due settimane dopo. Eravamo felici, ma ben presto mi trovaiimmersonelmiolavorodipreparazionediunintensoprogrammaatleticoperlasquadradiStanford.Ognimattinofacevochilometridicorsaattraversoilcampodigolfespessoandavo a sedermi in solitudine sulla riva del lago Lagunita. Le mie energie e la miaattenzionevolavanoinmoltedirezioni,mapurtroppononinquelladiLinda.Passòunannosenzachemeneaccorgessi.Tuttoandavaperilmeglio,enonriuscivoa

capire quella persistente sensazione di avere perso qualcosa. Le immaginidell'addestramentoconSocrate,lecorsesullecolline,glistraniesercizinelcuoredellanotte, le ore di discorsi, di ascolto e di osservazione del mio enigmatico insegnante,eranoormaisbiaditiricordi.Nonmoltodopoilnostroprimoanniversariodimatrimonio,Lindadissecheintendeva

andare da un consulente matrimoniale. La sua richiesta fu una doccia fredda, proprioquandocominciavoasentirecheavremmopotutoaverepiùtempopernoi.Ilconsulentematrimonialeciaiutò,maeracalataun'ombratraLindaeme.Forseera

sempre stata lì, sin dalla nostra prima notte di nozze. Linda era diventata sempre piùsilenziosaeriservata,trascinandoHollyconsénelsuomondo.Tornavoacasadallavorototalmentespento,conpochissimaenergiadadedicareallafamiglia.DuranteilmioterzoannoaStanford,fecidomandadiprofessoreresidentenelcampus,

inmodocheLindapotesse frequentarealtrepersone.Divenneprestochiaroche ilmiotraslocoavevafunzionatoanchetroppobene.Leisieracreatalasuavitae ioerostatosollevatodaunpesochenonpotevoononvolevoportare.Ci separammo nella primavera del mio terzo anno a Stanford.Mi tuffai ancora più

profondamentenellavoroericominciailamiaricercainteriore.Almattino,inpalestra,sedevo in meditazione con un gruppo zen e cominciai a praticare aikido alla sera.Leggevomolto, nella speranza di trovare qualche indizio, una direzione o una rispostaallamiaricercalasciataametà.Quandomi venne offerto un posto all’Oberlin, un college nell’Ohio,mi sembrò una

seconda possibilità per la nostra famiglia. Ma nell’Ohio continuai a inseguire la miafelicitàpersonale.Organizzaiduecorsi:‘Sviluppopsicofisico’e‘Laviadelguerrierodipace’, in cui condividevo alcune delle idee e delle capacità che avevo imparato daSocrate.Allafinedelprimoannoottenniunaborsaperundottoratodiricerca.Quell'estate,Lindaeiociseparammodinuovo.Abbandonandoleielanostrabambina,

partiiversoquellachesperavofosselamiaricercafinale.Visitaimoltiluoghiingiroperilmondo:leHawaii,ilGiappone,HongKong,l’Indiae

altriancora.Incontraiinsegnantistraordinari,frequentaiscuolediyoga,diartimarzialiedi sciamanismo. Feci molte esperienze e trovai una grande saggezza, ma non la pacedefinitiva.Mentre la mia borsa di studio si avviava alla conclusione, divenni ancora più

disperato,confrontandomisemprepiùintensamenteconledomandecherisuonavanonellamia mente: ‘Che cos'è l'illuminazione? Quando troverò la pace?’. Socrate mi avevaparlatodiquestecose,maaqueltempononavevoorecchieperintendere.QuandoarrivainellacittadinadiCascais,sullacostadelPortogallo,l'ultimatappadel

mioviaggio,quelledomandesi ripetevano inesorabiliesemprepiùbruciantinellamiamente.Unmattinomisvegliaisullaspiaggiadesertadovemieroaccampatoperalcunigiorni.

Guardai le onde che divoravano il castello di sabbia che avevo costruito con grandefatica.QuellascenamifecepensareallamorteeaquellocheSocrateavevacercatodidirmi.

Le sue parole e i suoi gesti ritornarono a frammenti, come i pezzetti di legno chesostenevano ilmio castello e cheoragalleggiavano sulleonde. “Considera come sonofuggevoliglianni.Ungiornoscopriraichelamortenonèciòcheimmagini,enemmenolavita. Entrambe possono essere meravigliose, piene di cambiamenti; oppure, se non tisvegli,possonodiventareunadelusionetremenda”.La sua risata echeggiò nella mia memoria. Mi venne in mente una sera in cui ero

insonnolitoesvogliato.All'improvviso,Socratemiavevascossoconforza:“Svegliati!Sesapessidiavereunamalattiamortale,seavessibenpocodavivere,sprecherestiquelpoco di tempo prezioso che ti resta? Dan, tu hai una malattia mortale che si chiamanascita.Non ti restanochepochianni,comea tutti.Perciò,sii feliceora, senzanessunmotivo,ononlosaraimai”.Provaiun terribile sensodi urgenza,manon sapevodove andare.Così rimasi lì, un

vagabondo chenon smettevadi vagabondare nella suamente. “Chi sono io?Che cos'èl'illuminazione?”.Unavolta, tantotempoprima,Socratemiavevadettocheancheperunguerrieronon

c'èvittoriasullamorte,c'èsoltantolarealizzazionediChisiamorealmente.Mentre ero sdraiato al sole,mi ricordai della cipolla pelata nell'ufficio di Soc per

scoprire ‘chi ero’.Mi venne in mente un personaggio di un romanzo di Salinger che,vedendo qualcuno bere un bicchiere di latte, diceva: “È come versareDio inDio, secapisciciòchevogliodire”.RicordaiilsognodiLaoTzu.LaoTzusiaddormentòesognòdiessereunafarfalla.Al

risveglio si chiese: “Sono un uomo che ha sognato di essere una farfalla, o sono unafarfallachedormeesognadiessereunuomo?”.Mimisiacamminaresullaspiaggia,ripetendounacantilenadabambini:

Rema,rema,remalatuabarcagiùperlacorrente.Allegro,allegro,allegro:lavitaèsoltantounsogno.

Camminaialungo,poiritornaiallamiatendanascostatralerocce.PresidallozainounvecchiolibrocheavevocompratoinIndia.Eraunamalconciatraduzioneinglesedistoriespirituali.Sfogliandoloacaso,miimbatteiinunastoriariguardantel'illuminazione.

Milarepaavevacercatoovunquel'illuminazione,manonavevatrovatonessunarisposta.

Ungiornovideunvecchioche scendeva lentamentedaun sentierodimontagnaconunpesante sacco sulle spalle. All'istante,Milarepa seppe che quel vecchio conosceva ilsegretochecercavadisperatamentedatantianni.“Vecchio,tiprego,dimmi:checos'èl'illuminazione?”.Ilvecchiosorrise,sitolseilpesantefardellodallespalleerimaseimmobile.“Adesso capisco!”, esclamò Milarepa. “Hai la mia eterna gratitudine. Ma ancora

un'altradomanda:edopol'illuminazione?”.Sempresorridendo,ilvecchioraccolseilsacco,selomisesullespalle,lobilanciòe

continuòperlasuastrada.

Quellanottefeciunsogno.

Sonoimmersonell'oscuritàaipiedidiun'altamontagnaecercounpreziosogioiellosottoognipietra.Malavalleèavvoltanelletenebreenonriescoatrovarlo.Alzolosguardoversolacimascintillantedellamontagna.Pensocheilgioiello

deve essere sulla cima.Comincio a salire, un arduo viaggio che duramolti anni.Finalmentearrivoincimaemitrovoimmersoinunalucemeravigliosa.Vedo tutto distintamente, ma il gioiello non c'è. Guardo la valle sotto di me,

lontanissima, da dove avevo cominciato la scalata molti anni prima. Solo allorarealizzo che il gioiello è sempre stato dentro di me e che la luce non avevamaismessodirisplendere.Solocheimieiocchieranochiusi.

Misvegliainelcuoredellanotte,sottounalunasplendente.L’ariaeracaldaeilmondosilenzioso,salvoilritmicoinfrangersidelleonde.UdiilavocediSoc,masapevocheerasoltantounaltroricordo:“L’illuminazionenonconsistenell'ottenerequalcosa,Dan,èunarealizzazione.Quando ti svegli, tutto cambia e niente cambia. Se un cieco recupera lavista,èforsecambiatoilmondo?”.Contemplai la lucedella luna che splendeva sulmare e coprivad'argento le lontane

montagne.Com'eraqueldettosullemontagne,suifiumiesullagrandericerca?

Prima,lemontagnesonomontagneeifiumisonofiumi.Poi,lemontagnenonsonopiùmontagneeifiuminonsonopiùfiumi.Infine,lemontagnesonomontagneeifiumisonofiumi.

Mialzai, corsiverso l'acqua,mi tuffainelbuiooceanoenuotaiverso il largo.Mierofermato per vedere se toccavo ancora, quando percepii una creatura che nuotava nelleoscureprofonditàsottodime.Qualcosamistavavenendoaddossoatuttavelocità:eralaMorte.Nuotaifuriosamentesinoarivaemigettaiansimantesullaspiaggia.Ungranchiopassò

davantiaimieiocchiesiinfilònellasabbiamentreun'ondaarrivava.Mialzai,miasciugaiemivestii.Preparailemiecoseallalucedellaluna.Chiudendo

la sacca, mi ripetei le parole di un maestro riguardo alla ricerca dell'illuminazione:“Megliononincominciaremai;masesiincomincia,èmegliofinire”.Sapevocheeraoraditornare.Mentreiljumboatterravaall'aeroportodiCleveland,erosemprepiùdisperatorispetto

almiomatrimonioeallamiavita.Eranopassatipiùdiseianni.Misentivopiùvecchio,manonpiù saggio.Checosa avrei potutodire amiamoglie e amia figlia?Avreimai

rivistoSocrate?Esel'avessirivisto,checosaavevodaportargli?Linda e Holly mi stavano aspettando. Holly corse da me strillando di gioia e mi

abbracciòstrettostretto.IlmioabbraccioconLindafudolceetenero,maprivodiverocalore, come l'abbraccio di due vecchi amici. Era ormai chiaro che il tempo e leesperienzeciavevanomessosustradediverse.Lindanonerarimastadasoladurantelamiaassenza,avevatrovatonuoveamicizieenuoviaffetti.Pocodopoilmiorientroall’Oberlinfeciunincontromoltospeciale:unastudentessa,

una ragazza dolcissima di nome Joyce. I suoi corti capelli neri incorniciavano un visodelicatoeunsorrisoradioso.Erapiccolaepienadivita.Misentiiterribilmenteattrattoda lei e passammo ogni ora libera assieme, passeggiando nel parco del campus eparlando.ConleiparlavocomenoneromairiuscitoafareconLinda,nonperchéLindanonfosseingradodicapirmi,maperchéisuoipensierieisuoiinteressieranoaltrove.Joycesilaureòinprimavera.Avrebbevolutorimanereconme,maiosentivoancorala

responsabilitàdelmiomatrimonio,eci separammo tristemente.Sapevochenon l'avreimaidimenticata,malamiafamigliaavevalaprecedenza.Nel cuore dell'inverno,Linda,Holly e io ritornammonellaCalifornia settentrionale.

Forseilcolpofinalealnostromatrimoniofuronolemiepreoccupazionirispettoallavoroeamestesso,manessunpresagioerastatocosìtristecomeildisagioelamalinconiacheavevo provato durante la prima notte di matrimonio, quel doloroso dubbio, quellasensazione di dover ricordare qualcosa che avevo abbandonato anni prima. Solo incompagniadiJoycequellasensazionemiabbandonava.Dopoildivorzio,LindaeHollysi trasferironoinunanuovacasa. Iomi immersinel

miolavorodiinsegnantediginnasticaediaikidoall’YMCAdiBerkeley.Latentazionediritornareallastazionediservizioerafortissima,manonsareitornato

senonvenivochiamato.Comepotevoritornare?Nonavevonientedaportaredopotuttiqueglianni.AndaiadabitaredasoloaPaloAlto,solocomenoneromaistato.Pensavospessoa

Joyce,ma sapevo che non avevo il diritto di chiamarla.Avevo ancora delle cose nonrisolte.Ricominciai ilmioaddestramento.Miesercitai, lessi,meditaiecontinuaiascendere

sempre più in profondità nellamiamente con continue domande, come se fossero unaspada.Inpochimesiritrovaiunrinnovatosensodibenesserechenonprovavodaanni.Incominciaiascrivere lemieesperienzeconSocrate.Speravochericordare imomentitrascorsi assiememi fornissequalchenuovo indizio.Niente era realmente cambiatodaquandomiavevamandatovia;almeno,nientedicuiiofossiconsapevole.Unmattino,erosedutosugliscalinidelmiopiccoloappartamentoeguardavolastrada.

Pensavoagliultimiottoanni.Avevocominciatocomeunoscioccoederoquasidiventatounguerriero.PoiSocratemiavevarimandatonelmondoperimparareederoridiventatounosciocco.Quegliottoannisembravanouninutilespreco.Continuavoastaresedutolì,guardando

lacittàelemontagneinlontananza.Improvvisamentelamiaattenzionesifocalizzòelemontagne cominciarono ad assumere una debole luminescenza. Allora capii che cosadovevofare.Vendettilepochecosechepossedevo,mimisilozainosullespalleefecil'autostopin

direzione sud, verso Fresno, poi di lì verso la SierraNevada. Era estate inoltrata, unbuonmomentoperperdersitralemontagne.

Laportasiapre

Lasciai la strada e mi addentrai in una zona di cui una volta mi parlato Socrate, unaregionedisabitataeselvaggia.Sentivochetraquellemontagneavreitrovatolarispostaosareimorto.Inuncertosenso,avevoragioneriguardoaentrambelecose.Risalii valli erbose tra guglie di granito, entrai nei fitti boschi di pini e di abeti, su

versoillago,dovegliuominieranopiùscarsideipuma,deicerviedellelucertolechesinascondevanosottoleroccealmioarrivo.Piantailatendapocoprimadelbuio.L’indomanicontinuaiasalireearrivaiallimite

dellavegetazione.Miarrampicaisullaroccia,attraversaigoleepietraie.Nelpomeriggioraccolsi delle radici commestibili e delle bacche, emi sdraiai accanto a una sorgentecristallina.Perlaprimavoltaintantiannierodinuovofelice.Nel tardo pomeriggio, discesi di nuovo nei boschi e ritornai alla tenda. Preparai la

legnaperilfuoco,mangiaiqualcosaemeditaisottounpinosecolare,abbandonandomiaquellemontagne.Seavevanoqualcosadaoffrirmi,eroprontoadaccoglierlo.Scese la notte; mi stavo scaldando davanti al fuoco quando, dall'oscurità, spuntò

Socrate!“Erodaquesteparti”,disse.Increduloefelice,loabbracciaierotolammoassieme,ridendoesporcandociditerra.

Ci ripulimmo e sedemmo davanti al fuoco. “Sei sempre uguale, vecchio guerriero,nemmenounannopiùdicento”.(Inrealtàsembravapiùvecchio,maisuoiocchigriginonavevanopersoillorosplendore).“Tu,invece”,sogghignòsquadrandomi,“seidiventatomoltopiùvecchio,manonmolto

piùintelligente.Haiimparatoqualcosa?”.“Hoimparatoapreparareiltè”,sospiraifissandoilfuoco.Misiunpiccolocontenitore

sullamiacucinaimprovvisataepreparaiunatisanaconleerbecheavevoraccoltoquelgiorno.Nonmiaspettavodiaverecompagnia,cosìglidiedil'unicatazzaepermeusaiunapiccolaciotola.Poileparolesgorgarono.Mentreparlavo,ladisperazionecheavevotrattenutocosìalungomicolpìcomeunafrana.“Nonhonientedaportarti,Socrate.Sonoperdutocomesempreenonsonopiùvicino

allaportadiquandociincontrammolaprimavolta.Hofallitoconteelavitahafallitoconme.Lavitamihaspezzatoilcuore”.Soceraradioso.“Sì,iltuocuoresièspezzato,Dan,sièapertoperrivelarelaporta

chesplendeall'interno.Èilsololuogoincuinonhaiguardato.Aprigliocchi,buffone,seiquasiarrivato!”.Confusoefrustrato,rimanevosedutolì,impotente.Socmirassicurò.“Seiquasipronto,seimoltovicino”.

Miaggrappaidisperatamenteallesueparole.“Vicinoachecosa?”.“Allafine”.Unbrividodipauramisalìlungolaspinadorsale.Poimiinfilainelsacco

a pelo, e Socrate fece lo stesso. Continuavo a vedere nella mente gli occhi del mioinsegnantechesplendevanocomeseguardasseroaldilàdime,aldilàdelfuoco,inunaltromondo.Ai primi raggi del sole, Socrate si era già alzato e sedeva sulla riva del piccolo

torrente.Miunii a lui in silenzio, lanciandociottoli e ascoltando iplop nell'acqua checorrevaveloce.Sempreinsilenzio,sivoltòemiscrutòdinuovoattentamente.Allasera,dopounagiornataspensieratadicamminate,dinuotateedisole,Socratemi

chiese di raccontargli tutto quello che ricordavo di avere provato dal nostro primoincontro.Parlaipertregiornietrenottiprimadiesaurireiricordi.Pertuttoqueltempo,Socratenondissequasinulla,senonperfarmiunadomandaognitanto.Quandoilsole tramontò,mifecesegnodiunirmia luidavantial fuoco.Eccoci lì, il

vecchioguerrieroe io, sedutiagambe incrociate sull'erba tra lemontagnedellaSierraNevada.“Socrate,tuttelemieillusionisonocadute,manullahapresoilloroposto.Mihaifatto

vedere l'inutilità della ricerca,ma la via del guerriero di pacenon è un cammino, unaricerca?”.Risedigustoemidiedeunamanatasullespalle.“Dopotuttoquestotempo,finalmente

vieni fuoriconunadomandasensataquando la rispostaèpropriosotto il tuonaso.Sindall'iniziotihoindicatolaviadelguerrierodipace,nonlaviaperdiventareunguerrierodipace.Seseisullavia,seiunguerriero.Inquestiottoannihaipersolatua‘guerrierità’,perquestotiseimessoacercarla.Malaviaèl’adesso,eloèsemprestata”.“Allora,checosafaccioadesso?Dovedevoandare?”.“Checosaimporta!”,esclamògioiosamente.“Unoscioccoèfelicequandosoddisfai

suoi desideri, un guerriero è felice senza motivo. È questo che fa della felicità ladisciplinafinale,superiorea tuttoquellochetihoinsegnato.Lafelicitànonèqualcosachedevisentire,lafelicitàèciòchesei”.Mentreciinfilavamoneisacchiapelo,ilvoltodiSocsplendevaallalucedelfuoco.

“Dan”, disse dolcemente, “questo è l'ultimo esercizio che ti do, e durerà per sempre.Agiscifelicemente,siifelice,senzaunaragionealmondo.Allorapotraiamareefareciòchevorrai”.Erostancoe,mentreimieiocchisichiudevano,dissiconunfilodivoce:“MaSocrate,

cisonocoseepersonedifficilidaamare;èimpossibileesseresemprefelici”.“Dan,isentimenticambiano.Avoltec'èsofferenza,avoltec'ègioia.Ma,dietrotutto

ciò, ricorda sempre l'innata perfezione della tua vita.Questo è il segreto della felicitàirragionevole”.Miaddormentaiassiemeaquelleparole.Socratemi svegliò dolcemente poco dopo l'alba. “Ci aspetta una lunga camminata”,

disse.Cipreparammovelocementeepartimmoversolevette.L’unicosegnodell'etàdiSocodelsuocuoremalatoerailritmolentodelsuopasso.

Unavoltadipiùmiresicontodellavulnerabilitàedelsacrificiodelmioinsegnante.Nonavreimaipiùdatoperscontatoilmiotempoconlui.Mentreciarrampicavamo,mivenneinmenteunastoriadicuifinoaquelmomentononavevocompresoilsignificato.

Unasantacamminavasuunsentierodimontagnaquandomoltopiùinbasso,aipiedidiunprecipizio,videunaleonessamorta,circondatadaisuoicuccioliaffamati.Senzaesitare,saltònelprecipizioaffinchéipiccolileoniavesseroqualcosadamangiare.

Forseinunaltroluogo,inun'altraepoca,Socrateavrebbefattolastessacosa.Salivamo sempre più in alto, in silenzio, arrampicandoci su per le pietraie fino al

limitedellavegetazione.“Socrate,dovestiamoandando?”,chiesiquandocisedemmoperunbreveriposo.“Suunaltopiano,unluogosacro.Erailluogodisepolturadiun'anticatribùdinativi

americani, così piccola che i libri di storia ne ignorano l'esistenza. Vivevano elavoravanoinquestasolitudineeinquestapace”.“Comefaiasaperlo?”.“Alcuni miei antenati hanno vissuto tra loro. Ma adesso muoviamoci, dobbiamo

arrivareprimachefacciabuio”.Ormai mi fidavo di Socrate ciecamente, eppure avevo l'inquietante sensazione di

essereinpericoloechemistessenascondendoqualcosa.Il sole era minacciosamente basso e Socrate aumentò il passo. Col fiato corto

saltavamodamassoall'altroeciarrampicavamosuquellipiùalti.Diventavasemprepiùbuio. Socrate scomparve in una fessura tra due massi e io lo seguii in quello strettopassaggio. Poco dopo uscimmo di nuovo all'aperto. “Se dovessi ritornare da solo,ricordati di questo passaggio”, mi disse. “È l'unica via per entrare e per uscire”.Cominciaiatempestarlodidomande,mamiordinòditacere.Nonc'eraquasipiùlucequandoattaccammol'ultimasalita.Sottodinoisiaprivauna

grandeconcadelimitatadaprofondiprecipizichel'oscuritàcancellava.Scendemmonellaconcaepuntammoversounagugliadiroccia.“Nonsiamoancoraarrivatialluogodisepoltura?”,chiesinervosamente.“Ci siamo sopra”, disse. “Siamo tra i fantasmi di un antico popolo, una tribù di

guerrieri”.Il vento si levò di colpo, comeper sottolineare le sue parole. Poi udii il suono più

spettralecheavessimaiudito,simileaunlungogemitoumano.“Nonhomaisentitoilventoulularecosì”.Senzacommenti,Socratesi fermòdavantiaunascuravoragineaipiedidellaguglia.

“Entriamo”.Il mio istinto mandava incessanti segnali di pericolo, ma Soc era già sparito nella

voragine.Accesilatorcia,milasciaiallespalleilgemitodelventoeloseguiiinquellachesirivelòunacaverna.Ilraggiodilucedellatorciailluminavapericolosicrepaccidicuinonriuscivoavedereilfondo.“Soc,nonmipiaceessere sepolto sotto lamontagna”.Miguardò torvo,maconmio

sollievo si diresse verso un'uscita alla fine della caverna. Non che facesse moltadifferenza: fuori era buio come all'interno. Piantammo la tenda, e Socrate prese dallozainounafascinadi ramoscelli.“Hopensatocheavrebberopotutoesserciutili”,disse.Le fiamme si levarono e mentre ci scaldavamo la schiena i nostri corpi proiettavanoombrebizzarreedistortechedanzavanosullaparetedellacaverna.Indicando le ombre, Socrate disse: “Quelle ombre nella caverna sono un'immagine

perfettadell'illusioneedellarealtà,dellasofferenzaedellafelicità.C'èun'anticastoriaraccontatadaPlatone.

“C’era una volta un popolo che viveva all'interno della Caverna dell’Illusione. Dopomoltegenerazioni, tuttisieranoconvintiche le loroombre,proiettatesulleparetidellacaverna,fosserolarealtà.Soltanto imitie lereligioniparlavanodiunapossibilitàpiùluminosa.Affascinatidalladanzadelleombre,vi siabituaronoe rimasero imprigionati

nellalorooscurarealtà”.

GuardaileombreesentiiilcaloredelfuocosullaschienamentreSocratecontinuava.

“Macifuronoalcuneeccezioni.Qualcunosistancòdelgiocodelleombrenellacavernaecominciò ametterle in dubbio. Erano persone che non si sentivano più appagate dalleombre,perquantofosseroalteegrandi.Costorodivennerodeicercatoridiluce.Epochifortunatitrovaronounaguidacheliaddestròeliportòaldilàdell'illusione,allalucedelsole”.

Affascinatodallastoria,osservavoladanzadelleombresulleparetidirocciaallalucedel fuoco. Soc continuò: “Tutti,Dan, sono intrappolati nella caverna della loromente.Solo quei rari guerrieri che vedono la luce, che si liberano abbandonando ogni cosa,possonoriderenell'eternità.Etufaraicosì,amicomio”.“Misembraimpossibile,Soc,emifaanchepaura”.“È al di là anche della paura. Quando accadrà vedrai com'è ovvio, semplice,

ordinario,vividoefelice.Èlarealtàdietroleombre”.Rimanemmo seduti in un silenzio interrotto soltanto dallo scoppiettare del fuoco.

SembravacheSocrateaspettassequalcosa.Eroadisagio,maleprimelucidell'albamiridiederocoraggio.Poiilcielosioscuròimprovvisamente.Socratescattòinpiediecorsearipararsinella

caverna. Lo seguii. L’aria era impregnata di ozono. L’elettricitàmi sollevava i capellisullatesta.Latempestasiscatenò.Scoppiòunfulmine,poiunaltrocolpìlarocciasullenostreteste.“Presto!”,miordinò

conuntonod'urgenzachenongliavevomaisentito.“Nonhaipiùmoltotempo.L’eternitànonèlontana”.Inquelmomentoarrivòilsentire,quelsentirechenonavevamaisbagliato,emidisse:

Attento!Lamorteèinagguato.PoimiraggiunselavocediSocrate,minacciosaequasistridula.“Dentrolacaverna,

presto!”.Apriilozainoperprenderelatorcia,mamiabbaiò:“Muoviti!”.Feci qualche passo all'interno e mi appiattii contro la roccia. Trattenevo il fiato in

attesachemiraggiungesse,maSocerascomparso.Stavo per chiamarlo, quando qualcosa di orribile mi afferrò per il collo con forza

disumanaemitrascinòindietro,semprepiùinprofonditànellacaverna.“Socrate!”,urlai.“Socrate!”.La presa si allentò, sostituita da un dolore ancora più forte, come se la mia testa

venisseschiacciatadadietro.Urlai.Unattimoprimacheilmiocranioscoppiassesottoquellatremendapressione,udiilasuavoceinconfondibile:“Questoèilviaggiofinale”.

Conuncrakterrificante,ildoloresvanì.Crollaiconuntonfosoffocato.Unlampobalenòe alla sua luce vidi Socrate sopra di me, che mi guardava. Scoppiò un tuono cheappartenevaaunaltromondo.Capiichestavopermorire.Erosulcigliodiunabisso,conunagambagiàdentro.Socratemidiedeunaspintaeio

precipitaiurtandocontroleparetidiroccia,contuso,ferito,semprepiùgiùnellevisceredellaterra...Infondo,l'abissoterminavaemiritrovaidinuovoallalucedelsole...Caddiecontinuaiacaderefinchéatterraisullaverdedistesaerbosadiunprato,molto,moltopiùinbasso.

Ilmio corpo era unamassa di carne contusa, lacera, a brandelli.Avvoltoi, roditori,insettievermivenneroanutrirsidellacarneindecomposizionecheuntempocredevodiessere ‘io’. Il tempo accelerava. I giorni trascorrevano come lampi e il cielo eraun'alternanza di luce e di buio, rapida come un battito di ciglia che andava e venivasempre più velocemente, fino a diventare una nebbia indistinta. I giorni diventaronosettimaneelesettimanediventaronomesi.Si alternavano le stagioni e i resti del mio corpo cominciarono a dissolversi nella

terra,arricchendola.Lenevidell'invernopreservaronoperunpo’lemieossa,maconilsusseguirsisemprepiùrapidodellestagioniancheleossadivenneropolvere.Nutrendosidel mio corpo, fiori e alberi crebbero e morirono in quel prato. Poi anche il pratoscomparve.Ero diventato parte degli avvoltoi che si erano cibati della mia carne, parte degli

insetti e dei roditori e parte dei loro predatori, in un grande ciclo di vita e dimorte.Divenniiloroantenati,finchéanch'essiritornaronoallaterra.Il DanMillman che era vissuto molto tempo prima era scomparso per sempre, era

esistitoperunbreveistanteditempo,maiorimanevoimmutatoattraversotutteleepoche.AdessoeroMeStesso,laCoscienzachevedetutto,cheètutto.Quellemiepartiseparateavrebberocontinuatoaviverepersempre,sempremutevoliesemprenuove.Realizzai che laMorte cheDanMillman aveva tanto temuto era stata la sua grande

illusione.Eanchelasuavitaerastataun'illusione,nient'altrocheunbuffoincidenteincuilaCoscienzasieradimenticatadisestessa.Mentreviveva,Dannonavevaattraversatolaporta,nonavevarealizzatolasuavera

natura.Avevavissutonellamortalitàenellapaura,solo.Maiosapevo.Sesoltantoavessesaputociòcheioadessosapevo!

Erostesosulfondodellacavernaesorridevo.Mitiraisuappoggiandomicontrolaparetediroccia,guardandoperplessol'oscurità,maprivodipaura.Quando i miei occhi si abituarono al buio vidi un uomo dai capelli bianchi seduto

accanto ame, anche lui sorridente. Poi il tempo ripercorse all'indietro imillenni emisentii improvvisamente rattristato per essere ritornato alla forma mortale. Ma subitorealizzaichenonimportava,chenullapotevapiùimportare!Mi sembrò divertente, tutto era buffo e scoppiai a ridere. Guardai Socrate; i nostri

occhi scintillavano estatici. Sapevo che lui sapeva che io sapevo. Lo abbracciai edanzammonellacaverna,ridendocomemattiperlamiamorte.Poichiudemmoglizainieiniziammoascendere.Riattraversammolostrettopassaggio,

poigiùpercrepaccielepietraie,versoilnostrocampo.Non parlaimolto,ma risi spesso perché tutto, la terra, il cielo, il sole, gli alberi, i

laghieitorrenti,tuttoeraMe!Nonc'erapiùseparazione.Per tutta la vita, Dan Millman si era sforzato di ‘essere qualcuno’. Ma adesso,

guardando indietro, era stato un ‘qualcuno’ con una mente piena di paura e un corpomortale.Benissimo,pensai.StorecitandodinuovoilruolodiDanMillmanepotreiabituarmi

perqualchealtroistantedieternità,finchéanchequestopasserà.Maorasochenonsonosoltantoquelpezzodicarneequestosegretofaladifferenza!Non avrei potuto descrivere la portata di quella conoscenza. Ero semplicemente

conscio.Ecosìmirisvegliaiallarealtà,liberodasignificati, liberodaricerche.Checosac'è

dacercare?Grazieallamiamorte,tuttoquellocheSocmiavevadettoavevapresovita.Ecco il paradosso più grande, la cosa più buffa, e il grande cambiamento: tutte lericerche, tuttigliottenimenti, tutte lemete,erano tuttiugualmentegodibili eugualmenteinutili.L’energiascorrevanelmiocorpo.Straripavodifelicitàescoppiavodirisate,larisata

diunuomoirragionevolmentefelice.Arrivammoallimitedellavegetazioneepercorremmoindiscesaiboschi,indirezione

del torrente sulle cui sponde ci eravamo accampati due giorni, o forse duemila anni,prima.Avevolasciatotuttelemieregole,imieiconcettielemiepauresuquellamontagna.

Nientepotevapiùcontrollarmi.Conchecosapotevanominacciarmi?Ma,anchesenonavevopiùregoledicomportamento,vedevociòcheeraequilibrato,ciòcheeragiustoeciò che era amorevole. Finalmente ero capace solo di azioni amorevoli. Soc l'avevadetto:puòesserciunpoterepiùgrande?Avevo perduto la mia mente ed ero precipitato nel mio cuore. La porta si era

finalmenteapertae iomierocatapultatodentro ridendo,perchéanche laportaeraunoscherzo.Eraunaportasenzaporta,un'altraillusione,un'altraimmaginecheSocrateavevatessuto nella tela della mia realtà, come aveva promesso tanto tempo prima. Avevofinalmentevistociòchec'èdavedere.Ilsentierosarebbecontinuatoall'infinito,maoraerapienodiluce.

Raggiungemmo il campomentre faceva buio. Accendemmo il fuoco emangiammo unamanciata di frutta secca e di semi di girasole, lemie ultime provviste. Solo allora, alcaloredelfuoco,Socrateparlò.“Laperderai,losai”.“Perderòchecosa?”.“La visione. È rara e può avvenire soltanto grazie a una serie improbabile di

circostanze.Marimaneun'esperienza,perciòlaperderai”.“Forseèvero,Socrate,macosaimporta?”.Risi.“Hopersoanchelamiamenteenon

riescoatrovarladanessunaparte!”.Alzò le sopracciglia, compiaciuto e un po’ sorpreso. “Bene, allora il mio lavoro è

finito.Hopagatoilmiodebito”.“Wow!”,esclamai.“Vuoidirechequestoèilgiornodellamialaurea?”.“No,Dan,èilgiornodellamialaurea”.Sialzò,simiselozainosullespalleesiconfusetraletenebre.

Volevoritornareallastazionediservizio,làdov'eracominciatotutto.SentivocheSocrateeragiàlà,adattendermi.All'albapreparaiilmiozainoecominciailadiscesa.Ilritornotralemontagnemirichiesemoltigiorni.ChiesiunpassaggioperFresno,poi

proseguiiperla101finoaSanJosé,efinalmenteaPaloAlto.Eradifficilecrederecheun‘qualcuno’senzapiùsperanzaavevalasciatolasuacasasolopochesettimaneprima.Scaricai lemie cose e ripartii immediatamente per Berkeley. Arrivai in quel luogo

familiare alle tre del pomeriggio, molto prima che Socrate iniziasse il suo turno.Parcheggiai e attraversai apiedi il campus.Le lezioni eranoappena ricominciate eglistudenti erano tutti impegnati a fare gli studenti. Camminai per la Telegraph Avenueosservandoinegozianticherecitavanoilruolodiperfettinegozianti.Dovunqueandassi,negozi, centri commerciali, cinema e centri di massaggio, tutte le persone erano

perfettamentequellochecredevanodiessere.PiegaiversoShattuck,camminandoperlestradecomeunfantasmafelice,ilfantasma

delBuddha.Avreivolutosussurrareall'orecchiodellagente:“Svegliati,svegliati!Prestolapersonachecredidiesseremorirà,quindisvegliatiesiifelicesapendoche:

Nonc'èbisognodicercareeottenerequalcosanonportadanessunaparte.Nonfanessunadifferenza,quindisiifeliceadesso!L’amoreèl'unicarealtà,perchétuttoè Uno. Le sole leggi sono il paradosso, l'umorismo e il cambiamento. Non c'ènessun problema, non c'èmai stato e non ci saràmai. Smetti di lottare, lasciaandare la tua mente, getta via le preoccupazioni e rilassati nel mondo. Nonoccorre resistere alla vita, fai semplicemente del tuo meglio. Apri gli occhi eguarda:seimoltopiùdiquellocheimmagini.Seiilmondo,seil'universo;seitestessoechiunquealtro!TuttoèilmeravigliosoGiocodiDio.Svegliati,ritrovalatuagioia.Nontemere,perchéseigiàlibero!”.

Avrei voluto dirlo a tutti quelli che incrociavo per strada, ma se l'avessi fatto miavrebbero preso per pazzo, o forse per un tipo pericoloso. Imparai la saggezza delsilenzio.I negozi stavano chiudendo.Mancava ancoraqualcheora all'inizio del turnodiSoc.

Tornai alla macchina e salii sulle colline. Mi sedetti in un punto panoramico chedominava labaia, lacittàdiSanFranciscoe ilGoldenGate.Sentivo tutto.SentivogliuccellineinidineiboschidiMarinCounty,aldilàdellabaia.Sentivolavitadellacittà,gli amanti che si abbracciavano, i criminali al lavoro, i volontari che davano ciò chepotevano.Esapevochetuttoquello,lacompassioneelacrudeltà,ilbassoel'elevato,ilsacroeilprofano,eranopartiperfettedelGioco.Tuttirecitavanoilororuolicosìbene!Eioerotuttociò,ognipezzettodeltutto.Allargailosguardofinoailimitidelmondoeloamaitutto.Chiusigliocchipermeditare,marealizzaichelamiavitaeratuttaunameditazionea

occhibeneaperti.Arrivai alla stazione di servizio a mezzanotte passata. Il campanello suonò al mio

arrivo.Dallacaldailluminazionedell'ufficiouscìilmioamico,unuomochesembravaunrobusto cinquantenne magro, sodo e piacente. Si avvicinò al finestrino e disse: “Ilpieno?”.“Lafelicitàèunserbatoiopieno”,risposi,poitacquidicolpo.Doveavevogiàsentito

quellafrase?Checos'erachedovevoricordare?MentreSocriempivailserbatoio,iolavaiilparabrezza.Poiparcheggiailamacchina

sul retro ed entrai in quell'ufficio per l'ultima volta. Per me era un luogo sacro, unbizzarro tempio. Quella notte la stanza sembrava elettrizzata. Stava per accaderequalcosa,manonsapevocosa.Socrate aprì il cassetto della scrivania e mi tese un grosso quaderno sgualcito dal

tempo.Erapienodiappuntiscritticonunagrafia leggeraedelegante.“Questoè ilmiodiario, annotazioni sulla mia vita sin da quando ero giovane. Risponderà a tutte ledomandeacuinonhomairisposto.Ètuo,teloregalo.Tihodatotuttoquellocheavevo.Orastaate.Ilmiocompitoèterminato,matuhaiancoradellavorodafare”.“Equale?”,chiesisorridendo.“Scriveraieinsegnerai.Avraiunavitaordinaria,impareraiarimanereordinarioinun

mondopienodiproblemialquale,inuncertosenso,nonappartienipiù.Rimaniordinario

epotraiessereutileaglialtri”.Si alzò e allineò la sua tazza sulla scrivania vicino allamia.Guardai la suamano.

L’aloneluminososplendevacomenonmai.“Misentostrano”,dissecomesefossesorpreso.“Credodidoverandare”.“Possofarequalcosa?”,chiesipensandocheforseglieravenutounimprovvisomaldi

pancia.“No”.Guardandonelvuoto,comeselastanzaeiostessononesistessimopiù,siavviò

lentamenteversolaportaconlascritta‘Privato’,laaprìedentrò.Ero preoccupato. Forse i nostri giorni in montagna l'avevano stancato, eppure

risplendevacomemaiprima.Comesempre,Socrateeraimperscrutabile.Misedettisuldivanoeattesi ilsuoritorno.Gliurlaiattraversolaporta:“Soc,brilli

comeuna lampadinaquesta sera.Haimangiatouna torpedinepercena?Passadame ilprossimoNatale,saraiunasplendidadecorazioneperl'albero”.Mi sembrò di vedere un lampo di luce sotto la fessura della porta. Meglio, una

lampadinabruciatalocostringeràafarepiùinfretta.“Soc,pensidirimaneretuttalanottelàdentro?Credevocheiguerrierinonsoffrisserodistitichezza...”.Passarono cinqueminuti, poi dieci. Stavo lì con il suo prezioso diario inmano. Lo

chiamai,lochiamaidinuovo,mamirisposesoltantoilsilenzio.Improvvisamenteseppi.Nonerapossibile,masapevocheeraaccaduto.Balzai in piedi e spalancai la porta con tale violenza che la maniglia colpì le

mattonelledelmuroconunclangoremetallicocheecheggiònelbagnovuoto.Ricordaiillampo di luce di alcuniminuti prima. Socrate era entrato splendente nel bagno ed erascomparso.Rimasilìfinchéudiiilsuonofamiliaredelcampanello,poiuncolpodiclacson.Uscii

emeccanicamenteriempiiilserbatoio,prendendoildenaroedandoilrestoditascamia.Quando ritornai in ufficio, mi accorsi che non mi ero nemmeno infilato le scarpe.Scoppiaiaridere:unarisataistericacheapocoapocosicalmò.Sedettisuldivano,sullavecchia coperta messicana che ormai stava cadendo a pezzi, e mi guardai attorno: iltappetogiallosbiaditodall'età,lavecchiascrivaniadinoceeildistributoredell'acqua.Guardaileduetazze,quelladiSocelamia,ancoraposatesullascrivania,einfinelasuasediavuota.Poi gli parlai. Dovunque fosse quel vecchio guerriero imbroglione, avrei avuto io

l'ultimaparola.“Bene,Soc.Eccomiquitrailpassatoeilfuturo,fluttuantefrailcieloelaterra.Che

cosapossodirtiperché tu sia soddisfatto?Graziemio insegnante,mia ispirazione,mioamico.Mimancherai.Addio”.Usciidall'ufficioperl'ultimavoltael'unicasensazionecheprovavoeralameraviglia.

Sapevochenon l'avevoperduto,nonrealmente.Micieranovoluti tuttiquegliannipervederel'ovviaveritàcheSocrateeiononeravamomaistatidiversi.Pertuttoqueltempoeravamostatiunaeun'unicacosa.Attraversai il campus, il fiume e i boschi fino in città. Seguivo laVia, la via verso

casa.

Conclusione

Unarisatanelvento

Avevo attraversato la porta, avevo visto ciò che c'è da vedere, avevo realizzato sullemontagnelamiaveranatura.Ma,comeilvecchiotibetanochesierarimessosullespalleilsuofardelloeavevacontinuatoilcammino,sapevoche,sebbenetuttofossecambiato,nienteeracambiato.Continuavo a vivere una vita umana ordinaria, con responsabilità umane ordinarie.

Avreiimparatoavivereunavitautileinunmondochesisenteoffesodaunapersonachenon è più interessata a nessuna ricerca né ai problemi.Una persona irragionevolmentefelice,losapevo,puòdarefastidio.Inmolteoccasionicompresieinvidiaiimonacicheandavanoanascondersiincaverneirraggiungibili.Maioerogiàstatonellamiacaverna.Ilmiomomentodiricevereerafinito,oraerailmomentodidare.Mi trasferiidaPaloAltoaSanFranciscoecominciaia lavorarecome imbianchino.

Appenatrovaicasa,mioccupaidiunafaccendairrisolta.NonavevopiùsentitoJoycedaitempidell’OberlinCollege.ScopriicheabitavanelNewJersey.Lachiamai.“Dan,chesorpresa!Comestai?”.“Meravigliosamente,Joyce.Misonocapitateunsaccodicoseinquestiultimitempi”.Unalungapausa.“Tuafiglia...tuamoglie,stannobene?”.“LindaeHollystannobene.Abbiamodivorziatodaunbelpo'”.“Dan...”.Un'altrapausa.“Perchémihaichiamato?”.Presiunodeimiei respiripiùprofondi.“Joyce,vieniavivereconme inCalifornia.

Nonhonessundubbiosudite,sudinoi...Quic'èunsaccodispazio...”.Rise. “Dan, stai andando troppo veloce per me! Quando pensi che possa avvenire

questopiccolocambiamento?”.“Adesso,oappenapuoi,Joyce.Hotantecosedaraccontarti,cosechenonhomaidetto

anessuno.Lehotenutesempredentrodime.Decidi,epoichiamamisubito”.“Dan,neseipropriosicuro?”.“Sì,devicredermi.Aspetteròquiogniseralatuachiamata”.Duesettimanedopo,allesettedisera,iltelefonosquillò.“Joyce!”.“Sonoall'aeroporto”.“Quale?Newark?Staipartendo?Staiarrivando?”.“All'aeroportodiSanFrancisco.Sonoappenaarrivata”.Perunattimononcapii.“L’aeroportodiSanFrancisco?”.“Sì.Quella striscia vicino alla città dove atterranno gli aerei...Vieni a prendermi o

devofarel'autostop?”.Nei giorni seguenti passammo insieme ogni momento libero. Avevo lasciato il mio

lavorodiimbianchinoeinsegnavoinunapiccolapalestradiSanFrancisco.Leraccontailamiavita(quasituttoquellocheavetelettoqui)eleparlaidiSocrate.Miascoltòcon

attenzione.“Che strano, Dan. Mentre mi parlavi di quell'uomo avevo la netta sensazione di

conoscerlo”.“Tuttoèpossibile”,sorrisi.“Lasensazionediconoscerlodavvero,Danny!Unacosachenonsaiancoraècheme

nesonoandatadicasaprimadiiniziarelesuperiori”.“Beh”,risposi,“èinsolito,manoncosìstrano”.“Lapartestranaèchegliannichevannodalmomentoincuimenesonoandatadicasa

a quello in cuimi sono iscritta all’Oberlin sono un vuoto totale nellamiamemoria.Equesto non è tutto.All’Oberlin, prima che arrivassi tu, ricordodi aver fatto dei sogni,sognimoltostrani,unafigurachetiassomigliavaeunuomodaicapellibianchi.Eimieigenitori...”, i suoi grandi occhi luminosi si riempirono di lacrime, “i miei genitori michiamavanosempreconunaltronome...”.Lapresiperlespallelafissainegliocchi.Poi,comeunascossaelettrica,siaprìuno

squarcionellanostramemoria,mentreconcludeva:“MichiamavanoJoy”.Cisposammocircondatidainostriamici sullemontagnedellaCalifornia.Avreidato

qualunquecosapercondividerequelmomentoconl'uomocheavevadatoinizioatutto.Poi ricordai il suobigliettodavisita,quellocheavreidovutousareseneavessiavutodavverobisogno.Pensaichefossevenutoilmomento.Miallontanaiesaliisuunacollinettachesovrastavaiboschi.Misedettisottounolmo

solitario,quasinascosto tra leviti.Tirai fuori ilmioportafoglioepresi ilbigliettodavisita.Gliangolieranospiegazzati,maemettevaancorailsuoaloneluminoso.

GUERRIERIS.P.A,DISOCRATE.

SPECIALIZZATOINPARADOSSO,UMORISMOECAMBIAMENTO.

SOLOEMERGENZE!

Lopresiinmanoedissisottovoce.“Ciao,Socrate,vecchiostregone.Faiiltuodovere,vieni a farciunavisitina”.Aspettai, riprovai,manonaccaddenulla.Nulladinulla.Silevòunabreverafficadivento,questofututto.Rimasisorpresodallamiastessadelusione.Avevonutrito lasegretasperanzache in

qualchemodoritornasse.Manoneravenuto,néoranémai.Lasciaicaderelebracciaeaocchibassidissi:“Addio,Socrate.Addio,amicomio”.Apriiilportafoglioperrimettereapostoilbigliettoconlasuasoffusaluminescenza.

Eracambiato.Alpostodi‘Soloemergenze!’c'eraun'unicaparolachebrillavapiùdellealtre.Diceva:‘Felicità!’.Ilsuoregalodinozze.Inquelmomento,unabrezza tiepidamiaccarezzò ilviso scompigliandomi i capelli.

Unafogliasistaccòdall'olmoemisfioròlaguancia.Gettai indietro la testa ridendo di gioia e guardai in alto, oltre i rami dell'olmo, le

nuvolechepassavanopigrenelcielo.Guardaiiboschisottodime,punteggiatiquaelàda qualche casa. Un'altra leggera raffica di vento e un uccello solitario mi sfrecciòdavanti.Capii laverità:Socratenoneravenutoperchénon sen'eramai andato.Era soltanto

cambiato.Eral'olmosopralamiatesta;eralenuvole,l'uccelloeilvento.Sarebberostatisempreimieiinsegnanti,imieiamici.Prima di ritornare da mia moglie, alla mia casa, ai miei amici e al mio futuro,

contemplaiilmondochemicircondava.Socrateeralì.Eraovunque.

Postfazione

Questolibro,chehaispiratomoltissimilettori,haanchetrasformatolamiavitainmodichenonpotevoimmaginare.Unatrasformazionecheebbeinizionel1966,duranteimieiannidiuniversitàaBerkeley,quandounaseriedieventiindirizzòlamiavitasuinattesicamminifattidiombreediluci.Lamiavitadivenneun'avventura,nondiversadaquelladiAliceche,cadendoinunatanadiconiglio,sitrovòinunpaesedellemeraviglie.Hoscrittoquestolibroinformadiraccontoautobiografico,mescolandorealtàefinzioneperricordareamestessoeai lettori ilpiùgrandequadrodellavitae l'ampiezzadellesuepossibilità.Negliannisuccessiviaifattidescritti,imieiviaggimiportaronoingiroperilmondoe

neipiùprofondirecessidellamiamenteedelmiocuore.Cercandodimettereafruttociòcheavevoimparato,praticaiconnumeroseguideemaestri.FuinquelperiodochesposaiJoy,mioccupaidellafamigliaefecisvariatilavoriprimadiscoprirefinalmentelamiavocazione. Imparai tante cose, non più nelle aule universitarie o negli ashram, ma leumililezionichesiapprendonoallascuoladellavitaquotidiana.Nonavevomaipensatodi diventareuno scrittore eun conferenziere.Maavevouna

storia da raccontare e degli insegnamenti da condividere; così imparai queste due artilungo il cammino, facendo la cosa più adatta nelle diverse situazioni. Impiegai più didieci anni a scrivereLa via del guerriero di pace. Lomandai a vari editori e tutti lorestituirono senza averlo nemmeno letto. Su una busta c'era un timbro che diceva:Accettiamosolotestipresentatidaagenzieletterarie.Scorsil'elencodelleagenziediSanFrancisco e scelsi la Larsen-Pomada Agency. Michael ed Elizabeth credettero nellapotenzialitàdelmiolavoroeaccettaronodipresentarloallecaseeditrici.Nel 1980, un editore di Los Angeles fece una modesta offerta. Accettai. La prima

stesura, una specie di manuale con una scarsissima parte romanzata, citava solo dipassaggiol'incontroconunuomodinomeSocrateinunastazionediservizio.L’editoremichiesediampliarequellaparteenelletresettimanesuccessivelavoraifebbrilmente(dadiciottoaventiorealgiorno)piangendoeridendo,perriscrivereillibro.L’editorevolleunsottotitoloambiguo:‘Unastoriavera’.Maailibrainonpiacque:non

sapevano in che sezione metterlo. Così, solo alcune librerie ne comprarono qualchecopia. La prima edizione del Guerriero di pace morì di una rapida morte. I dirittiritornaronoame,maimieiagentinonriuscironoapiazzarequel‘fallimento’pressoaltrieditori.Per tre anni il libro languì nella terradi nessunodei libri fuori catalogo, finchéuna

copia finì in mano a Hal Kramer. Il signor Kramer aveva avviato la Celestial ArtsPublishing,cheavevavendutonel1980quandosieraritiratodagliaffari.Nel1983un

amico glimise inmano una copia delmio libro. Gli piacque così tanto che esclamò:“Ricomincio a fare l'editore, e parto con questo libro”. Hal, che aveva una settantinad'anni,midissechenonavevaunbudgetperlapromozionepubblicitaria,nonavevaunaredazione e nemmeno un ufficio. Tutto ciò che poteva offrirmi erano cento dollarid'anticiposuidirittielasuafiducianellibro.Firmaiilcontratto,cistringemmolamanoelamiaavventuraeditorialericominciòdaccapo.Feci vedere adHal le tante opinioni favorevoli che avevo ricevuto.Frasi come: “È

stato come leggere lamia stessa ricerca interiore”, “È come se questo libro sia statoscrittoperme”,“Ilsuolibroèarrivatoalmomentogiusto”e,soprattutto,“Questo librohacambiatolamiavita”.UtilizzammoquesticommentideilettoridellaprimaedizioneeHal suggerì il sottotitolo: Un libro che cambia la vita. Mi piacque, così La via delguerrierodipace rinacquedalleceneri.Ma,comedisseRuggeroBacone:“Saliamoinaltoservendocidiunascalaachiocciola”.Civollerodueanniprimacheildistributoreriuscisse a piazzare almeno una copia del libro in ogni libreria. E allora accaddequalcosadimagico.Sin dal 1980 avevo ricevuto lettere da tante persone. Una donnami scrisse che un

parenteavevaregalatounacopiadelGuerrierodipaceasuomarito,cadutodatempoindepressione:avevapersoillavoro,nonsialzavaquasidallettoebevevapesantemente.Ilmaritololesse,sialzò,sivestì,smisedibere,trovòunnuovolavoroesiiscrisseaunapalestra di arti marziali. Una giovane madre che incontrai in una stazione di servizio(guardacaso!)alleHawaii,midisse:“Senonavessilettoil tuolibrosareigiàmortaemio figlio non sarebbe mai nato”. Benché la maggior parte delle storie narrate nelleletterenonavesse ladrammaticitàdi questi due casi, nonerameno stimolante emihaincoraggiatoacontinuareascrivereeaparlareinpubblico.Dopol'edizioneeconomicadelGuerrierodipace,lavoraicinqueanniaunapossibile

sceneggiaturaperportareillibrosulloschermo.Poi,nel1990,scrissiunnuovolibrodiinsegnamenti:Ilsacroviaggiodelguerrierodipace.Spintodaldesideriodichiarireeampliare ciò che Socratemi aveva insegnato e quello che stavo imparando dalla vita,iniziò un prolifico periodo di scrittura che dura ancora oggi. Pubblicai una serie di‘manuali’ non romanzati, ognuno dedicato a un aspetto dell'approccio del guerriero dipaceaunmododiviveresaggioepositivo.Ledomandechemivengonopostepiùspessoriguardoaquestolibrosono:“Quantodi

questastoriaèvero?EsistedavveroSocrateehafattorealmentelecosecheracconti?”.Rispondo: “Socrate esiste davvero,mentreDanMillmanèuna finzione letteraria”.Maalla resa dei conti, che cosa importa? Forse, né Socrate né Dan Millman hannoimportanza;sonosolosimboli, indicazioni.Ciòche importaè lacompassione, l'amore,prenderesestessimenosulserioedesseresvegliaidonidellavitaattimodopoattimo.Oggi,avent'annidallaprimaedizione,Laviadelguerrierodipaceèunbest-seller

tradottoinventinovelingue,lettodamilionidipersoneeoggettodicommentoinfamigliaetraamici.Èunlibrocheoffresperanza,significatoescopo.Ciònonostante,èsolounaspettodell'eroicastoriadelviaggiodell'umanità.Hosuperatoicinquant'anni,sonogiànonno,esorridoquandoripensoaimieiannidi

giovaneginnastaedivagabondospirituale.Guardoconstuporeaitantimodiincuilavitasi è dispiegata e ai cambiamenti che vedo guardando il mondo e guardandomi allospecchio.Hoancoralatestatralenuvole,maipiedipiantatisaldamenteperterra.Questaimmaginediequilibriodescrivelaviadelguerrierodipace,unaviacheuniscelacarneelospirito,OrienteeOccidente,maschileefemminile,internoedesterno,menteecorpo,

luceeoscurità,coraggioeamore.Siamotuttiguerrieridipace.Laviacreailguerriero.Daunviaggiatorecomevoi,cheauguraavoituttiBuonViaggio.

DanMillmanPrimavera2000

Appendice

PercolorochehannoapprezzatoLaviadelguerrierodipace,seguonoalcuniestrattidelsecondolibrodiDan,Ilsacroiaggiodelguerrierodipace.

DallaPrefazione

Nelmioprimolibro,Laviadelguerrierodipace,narrounastoriabasatasulleesperienzecheservironoadaprirmigliocchi e il cuore, ampliando ilmiomodo di vedere la vita. Coloro che lo hanno letto ricorderanno che, nel 1968, dopoesserestatosottopostoaunperiododiaddestramentoediprovadapartediSocrate(ilvecchio‘guerrierodellastazionediservizio’chedivennelamiaguida)venniallontanatoperunperiododiottoannialfinediassimilareisuoiinsegnamentieprepararmialconfrontofinaledescrittoalterminedellibro...HodettopocoriguardoaqueglianniinLaviadelguerrierodipace,decidendodinonparlarediquellochemiera

accadutofinchénonneavessi,ioperprimo,capitopienamenteilsignificato.Miriferiscoaquelperiodocomeagli‘anniperduti’perchéiniziòconbattagliepersonaliesogniinfranti,unperiododi

disorientamento e disillusione chemi spinse a partire alla ricerca dime stesso, deciso a risvegliare quella percezione,quellamotivazioneequellafedecheavevotrovatograzieaSocrateecheinseguitopersi.Questolibroraccontaiprimipassicompiutidurantequelviaggio.Prendeilvianel1973,quandoavevoventiseianni.

DalPrologo

Quando, a tarda sera, mi ritrovavo con Socrate in una vecchia stazione di servizio della Texaco a seguire degliaddestramentichespaziavanodallameditazioneallapuliziadeibagni,dasedutediautomassaggioallasostituzionedellecandelediunamacchina,di tanto in tantoSocmiparlavadi luoghiedipersonecheungiornoavreivisitatoper lamia‘istruzionesuperiore’.UnavoltamiparlòdiunasciamanadelleHawaii;un'altravolta feceriferimentoaunaparticolarescuoladiguerrieri

nascosta da qualche parte inGiappone.Mi parlò anche di un sacro libro di saggezza che si trovava non so dove neldeserto.Ovviamentetuttociòmieccitava,maquandochiedevoulterioridettagliSocratecambiavaargomentoeiononriuscivo

maiaesserecertosequelladonna,quellascuolaoquellibroesistesserodavvero.Nel1968,pocoprimadi allontanarmiper sempre,Socratemiparlòdinuovodella sciamana: “Leho scrittocircaun

annofaelehoparlatodite”,midisse.“Miharispostodicendomichesaràlietadiistruirti.Unveroonore”,aggiunse,emiconsigliòdiandareacercarlaquandofossegiuntoilmomentogiusto.“Edovelatrovo?,chiesi.“Hascrittolaletterasullacartaintestatadiunabanca”.“Qualebanca?”.“Nonricordo.DaqualcheparteaHonolulu,credo”.“Possovederelalettera?”.“Noncel'hopiù”.“Avràpureunnome!”,sbottaiesasperato.“Nehamolti.Nonsoqualestiaadoperandoinquestomomento”.“Descrivimialmenoilsuoaspetto”.“Èdifficile,nonlavedodaanni”.“Socrate,aiutami!”.Mi fissò: “Ti sembro un'agenzia viaggi? Segui il tuo naso, fidati del tuo istinto. Prima, trovala; poi una cosa tirerà

l'altra”.

Mentre tornavo a casa nel silenzio del primomattino, ripensai a quantomi aveva detto Socrate e a quanto nonmiavevadetto:Sefossi‘passatodilà’avreipotutomettermiincontattoconunadonnaprivadinomeeindirizzocheforselavoravaancorainunabancadiHonolulu.Sel'avessitrovata,avrebbepotutoaverequalcosadainsegnarmi,eforsemiavrebbemandatodaaltrepersone,neglialtriluoghicuiSocrateavevaaccennato.Menestavodistesonellettosenzariuscireadormire,unapartedimevolevaandaredicorsaall'aeroportoeprendere

ilprimovoloperHonolulu,maaltrecosepiùurgentirichiedevanolamiaattenzione:siavvicinavalamiaultimagaradelcampionatonazionaleuniversitariodiginnastica,dopodichemisareilaureatoesposato.Nonerailmomentopiùadattoper scappare alleHawaii edare la caccia aun fantasma.Mi addormentai e fuun sonnochedurò, inun certo senso,cinqueanni.Primadisvegliarmiavreiscopertoche,malgrado tutto l'addestramentoe leconoscenzeraggiunte,noneroancoraprontoperquantosarebbeaccadutodilìapoco,cadendodallapadelladiSocratenellabracedellavitaquotidiana.

Capitolo1Dallapadellaallabrace

L’illuminazione non consiste nel vedere forme luminose e avere visioni, ma nel rendere visibile l'oscurità.Quest'ultimacosaèmoltopiùdifficileediquilasuaimpopolarità.

CARLJUNG

Lamiaprimanottedinozzelapassaipiangendo.Loricordoconchiarezza:Lindae ioc'eravamosposatiduranteilmioultimoannodiuniversitàaBerkeley.Misvegliaipocoprimadell'albainpredaaunainspiegabileangoscia,sgusciaifuoridallecopertementreilmondoeraancoraavvoltonell'oscuritàeusciialgelo.Chiusilaportascorrevolepernondisturbaremiamoglieimmersanelsonnoesentiiquell'ondadidolorenelmiopetto.Piansialungo,senzasapereilperché.Perchémisentivocosìtristequandoavreidovutoesserefelice?Melochiesi.Lamiaunicarispostafuun'intuizioneche

miturbònelprofondo:midicevacheavevodimenticatoqualcosadiimportante,cheilcorsodellamiavitaavevalasciatoindietroqualcosa.Quellasensazioneavrebbegettatolasuaombrasututtoilmiomatrimonio.Dopoessermilaureato,milasciaiallespalleilsuccessoelelodicheavevanoaccompagnatoilmiopassatodistardella

ginnasticaemiadattaiaunavitadianonimato.LindaeiocitrasferimmoaLosAngeles,dovemitrovaiperlaprimavoltaadaffrontareleresponsabilitàdelmondoreale.Avevounpassatoglorioso,unalaureaeunamoglieincinta.Eratempodicercareunlavoro.Dopo alcuni tentativi, durati poco, di vendere assicurazioni sulla vita, di fare il cascatore a Hollywood e di

improvvisarmiscrittore,trovaiunimpiegostabilecomeallenatoredellasquadradiginnasticadell'universitàdiStanford.Malgradoquelcolpodifortuna,accompagnatodallanascitadellanostrasplendidabambina,Holly,continuavoaessere

tormentato dalla sensazione di aver perso qualcosa di importante. Incapace di spiegare, o anche solo di comunicare,quellasensazioneaLinda,esoffrendoperlamancanzadellaguidadiSocrate,decisidifarfintadinienteediadempiereaimieiruolidi‘marito’edi‘padre’,chemisembravanoicurriculumdelleoffertedi lavoro:definizionichenoncalzanomai,comeunvestitotroppostretto.Passaronoquattroanni.LaguerrainVietnam,losbarcosullalunaeloscandaloWatergatefecerodasfondoaunmio

mondopiùpiccolofattodipoliticheuniversitarie,aspirazioniprofessionalieresponsabilitàfamiliari.Negliannialcollege lavitaerastatamoltopiùfacile: lezioni,seminari,uscitecongliamicieavventureamorose.Là

conoscevoleregoledelgioco.Maoraleregoleeranocambiate.Eralavitaquotidianaamettertisottoesame,enonc'eraastuziacapacediingannarel'insegnante.Potevosoloprendereingiromestesso,cosachecontinuaiafareconcaparbiaostinazione.Perdendomiinstupidisognicomelosteccatobiancodelgiardinoedueautomobiliingarage,continuaianegareimiei

desideriprofondiederodavverodecisoadareilmegliodimestesso.Lindaeraunadonnadimoltequalitàesareistatounpazzoagettareviatuttociòcheavevo.Avevoancheunafigliaacuipensare.Viaviacheilmiotrincerarminel‘mondoreale’sifacevasemprepiùsolido,indurendosicomeunacolatadicemento,le

lezionie leesperienzeconSocratecominciaronoasvanirecomeimmagininostalgiche inunvecchioalbumdadisegno,schizzi dai contorni indefiniti che facevanoormai parte di un'altra epoca e di un'altra dimensione, un sogno fatto tantotempoprima.Annodopoanno,leparolediSocrateriguardoalladonnadelleHawaii,allascuolainGiapponeeallibroneldesertodiventavanosemprepiùirrealieledimenticaicompletamente.LasciaiStanfordperaccettareunincaricoall’OberlinCollege,nell’Ohio,sperandocheilcambiamentopotessericucire

il rapportoconLinda,ma ilnuovoambiente servì soltantoaevidenziare lenostrediversità.Lindaamavacucinaree lepiacevalacarne,iopreferivoleverdurecrude.Aleipiacevacomprarenuovimobiliperlacasa,ioamavolasemplicitàzenepreferivounsemplicematerassosulpavimento.Leiadoravasocializzare,amepiacevalavorare.Leieralaclassicamoglie americana e agli occhi dei suoi amici io sembravo unmetafisico stravagante che preferiva starsene per contoproprio.Leieraasuoagioinunmondoconvenzionaleversoilqualeioprovavorepulsione,invidiandonellostessotempolasuacapacitàdiadattamento.Lindapercepivailmiodisagioelasuafrustrazionecresceva.Nell'arcodiunannolamiavitapiombònelcaospiùtotale

eilnostromatrimoniosiandavadeteriorandosottoimieiocchi.Nonpotevopiùnegarmelo.Pensavo che i momenti trascorsi con Socrate mi avrebbero reso la vita più facile, invece sembravano averla

peggiorata.Laroutinefattadilavoro,famiglia,riunionidifacoltàefattipersonaliavevanospazzatoviaquasituttociòche

Socratemiavevainsegnato.Malgradolesueparole(“Unguerrieroècompletamenteaperto,comeunbambino”)vivevoinunmondochiusoesulla

difensiva.Sentivochenessuno,Lindacompresa,miconoscevaomicomprendevaveramente.Misentivosoloenonpiùinbuonacompagnia,nemmenoconmestesso.Anche se Socrate mi aveva insegnato a lasciar andare la mente e vivere nel momento presente, nella mia mente

turbinavanorabbia,sensidicolpa,rimpiantiepreoccupazioni.La risata liberatoria di Socrate, che un tempo risuonava dentro di me come una campana argentina, era diventata

un'ecosmorzata,unlontanoricordo.Stressatoefuoriforma,avevopocotempooenergiedadedicareanostrafiglia.Eroingrassatoeavevopersoequilibrio

eautostima.Peggioancora,avevopersoladirezionedellamiavita,avevopersoilsuoscopoprofondo.Miguardaiallo specchiodeimiei rapportieciòchevidinonmipiacqueaffatto.Mierosempremessoalcentrodel

mondo.Nonavevomaiimparatoadareattenzioneaglialtri,erosolocapacediriceverne.NonvolevooeroincapacedisacrificarelemieprioritàeimieiobiettiviaquellidiLinda,diHollyodichiunquealtro.Turbatoperavereincominciatoarealizzarecheforseerolapersonapiùegoistacheavessimaiconosciuto,milanciai

con tenacia ancora maggiore nell'opera di disintegrazione dell'immagine che avevo di me stesso. Grazie al mioaddestramentoeaimieisuccessi,mivedevoancoracomeuncavaliererivestitodiunasplendidaarmatura,mal'armaturaeraarrugginitaelamiaautostimaprecipitavainunpozzosenzafondo.UnavoltaSocratemiavevadetto:“Incarnaciòche insegnie insegnasolociòchehai fatto tuo”.Mentre fingevodi

essere un brillante e, addirittura, un saggio insegnante, mi sentivo un ciarlatano e uno sciocco. Una sensazione chediventavasemprepiùdolorosamenteevidenteconilpassaredeltempo.Sentendomiun fallito,mi tuffai a capofittonelmio lavorodi allenatore enell'insegnamento, chemi facevano sentire

realizzato,evitandolafrustrantearenadellerelazionicheinvecerichiedevamoltodipiùlamiaattenzione.IoeLindaciallontanammosempredipiù.Leisicreòaltrirapportieiofecialtrettanto,finchéilfilosemprepiùdebole

checitenevaunitisispezzòedecidemmodisepararci.Meneandaiunafreddagiornatadimarzo.Lanevesieratrasformatainunpantanomentreportavolemiepochecose

nel furgoncinodiunamicoe traslocavo inunastanza incittà.Lamentedicevacheera lacosamiglioreda fare,ma ilcorpo parlava un altro linguaggio. Ero tormentato da disturbi di stomaco e per la prima volta seppi che cosa significasoffrire di spasmi muscolari. Anche un taglietto provocato da un foglio di carta o un'unghia rotta mi provocavanoun'infezione.Per le due settimane successive andai avanti per forza d'inerzia, continuando la mia routine lavorativa.Ma la mia

identità e la vita che avevo immaginato erano andate in frantumi.Abbattuto e depresso, non sapevo dove sbattere latesta.Poi,ungiorno,mentreguardavolamiapostaall'università,micaddedimanounanewsletteraccademica.Mentremi

chinavoa raccoglierla, imieiocchi lessero:“Tutti idocentidi facoltàpossono fardomandaper ildottoratodelPowersTravelnell'ambitodellaricercainterculturaleeinterdisciplinare”.Unsensodipredestinazionemicolpì allo stomaco: sapevocheavrei fattodomandaperquellaborsadi studioe che

l'avreiottenuta.Duesettimanedopotrovainellacassettadelleletterelarisposta.Apriilabustaelessi:“Ilcomitatoperl'assegnazione

dellericerchedidottoratoèlietodicomunicarlechehaottenutoilPowersTravelGrant,nellasommadi2.000dollari,perricercheeviaggidipertinenzaallasuaspecializzazioneaccademica,viaggichedovrannoessereeffettuatinell'estatedel1973e,dietrosuascelta,nelcorsodeisuccessiviseimesisabbatici...”.Unafinestrasieraspalancata,avevodinuovounadirezione.Madove andare?La risposta arrivò durante una lezione di yoga a cuimi ero iscritto per riequilibrare ilmio corpo.

AlcuniesercizidirespirazioneedimeditazionemiricordaronoletecnichecheavevoimparatodaJoseph,unodeivecchistudentidiSocrate chegestivaunapiccola caffetteria aBerkeley.Quantomimancavano la suabarba incolta e il suosorrisogentile!

JosepherastatoinIndiaemiavevaparlatopositivamentedellesueesperienzelaggiù.Inoltre,avevolettounaquantitàdilibrisusanti,saggieguruindianiesullafilosofiaelaspiritualitàdelloYoga.InIndiaavreiimparatocertamentepraticheedottrinechemiavrebberodatolalibertà,ochealmenomiavrebberorimessosulbinariogiusto.Sì,sareiandatoinIndia;eralasceltapiùovvia.Avreiviaggiatoleggero:soltantounozainoeunbigliettoaereoaperto.

Studiailecartinegeografichedell’India,fecialcunericerche,rifeciilpassaportoelefotoperilvisto.Nonappenatuttofupronto,annunciaiaLindalanovitàdicendocheavreimandatodellecartolineaHolly,machesarei

statoirraggiungibileperlamaggiorpartedeltempo.Mirisposechenoneranientedinuovo.

Una tiepidamattina di primavera,mi sedetti sul prato davanti a casa con lamia bambina di quattro anni, tentando dispiegarlelamiadecisione:“Tesoro,devoandareviaperunpo'”.“Dovevai,papà?”.“InIndia”.“Dovecisonoglielefanti?”.“Sì”.“Mammaeiopossiamovenireconte?”.“Questavoltano,maungiornopartiremoperunviaggioinsieme,solotueio.OK?”.

“OK”.Feceunapausa.“Dacheparteèl’India?”.“Laggiù”,leindicai.“Staraiviatanto?”.“Sì,Holly”,risposiconsincerità.“Mainqualunquepostosaròtivorròsemprebeneetipenserò.Etumipenserai?”.“Sì.Deviproprioandare,papà?”.Eraladomandachemierofattoanch'iotantevolte.“Sì,devofarlo”.“Perché?”.Cercaileparolegiuste:“Cisonodellecosechecapiraiquandosaraipiùgrande.Èqualcosachedevofare,anchesemi

mancheraimoltomentresaròvia”.

Lasettimanaseguenteiniziaronolevacanzeestive.DopounaddiodolceamaroaLinda,abbracciailamiapiccolabimbaepartii.Laportieradel taxi sichiuseconuncolposecco.Mentre il taxipartiva,mivoltaiaguardare lamiacasaequelmondoametantofamiliarediventaresemprepiùminuscoli,finchérimasesoltantolamiaimmagineriflessanelvetro.Conunmistodirimpiantoedieccitazioneperquellochemiriservavailfuturo,dissiall'autista:“AeroportoHopkins”.Avevodavantiamel'estatepiùseimesisabbatici,novemesiintutto,percercareevederechecosasarebbeaccaduto.

Notasull’Autore

DanMillman, ex campionemondiale di atletica, allenatore della squadra di ginnasticadell'universitàdiStanford,docenteall’OberlinCollegee insegnantediartimarziali,haispiratomilionidilettoripubblicandoisuoilibriinventinovelingue.OltreaLaviadelguerrierodipace,hascrittoIlsacroviaggiodelguerrierodipaceeInterventidivini,pubblicatiinquestacollana.Isuoiconcettifondamentali,isuoiseminarieisuoicorsidiformazione hanno influenzato positivamente persone di ogni età e professione, tra cuipersonalitànelcampodellasalute,dellapsicologia,dell'istruzione,della finanza,dellapolitica, dello sport, dell'intrattenimento e dell'arte.Dan continua a scrivere e a tenereconferenze,coniugando l'approcciodelguerrierodipaceaunmododiviveresaggioepositivo.Lui e suamoglie JoyvivononellaCalifornia settentrionale;hanno tre figlie eduenipoti.

Scrittopiùdivent'anni fa,Laviadelguerrierodipacehavendutomilionidicopie intutto ilmondo.Al Festival di Cannes 2006 è stato presento il filmPeaceful Warrior,interpretatodaNickNolte.

PerinformazionisuDanMillman:www.danmillman.com

DanMillmanIVIAGGIDISOCRATELaverastoriadelguerrierodipace

“I viaggi di Socrate” racconta come un ragazzo è diventato uomo, come un uomo èdiventatoguerrieroecomeunguerrierohatrovatolapace.Dall'amoresublimeall'abissodella disperazione, dalla minaccia di un mortale nemico alla ricerca di un figlio maiconosciuto,levicissitudinidiSergheiIvanovsvelanolasaggezzacelatanelcuoredellavita.Maiegliavrebbepotutoimmaginarechesarebbediventatounguerrierodipace,unuomo straordinario destinato a cambiare la vita di milioni di persone. Nella Russiazarista del diciannovesimo secolo, un'epoca di ricca aristocrazia, povertà contadina epogrom, Serghei Ivanov (Socrate), di sangue cosacco ed ebreo, rimane orfano allanascita.Mandatoinuncollegiomilitareallateneraetàdiquattroanni,vieneeducatoperdifendereunmondochenoncapisce.Quandountragicoeventolocostringeallafuga,ilragazzosirifugianellanaturaselvaggia.Senzanull'altrocheunmedaglionedonatoglidalnonnoeuntesorocheloaspettasepoltoinuncampovicinoaSanPietroburgo,Sergheipercorre in lungoe in largo lasuapatriaalla ricercadelpropriopostonelmondo.Gliannicheseguonononparlanodella rivoluzionesocialechesistapreparando,madellarivoluzionenelcuorediunuomo.

352pagine–14x21,5

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